Romania: la corsa verso Gerusalemme
Come gli Stati Uniti di Donald Trump anche il governo romeno vorrebbe spostare al più presto la propria ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme. Ma il presidente Iohannis – e l’Ue – dissentono
Il Governo di Bucarest, guidato dai social-democratici (PSD) vuole spostare a tutti i costi l’ambasciata della Romania da Tel Aviv a Gerusalemme. Il presidente della Romania, Klaus Iohannis si oppone e chiede le dimissioni della premier, Viorica Dancila, poiché sarebbe stato sottoscritto tra i due paesi un memorandum segreto d’intesa senza che lui ne sapesse nulla.
Secondo la Costituzione romena infatti, il garante della politica estera della Romania è il capo dello stato. Ma il presidente ha denunciato di non essere stato informato di un memorandum segreto con cui l’esecutivo di Bucarest ha deciso di proseguire spedito lungo la strada per Gerusalemme.
Ad informare i romeni sulle intenzioni del governo è stato Liviu Dragnea, il padre-padrone della politica romena, presidente del Partito Socialdemocratico che a causa di due condanne per atti di corruzione non ha potuto assumere la carica di primo ministro dopo che il suo partito ha vinto le elezioni.
La posizione della Romania rispetto allo statuto della città di Gerusalemme resta – ricorda Iohannis – in conformità con le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e dell’Assemblea Generale dell’ONU.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite non approva che lo stato di Israele sposti la propria capitale a Gerusalemme, un cambiamento che potrebbe innescare una nuova crisi nel Medio Oriente. Donald Trump, presidente USA, aveva deciso l’anno scorso di spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, riconoscendo in questo modo la città come capitale dello stato di Israele.
L’ONU ha votato nel dicembre scorso una risoluzione con cui condanna tale decisione in merito alla città, contesa dai palestinesi che la indicano anch’essi come la propria capitale. Sono stati 128 paesi (tra cui anche l’Italia) a bocciare l’iniziativa di Trump, 35 invece gli astenuti (tra cui anche la Romania – importante alleato degli USA), 21 nazioni erano assenti e 9 hanno appoggiato l’iniziativa americana.
Il presidente della Romania chiede ora agli esponenti del proprio governo e ai politici di mostrare responsabilità nelle decisioni di politica estera con effetti strategici sulla sicurezza nazionale e dei cittadini romeni.
Un rapporto speciale, un’amicizia storica
Mentre a Bucarest era in corso lo scontro tra le principali istituzioni dello stato, il primo ministro Viorica Dancila, alcuni membri del governo e il presidente del PSD – nonché presidente della Camera dei Deputati – Liviu Dragnea, sono volati a Gerusalemme per incontrare il primo ministro Benjamin Netanyahu. I politici romeni hanno informato in quest’occasione il capo del governo israeliano dell’intenzione di spostare l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme. Netanyahu ha espresso la sua speranza che in Romania si trovino larghe intese in questo senso e che possa essere il primo paese dell’UE a muoversi in tal senso, rispondendo cosi anche all’appello del presidente Trump fatto agli alleati degli USA.
Anche il presidente israeliano Reuven Rivlin ha ringraziato il governo di Bucarest per aver iniziato le consultazioni interne circa lo spostamento dell’ambasciata e spera che questo accada il più presto possibile.
La Romania blocca la politica estera dell’UE
Uno scenario – quello dello spostamento dell’ambasciata – che preoccupa tanto il presidente romeno Klaus Iohannis che l’Unione europea.
Per quanto riguarda l’Unione europea sabato è emerso che Romania, Repubblica Ceca e Ungheria hanno bloccato i piani di Bruxelles che mirava a rilasciare una dichiarazione comune dell’UE di condanna dello spostamento dell’ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme.
Secondo la TV israeliana Channel Ten – che cita fonti diplomatiche – la dichiarazione, elaborata su iniziativa della Francia, avrebbe dovuto presentare una posizione comune dei paesi membri dell’UE contro l’azione di Washington, sottolineando che Gerusalemme avrebbe dovuto essere la capitale di due stati, di Israele e di Palestina. Perciò lo statuto della città dove convivono tre religioni monoteiste e quindi simbolo di ecumenismo e dialogo interreligioso dovrebbe essere risolto solo in seguito a negoziati di pace tra i due.
L’Autorità Palestinese ha condannato sabato la posizione di Romania, Repubblica Ceca e Ungheria ritenendo che "la posizione dei tre stati entra in contraddizione totale con la politica dell’UE e rappresenta una violazione chiara del diritto internazionale, delle risoluzioni dell’ONU, della Convenzione di Ginevra e dei diritti dell’uomo”.
Dal suo canto, visibilmente preoccupato, il presidente della Romania ha annunciato che chiederà al più presto spiegazioni al ministro degli Esteri, Teodor Meleșcanu, diplomatico di carriera sin dai tempi di Ceaușescu.
Durante la Guerra Fredda la Romania era l’unico stato del blocco comunista ad avere – nonostante le pressioni dell’Unione Sovietica – rapporti diplomatici, economici nonché scambi di informazioni con Israele. Al tempo stesso il dittatore Nicolae Ceaușescu aveva un rapporto di amicizia speciale con il leader palestinese Yasser Arafat e con altri leader del mondo arabo.
Ora il leder politico più potente della Romania è il presidente del PSD, Liviu Dragnea. Che però, a causa dei suoi problemi con la giustizia, vorrebbe arrivare ad una riforma del codice penale che da mesi sta facendo scendere in piazza migliaia di persone. Bruxelles non è stata magnanima nei suoi confronti ed anche l’Ambasciata Usa ha sempre puntato il dito contro la corruzione in Romania. Ora, un’amicizia speciale con Israele aiuterebbe Dragnea anche nel rapporto con gli USA, scrive la stampa di Bucarest.
E dopo la visita in Israele Dragnea non ha esitato ad affondare il colpo per richiedere sostegno americano. In un’intervista all’agenzia americana The Associated Press ha affermato che l’UE riterrebbe che le modifiche che riguardano la legislazione penale non incidono sull’indipendenza del sistema giuridico. Inoltre – ha rincarato Dragnea – la lotta alla corruzione sarebbe arrivata a suo avviso troppo lontano e oggi in Romania quasi ogni politico sarebbe ormai accusato di corruzione.
Dragnea ha poi precisato che il suo partito sostiene i fondamenti dell’UE ma che sia la Romania che altri paesi dell’Est “sono preoccupati” dell’esistenza di un’Europa a due velocità che lascia indietro i paesi più poveri e favorisce quelli più ricchi. L’intervista è stata ripresa da The Washington Post, New York Times e DailyMail.