Romania-Italia: cani sciolti

Oltre 150 ore di girato che coprono 25 anni di storia, dalla Rivoluzione che portò alla caduta di Nicolae Ceaușescu ai giorni nostri, condensate in due ore di docufilm. L’incontro con il regista Ovidiu Paulescu

20/01/2017, Daniela Mogavero -

Romania-Italia-cani-sciolti

La squadra della Romania ad Italia '90

"Cani sciolti" è una storia di emigrazione, prima per ragioni politiche, poi per ragioni economiche. Una storia attualissima che parla di chi fugge dalla propria terra e sceglie un altro paese come “casa”.

La storia di profughi, richiedenti asilo e immigrati, che prima di essere quella dei siriani e degli afghani è stata quella dei romeni: è da qui che parte l’opera del regista teatrale e visual artist Ovidiu Paulescu, che verrà presentato presto in diversi festival italiani e di cui è stato possibile vedere una breve anteprima.

Italia ’90

Un documentario che parte da un “pretesto”, come sottolinea l’autore, e che attraverso immagini inedite d’archivio, racconta l’arrivo del primo gruppo di cittadini romeni in Italia: un arrivo molto particolare, un viaggio premio per un centinaio di cittadini, alcuni rivoluzionari, altri parenti del nuovo establishment, altri ancora militari, giunti in Italia su un aereo militare per vedere giocare la nazionale di calcio romena nel Mondiale di Italia ’90. Molti erano testimoni diretti degli eventi del dicembre 1989, quegli eventi che portarono alla caduta del dittatore e alla nascita del governo democraticamente eletto di Ion Iliescu.

“L’obiettivo finale e nello stesso tempo il primo obiettivo è di chiarire da una parte la situazione di quei rivoluzionari che hanno avuto il privilegio di arrivare in Italia per la Coppa del mondo per assistere alla partita Romania-Unione sovietica, e dall’altra la decisione di alcuni di questi di restare in Italia dopo gli avvenimenti di Bucarest di quello stesso giugno, quando Iliescu fece intervenire i minatori contro gli studenti che manifestavano", ha spiegato il regista.

Per molti, già dalla partenza da Bucarest, si sapeva che quel viaggio sarebbe stato di sola andata, ma dopo “la vittoria della Romania 2-0 contro l’Unione sovietica, una vittoria che sapeva anche di rivincita per alcuni, dopo quello che avviene a Bucarest, la vita di queste persone cambia” e alcuni decidono di “chiedere asilo politico” in Italia.

Dalla festa alla paura

I romeni che si trovavano per la maggior parte ospitati a Telese – città gemellata con la Romania subito dopo la Rivoluzione del dicembre 1989 – appaiono nelle immagini del documentario prima durante le ore gioiose della partita e della vittoria e poi mentre assistono alle immagini terribili degli scontri e delle violenze che vengono trasmesse anche dai media italiani “che insieme a quelli stranieri hanno mostrato al mondo la barbarie decisa dal governo appena eletto di Iliescu, con il massacro dei pochi studenti che si opponevano all’esecutivo”, sottolinea il regista.

Un massacro per cui Iliescu poco prima di Natale è stato incriminato da una procura militare della Corte suprema romena. L’ex presidente, che ha ora 86 anni, è stato incriminato insieme all’ex premier Petre Roman per crimini contro l’umanità per i “sistematici attacchi contro civili, manifestanti e la popolazione di Bucarest” con l’impiego dei minatori della valle di Jiu.

Dopo quelle immagini molti “decidono di rimanere in Italia, alcuni hanno dei reali motivi di temere e di non voler rientrare in Romania” ma la trafila per ottenere i documenti diventa estenuante e nel documentario, in cui vengono pubblicati anche i carteggi tra l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati e il ministero degli Interni italiano, si ripercorrono le proteste, l’occupazione dei locali e le vicissitudini dei romeni in attesa dell’asilo politico. Interviste, immagini inedite, un lavoro certosino di ricerca e di documentazione, da giornali e da comunicati diplomatici e lettere personali.

Migrazione economica

“La seconda parte del film prende in considerazione la seconda ondata di immigrazione romena, molto più grande e che ha creato la prima comunità straniera in Italia per numero, che è quella dei romeni venuti per motivi economici – ha spiegato Paulescu – la gran parte di questo milione di persone è composta da ‘invisibili’, coloro che lavorano dalla mattina alla sera, non danno fastidio, anzi sono un aiuto e fanno anche comodo per la manodopera a buon prezzo. Poi ci sono quelli che creano i problemi ed è inutile negarlo”.

Un capitolo del documentario è dedicato alle interviste di questi invisibili, come la badante romena di etnia rom che da quando aveva 15 anni lavora per le famiglie italiane, in regola, con contratto, si trova bene al di là dei pregiudizi e un giorno intende tornare in Romania. Oppure un’altra donna, più anziana, che ormai ha deciso che “la mia casa è in Italia, non ho più nulla in Romania. Ho comprato casa qui, ho la pensione minima e mi mancano quattro anni per ripagare il mutuo”.

Paulescu non lascia poi da parte altri due fronti che per lui danno il quadro di quello che è ed è stata l’immigrazione romena in Italia: “I romeni dal 2007, da quando diventano cittadini comunitari, rappresentano un elemento interessante anche per i partiti italiani che li vedono come potenziali elettori anche se non hanno grandi simpatie per loro”. Fattispecie testimoniata nel documentario dall’intervista in cui l’ex premier romeno Victor Ponta annuncia l’accordo con il Pd di Pierluigi Bersani per dare una rappresentanza alla diaspora.

Infine Paulescu vuole sottolineare il paradosso di un popolo emigrato che rifiuta di accogliere chi adesso fugge dalla guerra. “In un documentario lungo quasi due ore non possiamo coprire tutto, ma cerchiamo di presentare in maniera realistica e a volte anche un po’ sgradevole questa realtà. La Romania ha vissuto l’emigrazione per motivi economici e dovrebbe mostrare un minimo di solidarietà nei confronti di chi scappa veramente dalle guerre, ma ora non accetta facilmente anche quelle poche centinaia di rifugiati che dovrebbero arrivare in Romania”.

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