Romania: il sogno rom di una sanità migliore
Nonostante la retorica secondo cui la salute dei rom costituisce una priorità, le autorità rumene mancano i loro impegni nel migliorare la situazione nel maggior insediamento rom di Bucarest. Nostra traduzione
Di Marian Chiriac e Daniel Ganga* da Bucarest – BIRN (tit. orig "Roma Dream of Better Health in Romania", pubblicato il 26 settembre 2009)
Traduzione per Osservatorio: Marzia Bona
Quasi ogni mattina, appena si fa giorno, Gogu prende il suo carretto carico di cianfrusaglie e rottami metallici e lentamente lo trascina fino al centro di riciclaggio. Scarica lì il suo carretto e in cambio riceve una modica somma di denaro, con cui riesce appena a pagarsi il cibo per la giornata. Quindi se ne torna a casa.
Quello che fa ogni giorno Gogu, conosciuto anche come Ion Gogonet, non è niente di insolito per molte delle persone che vivono a Ferentari. Situata all’estema periferia sud di Bucarest, Ferentari è un grande quartiere a metà fra lo slum ed il ghetto.
Molti magazzini, un paio di bar che lasciano alquanto a desiderare, qualche negozio in pessime condizioni, un parco che sembra più grigio che verde e una mensa gratuita per i poveri, questa è Zabrautului Street.
La zona è nota per i suoi monolocali in brutti palazzi a cinque piani, con i panni stesi fuori ad asciugare e piccole finestre dalle quali in ogni momento spunta la testa di una donna che grida ai bambini che giocano a palla di sotto, fianco a fianco con i cani che rovistano nella spazzatura.
Qui, in questo mondo stile-ghetto sporco ma vivace, vive Ion Gogonet, un rom di 50 anni.
Il suo monolocale è di appena sedici metri quadrati; comprende una piccola cucina e un bagno di tre metri quadrati. Ad ogni modo è allacciato alla rete elettrica e al sistema di acqua corrente, il che secondo chi ci abita non è poco, da quando non molto tempo fa gli edifici sono stati privati di questo genere di servizi di base.
Qui è dove vive la famiglia di Gogonet: la sua compagna, Ilie Stela, 33 anni, e tre bambini – due dei quali frequentano ancora le scuole elementari. Il loro padre dorme in un altro letto perché in passato ha avuto la tubercolosi. Ha 72 buchi nei polmoni, e la vita in un contesto povero e insalubre lo hanno reso infermo. Eppure, rifiuta di vedere un medico, in parte per negligenza e in parte per pudore e paura che lo sappiano i suoi amici.
Solo due anni fa un assistente sanitario è riuscito a convincerlo ad iniziare il trattamento per la TB.
Adesso sta bene, anche se soffre ancora dei postumi. Almeno adesso non è più contagioso.
Gogonet è solo uno dei beneficiari della campagna di prevenzione e trattamento della TB avviata da svariate ONG, principalmente americane, e finanziata dall’USAID, l’Agenzia Internazionale degli Stati Uniti per lo Sviluppo.
Il motivo per cui è stata pensata questa campagna è che la Romania ha il più alto tasso europeo di incidenza della tubercolosi, ed il numero di casi è raddoppiato negli anni ’90. Secondo le statistiche ufficiali, nel 2006, l’incidenza della TB in Romania era di 117,8 casi ogni 1000 abitanti.
In ogni caso, secondo i dati epidemiologici, la comunità rom è circa 10 volte più colpita dalla TB rispetto al resto della popolazione. Fra le cause di ciò ci sono l’accesso limitato ai servizi sanitari pubblici, una scarsa conoscenza in materia sanitaria, l’analfabetismo diffuso, le condizioni di vita in luoghi affollati ed insalubri e la povertà in generale.
Taves Batalo!
I rom si salutano fra loro ogni giorno con l’espressione taves batalo – che significa "Stai bene". La salute viene apprezzata da chiunque indipendentemente dalla sua origine etnica, specialmente in Romania dove il sistema sanitario pubblico si trova ancora in condizioni critiche.
Secondo un’inchiesta condotta in aprile dal Romanian Center for Economic Policies, CEROPE, la quota erogata per la salute in Romania è di soli 470 $ annui pro capite, ben al di sotto della media mondiale di 650 $ a persona.
"La Romania è in una situazione negativa per ciò che riguarda il servizio medico, con una distribuzione regionale insoddisfacente, in cui le aree rurali e le comunità più povere che vivono ai margini della società risultano le più svantaggiate", sottolinea l’inchiesta.
"Una spiegazione si trova nell’insufficente finanziamento del servizio di salute pubblica, assieme alla crisi prolungata del fondo di assicurazione sanitaria e allo scarso budget destinato al settore, attorno al 3 -4% del PIL, in netto contrasto rispetto all’8 -9% dei paesi più sviluppati d’Europa".
In questo già difficile quadro, i rom si distinguono per la posizione negativa che occupano.
Ufficialmente sono 550.000 le persone di etnia rom, che corrisponderebbero al 2,6% dei 21 milioni di abitanti della Romania. Ma molti studi e statistiche sostengono che il numero si aggiri attorno ad 1- 1,5 milioni.
La situazione a Ferentari è particolarmente allarmante. A soli 8 chilometri dal centro di Bucarest, molte migliaia di rom vivono in condizioni spaventose.
"Non c’è niente che possiamo fare, figlio mio. E’ così che sono abituati a vivere. Il camion della spazzatura non viene quasi mai da queste parti, ma il fatto è che sono le persone a non meritarselo. Non è come quando Ceausescu era vivo, le persone erano più rispettose, perché avevano paura", dice una donna anziana, ricordando i giorni del dittatore comunista, Nicolae Ceausescu, mentre vende semi di girasole tostati.
Uno dei problemi principali della zona è che le persone non hanno un lavoro stabile, fatto che impedisce loro di contrarre un’assicurazione medica.
"Se non hai un documento di lavoro o un qualche certificazione del tuo datore che dica che sei un contribuente, non puoi accedere ad un medico di famiglia. E’ qui che inizia il problema ", dice Ioana Constantin, assistente sanitaria a Ferentari.
La gente reclama un centro medico per la zona. "Il più vicino si trova a 15 fermate d’autobus". La distanza ed il costo delle corse sono scoraggianti. "In effetti c’è un centro medico un po’ più vicino, ma è privato, e quindi caro", aggiunge Ioana.
Priorità, o no?
Finora, il ministero della Sanità non ha programmi espliciti per la comunità rom. Questo in base all’idea che la malattia e la sofferenza non abbiano niente a che vedere con la provenienza etnica di ciascuno.
A partire dal 2001, anno in cui la Romania ha adottato il regolamento europeo che proibisce la classificazione dei pazienti in base all’etnia, non è più disponibile alcun dato ufficiale sui problemi di salute dei rom.
Sorprendentemente, si sente spesso dire che i rom siano il principale destinatario delle strategie governative di promozione della salute e di lotta alla povertà. Ad ogni modo, non c’è molto che il ministero della Sanità possa fare per la gente di Ferentari.
"Attualmete, la zona non rientra fra le priorità del ministero. Le cose potrebbero cambiare solo se l’Autorità per la Salute Pubblica di Bucarest, ASPB, o qualche ONG, identificassero dei problemi specifici e proponessero un piano concreto per migliorare le condizioni della zona", dice la dottoressa Hanna Dobronauteanu, consigliere per la questione rom presso il ministero della Sanità.
Per ora a Ferentari – in mancanza di un impegno sostanziale e di lungo termine da parte del governo – solo le iniziative o i progetti delle singole ONG sembrano portare risultati, pur rimanendo limitate negli scopi.
Centinaia di migliaia di euro sono stati spesi in ogni tipo di programma, compresa la lotta alla TB, l’ educazione sessuale e la pianificazione familiare, la diagnosi del tumore al seno e altri programmi. Ma tutto ciò, finora, sta producendo pochi risultati visibili.
"I progetti portati avanti fino a questo momento dovrebbero essere solo l’inizio di una campagna ampia e coerente pensata rispetto ai complessi problemi di salute della popolazione di Ferentari", dice Alina Constantinescu, un’attivista dell’organizazione americana Doctors of the World.
"Di certo sono stati molti utili, ma non sempre indirizzati alle necessità più stringenti".
""Le cause reali sono la povertà, la disoccupazione e la mancanza di educazione", continua la Constantinescu, e avverte: "Inoltre, da quando la Romania è entrata nell’Unione Europea, gli Stati Uniti ed altri paesi occidentali hanno smesso di finanziare molti progetti ritenendo che il nostro paese ora sia in grado di risolvere da solo i propri problemi. Personalmente lo dubito."
Pianificare è ciò che facciamo meglio!
Rispetto alla questione rom, il ministero della Sanità sostiene il ruolo degli assistenti sanitari, membri della comunità locale, formati per facilitare la comunicazione fra i pazienti ed i loro medici. Di conseguenza, i 500 assistenti che attualmente lavorano in Romania – tutte donne- devono entrare nelle case della gente, capire i loro problemi e tentare di risolverli.
Effettivamente, non si limitano alla cura dei problemi di salute, ma aiutano i membri della comunità rom anche ad ottenere i documenti d’identità e i certificati di nascita, oltre a trasmettere alle autorità i problemi sociali riscontrati.
Anche se con l’intervento degli assistenti sanitari sono stati fatti molti passi in avanti, i problemi sono ancora distanti dall’essere risolti. Anzitutto, il loro impiego è a tempo determinato, normalmente un anno, dopodiché i loro contratti vengono rinnovati per un altro anno, cosa che li rende estremamente precari.
In secondo luogo il loro salario – pagato dall’Autorità per la Salute Pubblica – è lontano dall’essere soddisfacente, 125 euro nel migliore dei casi.
Inoltre, rimangono le difficoltà d’accesso da parte dei rom ai servizi di salute pubblica. Mentre il ministero della Sanità sostiene che siano migliorate, le ONG locali sono di un’altra opinione.
Daniel Radulescu, coordinatore del progetto salute dell’organizzazione rom Romani Criss, dice: "Anche se ora sono molte di più le persone affiliate ad un medico, ciò non significa che abbiano un accesso effettivo ai servizi erogati. Molto spesso, ci vengono testimoniate attitudini razziste da parte dei medici."
Anche il Segretario del Ministro della Sanità, Ervin Zoltan Szekely, conferma l’esistenza di questi casi. "Recentemente siamo stati informati di una donna rom che ha sporto un reclamo per non aver ricevuto un’assistenza medica adeguata, dovendo così affrontare serie complicazioni nel dare alla luce suo figlio. Accertato l’accaduto è stata imposta una sanzione disciplinare al medico, ma non per comportamento discriminatorio, bensì per aver fornito un’assistenza medica inadeguata. In sostanza, il medico non è stato ripreso per discriminazione, perché questo comportamento risulta difficile da provare."
Romani Criss segue anche casi di segregazione all’interno degli ospedali – cosa illegale in Romania – ma ammette che anche queste circostanze sono difficili da provare. "La discriminazione e la segregazione non sono stati la nostra priorità finora, ma stiamo pensando di includere questi aspetti fra gli obbiettivi delle nostre indagini", dice Szekely.
Molti rom sperano che tali promesse possano segnare un effettivo miglioramento nell’attitudine ufficiale, migliorando l’accesso ai servizi sanitari per la loro comunità.
* Marian Chiriac è Direttore di BIRN in Romania e Daniel Ganga è giornalista freelance. Balkan Insight è una pubblicazione on line della rivista BIRN.