Romania, il paradosso dei beni nascosti

Mentre la Romania continua a navigare in acque politiche tormentate, una decisione della Corte Costituzionale sulla privacy dei beni delle famiglie dei funzionari pubblici rischia di abbattere ulteriormente la già scarsa fiducia di cui gode oggi il sistema politico tra i cittadini romeni

09/06/2025, Mihaela Iordache -

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© Serhii Yevdokymov/Shutterstock

La Corte Costituzionale della Romania (CCR) ha scosso la società civile dopo aver sentenziato che le dichiarazioni patrimoniali dei funzionari pubblici non devono più contenere anche le informazioni sui beni del coniuge e dei figli maggiorenni.

La Corte ha motivato che "tenuto conto della concezione europea orientata all’esigenza di tutela della vita privata e dei dati personali, le disposizioni di legge violerebbero il diritto alla privacy".

In Romania, la trasparenza non è più un dovere: è diventata un’opzione

La privacy, dicono i giudici, va tutelata. Ma quando a essere protetti sono i patrimoni — e non i dati sanitari o scolastici — viene il sospetto che non si tratti solo di riservatezza. Secondo la Corte Costituzionale della Romania, obbligare un dirigente pubblico a rendere noti i beni intestati alla moglie o al figlio viola la loro sfera privata.

Eppure, in un paese dove la corruzione sistemica ha spesso trovato rifugio nei conti e nelle proprietà di familiari, questa tutela sembra più un lasciapassare che una garanzia. Nella sua decisione, la Corte sottolinea tuttavia che la decisione “non deve avere l’effetto di eliminare l’obbligo dei soggetti previsti dalla legge di presentare dichiarazioni patrimoniali, ma non dovrebbero più essere pubblicate sui siti web”, “dovrebbero essere trasmesse all’Agenzia Nazionale per l’Integrità, che dovrebbe gestirle secondo le competenze previste dalla legge.”

Horia Georgescu, ex presidente (2012-2015) dell’Agenzia Nazionale per l’Integrità (ANI), ha denunciato apertamente l’effetto pericoloso della sentenza: “Le sue conseguenze sono immediate e profonde. In pratica, è l’annullamento della funzione di controllo reale. Un funzionario potrà intestare beni e capitali a un familiare senza che nessuno possa più chiedere conto di nulla".

Secondo Georgescu, la decisione della Corte impedirà anche il perseguimento dei casi attualmente pendenti, poiché i tribunali non potranno più richiedere informazioni sui beni dei familiari delle persone sotto inchiesta: "l’agenzia Nazionale per l’Integrità (ANI) non potrà più richiedere documenti e informazioni su queste persone, il che riduce drasticamente la capacità investigativa istituzionale”, avverte Georgescu citato dalla stampa romena. 

Dall’altra parte, per molti rappresentanti della società civile, la decisione della Corte rappresenta “un attentato alla sicurezza nazionale”, viste le sue profonde implicazioni nella lotta alla corruzione, un flagello che colpisce da anni l’economia e lo sviluppo del paese. 

Il presidente Dan e la trasparenza ferita

Per il neo presidente della Repubblica, Nicușor Dan, paladino dichiarato della trasparenza, la decisione è un duro colpo. In un comunicato, ha affermato che  la decisione della Corte Costituzionale “contraddice un principio essenziale della democrazia: la trasparenza nell’esercizio della funzione pubblica”.

Dan ha poi annunciato l’intenzione di pubblicare ogni anno la sua dichiarazione patrimoniale completa sul sito della Presidenza. Ma il gesto, per quanto simbolico, resta abbastanza isolato.

Secondo i dati dell’ONG Expert Forum, già prima della sentenza, numerose dichiarazioni patrimoniali erano incomplete, inesatte o manipolate. Septimius Parvu, ricercatore dell’ONG Expert Forum spiega per la stampa romena che lo scopo di includere i parenti nelle dichiarazioni patrimoniali era proprio quello di impedire l’occultamento della vera ricchezza e riporta che in passato si sono verificati numerosi casi in cui i politici hanno trasferito denaro a parenti, figli o coniugi, per nascondere il loro vero patrimonio.

Transparency International Romania ha denunciato la decisione come un “passo indietro grave”, mentre da Bruxelles le prime reazioni ufficiose parlano di “incoerenza sistemica”. 

Nessuno è obbligato a ricoprire cariche pubbliche

E comunque risaputo che nessuno è costretto a fare il politico, il ministro, il dirigente pubblico. È una scelta che però comporta anche dei doveri. Tra questi, essere trasparente, rinunciare a parte della propria privacy in nome dell’interesse collettivo sono condizioni strettamente legate al concetto stesso della democrazia.

Chi entra nella sfera pubblica non può pretendere di proteggere il proprio patrimonio dietro l’anonimato familiare, perché lì si gioca la fiducia dei cittadini. Il presidente Dan ha chiesto al Parlamento di riscrivere la norma. Ma sorge spontanea la domanda: quanti parlamentari, spesso parte dello stesso sistema di privilegi, voteranno una legge che li espone?

Inoltre resta “un mistero” la fretta con la quale la Corte ha preso la decisione, e in molti si chiedono perché proprio ora. La realtà è che dopo aver annullato le elezioni di dicembre, la Corte Costituzionale ha attirato non poche critiche. Ora le critiche sono diverse, ma in sostanza riguardano sempre la sfera del sistema politico. 

Secondo il presidente Nicușor Dan, ”la sorprendente decisione della Corte Costituzionale è in contraddizione con un principio essenziale della democrazia: la trasparenza nell’esercizio delle funzioni pubbliche“. 

La Corte Costituzionale della Romania è composta da nove giudici nominati dal Senato (tre), dalla Camera dei Deputati (tre) e dal Presidente della Romania (tre). È l’autorità suprema nel campo del diritto costituzionale. Le sue decisioni sono generalmente vincolanti.

Il presidente Dan ha dichiarato che nominerà un nuovo giudice apolitico alla Corte Costituzionale, aggiungendo che “la Corte deve essere il più equilibrata possibile”. L’amministrazione presidenziale deve nominare uno dei giudici della Corte, in vista della scadenza questo mese del mandato di tre magistrati. I giudici nominati hanno un mandato di nove anni, non prorogabile né rinnovabile. 

Intanto, i politici romeni potranno continuare a parlare della lotta alla corruzione in pubblico. Dan è chiamato, in queste settimane, a designare un nuovo primo ministro, ma si trova senza una maggioranza chiara in Parlamento.

Le trattative politiche sono complicate, i partiti frammentati, e la fiducia popolare nelle istituzioni versa da tempo in una profonda crisi. In un momento in cui Dan fatica a costruire una maggioranza parlamentare per nominare il primo ministro, il colpo alla trasparenza non è solo un danno d’immagine, ma rischia di indebolire la sua legittimità politica proprio mentre cerca di dare forma ad un governo per la stabilità politica del paese, anche se una futura coalizione si annuncia piuttosto fragile, specchio di una società molto polarizzata in cui il discorso delle elezioni anticipate non è del tutto escluso.

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