Romania: gas lacrimogeni in mezzo alla folla senza ritegno
Una grande manifestazione antigovernativa della diaspora romena con 100.000 partecipanti si è conclusa con 450 feriti. Si prepara un’inchiesta sull’immotivata violenza delle forze di polizia. La testimonianza da Bucarest di Giorgio Comai
(Originariamente pubblicato su giorgiocomai.eu.)
Per mesi si è organizzata, principalmente su Facebook, una grande manifestazione della diaspora romena che vive e lavora lontano dal proprio paese d’origine. Un’azione di protesta contro il governo guidato dal PSD, contro la corruzione, ma forse in primo luogo per dimostrare che molti di coloro che hanno lasciato il paese continuano ad interessarsi a cosa succede in Romania e sono pronti ad impegnarsi perché la Romania diventi un paese migliore.
La data fissata era il 10 agosto. In migliaia sono venuti da tutta Europa, con spirito di lotta ma anche di festa per quello che era simbolicamente percepito come un momento di unione tra chi ha abbandonato il paese e chi negli ultimi anni è rimasto e ha continuato a protestare in Romania contro l’introduzione di misure mirate a ostacolare la lotta anti-corruzione e a riabilitare figure di spicco del partito di governo PSD. Lo stesso leader del partito di governo Liviu Dragnea, infatti, non ho potuto assumere l’incarico di primo ministro nel 2016 in seguito a una precedente condanna per frode elettorale e lo scorso giugno ha ricevuto una nuova condanna per abuso d’ufficio. Nonostante le condanne, Dragnea rimane presidente della Camera dei deputati e controlla strettamente il proprio partito e il governo stesso. Dal 2016 ad oggi, Dragnea ha fatto dimettere due primi ministri del proprio partito per imporre la sua autorità esclusiva sull’azione di governo; l’attuale primo ministro Viorica Dăncilă è quindi perfettamente conscia di poter conservare la propria posizione solo in cambio di mantenere un basso profilo e dimostrare fedeltà assoluta allo stesso Dragnea. Lo scorso 28 giugno, in una rara e netta presa di posizione, dodici ambasciate (inclusi Stati Uniti, Germania, e altri governi UE) hanno ufficialmente espresso la propria contrarietà alle recenti riforme al codice penale proposte dal governo a guida PSD e la loro preoccupazione per l’impatto che potrebbero avere sullo stato di diritto in Romania, ma le misure sono state comunque approvate a inizio luglio dal parlamento romeno.
Per legittimare la propria azione, il partito di governo PSD ha pianificato per lo scorso 9 giugno una grande manifestazione pro-governativa, trasformata in seguito in azione di protesta contro “gli abusi del sistema di giustizia” e lo “stato parallelo”, ovvero parti dello struttura dello stato (tra cui presidenza, agenzia anti-corruzione, e giustizia più in generale) che agirebbero per bloccare l’azione di un governo democraticamente eletto.
L’azione di protesta della diaspora dello scorso 10 agosto era quindi un nuovo momento di una lunga stagione di proteste in Romania, e un’occasione per chi si oppone all’attuale governo di riprendersi simbolicamente Piazza Vittoria, l’ampio spazio di fronte al palazzo del governo dove si era tenuta anche l’azione pro-PSD di giugno.
Una protesta dal valore simbolico
Attraverso gruppi Facebook, migliaia di rappresentanti della diaspora romena si sono organizzati per raggiungere Bucarest. Attivisti in varie città romene si sono organizzati per dar
e il benvenuto a colonne d’auto di manifestanti provenienti da varie parti d’Europa per evidenziare simbolicamente questo momento di riunione con la diaspora. Il clima era quindi non solo di protesta, ma anche di festa per un evento in ampia parte simbolico: mancando un gruppo di organizzatori definito e un obiettivo preciso, le richieste che emergevano dai partecipanti erano le più diverse, seppur unite dal minimo comun denominatore dell’opposizione al governo a guida PSD e del contrasto alla corruzione.
Fonti di informazione pro-PSD, ed in particolare il canale televisivo Antena 3, hanno però lavorato nelle ultime settimane per creare un clima ed aspettative ben diverse nel loro pubblico, suggerendo in continuazione che si stavano preparando violenze. Politici e commentatori pro-governativi anticipavano con insistenza scenari violenti, nonostante manifestazioni anche più ampie che hanno avuto luogo negli ultimi anni siano state ampiamente pacifiche e con pochi incidenti.
Gas lacrimogeni senza preavviso, senza motivo
Quando i primi manifestanti hanno iniziato a prendere posizione nel corso della giornata di venerdì, si sono quindi trovati di fronte schieramenti delle forze di polizia (jandarmeria) in tenuta anti-sommossa. Con il pretesto di contrastare un piccolo gruppo di provocatori, a metà pomeriggio quando il numero di manifestanti era ancora esiguo e la presenza delle forze di polizia massiccia, si sono subito iniziati a lanciare i primi gas lacrimogeni.
Inizialmente, pareva si trattasse di eventi isolati, e infatti la piazza ha continuato a riempirsi. Mentre le televisioni si concentravano sui primi scontri con la polizia, in gran parte della piazza vi era un’atmosfera serena, da festival, con persone di tutte le età che chiacchieravano e scandivano slogan, e numerose famiglie con bambini anche piccoli nell’area erbosa antistante il museo di scienze naturali Antipa. Piazza Vittoria è molto ampia, con oltre 200 metri tra il palazzo del governo e il Museo Antipa, e quindi, circondati da manifestanti pacifici e lontani da potenziali luoghi di tensione, i manifestanti avevano tutti i motivi per sentirsi sicuri anche dopo il ripetuto impiego di gas lacrimogeni nelle zone più centrali della protesta.
Verso le otto e mezzo, una nuova ondata di gas lacrimogeni ha però raggiunto anche le aree più distanti della piazza, ben lontano da qualsiasi plausibile obiettivo diretto, ed era sufficientemente forte da causare fastidi anche nei viali a centinaia di metri da Piazza Vittoria. Con l’avanzare delle ore, la situazione è peggiorata drasticamente, fino a quando poco dopo le undici la polizia ha deciso di evacuare completamente la zona impiegando massicciamente gas, cannoni ad acqua, spray irritanti, e manganelli. Una serata inizialmente pacifica si è conclusa violentemente, con centinaia di manifestanti feriti dalla polizia o intossicati dai gas. Decine hanno avuto bisogno di cure ospedaliere, tra cui alcuni membri della polizia. Giornalisti di varie testate sono stati a loro volta vittima di abusi da parte della polizia , e picchiati anche dopo aver mostrato il loro tesserino da giornalisti. Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz ha chiesto spiegazioni al governo romeno dopo che una troupe della televisione di stato austriaca è stata assalita senza motivo dalla polizia .
L’abbondanza di immagini televisive o registrate dai partecipanti mostra chiaramente che il piccolo gruppo di persone che provocava i poliziotti già dal pomeriggio avrebbe potuto essere facilmente isolato. È evidente al contrario il comportamento provocatorio e aggressivo della polizia caratterizzato dall’insensato utilizzo di gas lacrimogeni in mezzo alla folla che ha fatto infuriare molti manifestanti e alzato la tensione. Partecipanti hanno evidenziato anche la limitata comunicazione tra poliziotti e manifestanti. La decisione finale di evacuare la piazza è stata comunicata da un segnale luminoso che quasi nessuno tra la folla è stato in grado di interpretare. Anche per questo decine di migliaia di persone che protestavano pacificamente si sono ritrovate improvvisamente (e, dal loro punto di vista, inspiegabilmente) attaccate da una decisa avanzata delle forze di polizia e massicce dosi di gas lacrimogeni. Le tensioni che ne sono seguite sono degenerate in ulteriori scontri.
Responsabilità
Tutto questo era perfettamente evitabile. In occasione della maggior parte delle proteste degli ultimi anni, la jandarmeria romena si era dimostrata ragionevolmente competente, evitando inutili provocazioni ed evitando di sgomberare le manifestazioni. Anche per questo, e per la sostanziale assenza di una componente violenta tra i manifestanti d’opposizione, azioni di protesta che avevano anche superato i 200.000 partecipanti a Bucarest si erano regolarmente svolte senza troppi incidenti. Il comportamento della polizia, diverso da quello osservato in precedenti occasioni e nettamente incompatibile con buone pratiche di gestione delle proteste, non può che essere imputato a una conscia decisione da parte delle autorità.
Il presidente della repubblica Klaus Iohannis ha immediatamente denunciato l’eccessiva violenza della polizia, e ha reiterato la propria posizione con un comunicato ufficiale lunedì 13 agosto evidenziando che in relazione agli eventi di venerdì vi sono responsabilità giudiziarie e politiche. Dal punto di vista giudiziario, la procura ha già aperto un’inchiesta. Dal punto di vista politico, non sembra esservi alcuna intenzione da parte del governo di riconoscere che quantomeno vi siano stati degli errori. La ministra degli Interni Carmen Dan ha infatti dichiarato che la gendarmeria ha semplicemente applicato la legge , ed ha negato di aver influenzato in alcun modo l’operato delle forze dell’ordine.
Quella di venerdì scorso è stata la manifestazione più violenta in Romania degli ultimi vent’anni. Le forze dell’ordine sono direttamente responsabili per centinaia di feriti, decine dei quali hanno avuto bisogno di assistenza ospedaliera; non solo non si è garantita la sicurezza dei manifestanti, ma sono state prese iniziative che l’hanno attivamente messa in pericolo. Un’inchiesta approfondita e indipendente in grado di individuare e punire i responsabili delle violenze non solo tra i manifestanti, ma anche a vari livelli della catena di comando della gendarmeria, costituirebbe un passo importante per recuperare la fiducia di decina di migliaia di cittadini che, protestando contro la corruzione, si sono ritrovati ad affrontare un apparato statale violento. Nelle prossime settimane, segnali di allarme potrebbero arrivare da Bruxelles (il gruppo dei Verdi al parlamento europeo è già intervenuto in questo senso ) e, considerando che numerosi tra i manifestanti erano (anche) cittadini di altri paesi dell’UE, da varie capitali europee.
In conclusione, difficile prevedere l’impatto degli eventi di venerdì scorso sulla politica interna in Romania. Le violenze non hanno scoraggiato i manifestanti che sono nuovamente scesi in piazza in decine di migliaia anche nei giorni successivi, ma probabilmente non hanno scalfito il solido consenso elettorale del PSD (giovedì scorso, il leader del PSD Liviu Dragnea ha annunciato un piano per raddoppiare le pensioni in Romania nei prossimi tre anni). Le indagini porteranno a nuove tensioni tra esecutivo e giudiziario, e a nuove reciproche accuse tra maggioranza di governo e presidente della repubblica. Una stagione più “brutta” di scontro politico che per il momento non sembra cambiare il quadro complessivo. Rimane comunque l’inedita testimonianza di migliaia di membri della diaspora romena che hanno dimostrato interesse a partecipare in prima persona alla vita politica del loro paese natale, percorrendo grandi distanze per essere presenti in piazza a Bucarest.