Romania: di nuovo social-democratici
Vittoria netta per il Partito social-democratico romeno alle politiche di domenica scorsa. Sarà in grado il nuovo esecutivo di fare i conti con la corruzione che affligge il paese?
Stravince la sinistra in Romania. Con il 45% delle preferenze il Partito social-democratico (PSD), guidato da Liviu Dragnea, raggiunge un risultato storico. Mai aveva ottenuto così alti consensi negli ultimi 25 anni. La scarsa affluenza al voto – attestatasi attorno al 40% – ha favorito il PSD, forte di un elettorato stabile che non si è allontanato dal partito nonostante le accuse di corruzione che un anno fa avevano costretto il governo di Victor Ponta, PSD, a dare le dimissioni dopo ampie manifestazioni di strada.
Del resto il PSD non è di certo l’unico partito in Romania ad avere problemi legati alla corruzione. Anzi. Alle recenti elezioni per il rinnovo del parlamento di Bucarest, secondo un’indagine realizzata dal Movimento Civico Iniziativa Romania “metà dei candidati ha problemi con la giustizia”.
Nel secondo paese più povero dell’UE, che gode però del tasso di crescita più alto d’Europa (sarà del 5% nel 2016 secondo stime del Fondo Mondiale Internazionale), la corruzione resta un ostacolo importante allo sviluppo. Lo stesso primo ministro in pectore, Liviu Dragnea, presidente dei social-democratici, è stato condannato a due anni con la condizionale per aver favorito brogli elettorali nel referendum sull’impeachement del capo dello stato Traian Băsescu nel 2012.
Promesse più forti delle condanne
Le promesse elettorali sono state però più forti delle accuse e condanne per corruzione. Ora gli elettori si aspettano che quanto promesso venga realizzato: aumento di salari e pensioni, investimenti per scuola, sanità e nelle infrastrutture.
I social-democratici hanno annunciato che entreranno in coalizione con l’Alleanza Democratica Liberale (ALDE – 6%) dell’ex premier Călin Popescu Tăriceanu, come già accordato prima delle elezioni.
A fronte del successo socialdemocratico c’è la delusione dei liberali. Il secondo partito del paese, il PNL, ha infatti ottenuto un risultato al di sotto delle proprie aspettative (circa il 22%) e ora si trova in crisi dopo le dimissioni Alina Gorghiu, presidente del partito.
Entrano in parlamento anche il nuovo partito “antistema”, l’Unione per la Salvezza della Romania (USR – 8,9%); i rappresentanti dei Magiari della Romania (UDMR – 6%), il Partito Movimento Popolare (PMP – 5%) dell’ex capo dello stato Traian Băsescu, eletto al senato.
Palla a Iohannis
Toccherà presto al presidente della Romania, Klaus Iohannis dare luce verde ai social-democratici per la formazione del nuovo governo. Iohannis aveva dichiarato in passato che non avrebbe affidato l’incarico a chi avesse avuto problemi con la giustizia. Difficile dire quindi in questo momento se accetterà la proposta del PSD che punta sul presidente della propria formazione, Liviu Dragnea, come futuro premier.
Al capo dello stato, quindi il compito di trovare un’intesa con il partito che ha ricevuto la maggioranza dei voti. Quest’ultimo dovrà certamente tener conto dei timori presidenziali relativi all’indipendenza della giustizia e la continuità negli sforzi nella lotta alla corruzione.
Stampa estera
Sulla stampa romena è stato dato ampio spazio ai commenti sui risultati elettorali pubblicati all’estero. Il quotidiano romeno Romania Libera, mette in risalto come la BBC abbia scritto che il PSD e il Partito Nazionale Liberale hanno fatto promesse populiste in uno dei paesi più poveri dell’UE, dove una persona su quattro vive al di sotto della soglia di povertà.
Ripreso anche quanto scritto dal Financial Times, secondo il quale il risultato elettorale evidenzia come la rabbia delle persone rispetto alla corruzione dilagante abbia sviluppato il desiderio di crescita dei redditi medi.
La stampa romena cita infine il New York Times secondo il quale nonostante il risultato sia favorevole al PSD, aspetti legati alla corruzione sollevano ora punti di domanda su chi sarà il primo ministro nel nuovo governo di Bucarest.