Romania, ancora fuori dal programma USA dei visti
Per Washington si tratta di una questione di sicurezza interna e di percezione della criminalità romena negli USA. Per Bucarest non rientrare nel programma di “viaggio senza visto” è come non far parte a pieno titolo della famiglia euro-atlantica

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© PJ Williams/Shutterstock
Il 9 gennaio 2025, la decisione dell’amministrazione Biden di ammettere la Romania nel Visa Waiver Program – VWP (Programma di Viaggio senza Visto), era stata salutata come un successo storico della diplomazia romena. Due mesi più tardi, però, il Dipartimento per la Sicurezza Interna (DHS) ne sospendeva l’attuazione per “condurre una revisione della designazione”.
Il 2 maggio arrivava la revoca definitiva: mantenere elevati standard di sicurezza, spiegava Washington, è condizione essenziale per proteggere l’integrità del programma. Per Bucarest, la questione dei visti non è mai stata solo burocratica: è piuttosto il simbolo della piena appartenenza alla famiglia euro-atlantica, un riconoscimento per un partner strategico.
Reti di accattonaggio e crimine transnazionale
Dietro le formule ufficiali, però, c’è un aspetto che non può essere ignorato. Negli Stati Uniti la presenza di reti criminali legate a cittadini romeni ha alimentato tensioni e sospetti. Non si tratta di numeri paragonabili a quelli di comunità più vaste, ma il fenomeno è visibile e a volte entra a far parte delle cronache americane.
La stampa americana ha riportato infatti notizie che riguardano arresti di cittadini romeni come nel caso dei mendicanti alle grandi intersezioni delle metropoli, organizzati in reti che sfruttano individui vulnerabili per generare milioni di dollari. Alcuni di questi gruppi hanno utilizzato canali d’ingresso via Messico. Altri casi riguardano frodi con carte di credito.
Le infrazioni più frequenti commesse da romeni negli Stati Uniti rientrano soprattutto nella sfera economica. Frodi finanziarie e truffe online, seguite da skimming e furto d’identità tramite carte di credito, oppure riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite, sono alcune delle infrazioni più frequenti.
Bucarest minimizza, Washington no
Per le autorità romene, il tema è delicatissimo. Ammettere apertamente che il “fallimento del Visa Waiver” abbia radici nella criminalità significherebbe riconoscere una debolezza interna. Le autorità romene preferiscono parlare di “ritardi tecnici” e di “valutazioni ancora in corso”. Intanto il paese si presenta come pilastro NATO e partner strategico degli Stati Uniti.
A Washington, invece, prevale il pragmatismo. Non si tratta di giudizi politici, ma di numeri e di criteri: tassi di rifiuto ancora troppo elevati nelle domande di visto, presenza di reti criminali documentate, rischi legati alla gestione dei flussi migratori. Elementi sufficienti, per l’amministrazione americana, a sospendere l’applicazione del programma.
Per l’opposizione romena sovranista, la sospensione dei visti non è altro che un segnale politico dopo l’annullamento a dicembre delle elezioni presidenziali.
Le prospettive restano aperte
Ad ogni modo il Dipartimento per la Sicurezza Interna degli USA ha lasciato la porta socchiusa.
La Romania potrà essere riconsiderata per il VWP in futuro, se soddisferà i criteri richiesti. Dovrà impegnarsi a ridurre i tassi di rifiuto dei visti, a migliorare i controlli e arginare i fenomeni criminali.
Nel frattempo, la cooperazione bilaterale sul piano militare e energetico resta solida. Washington considera Bucarest un pilastro del fianco orientale della NATO, e l’assistenza militare americana non è ora in discussione. Ma sul terreno dei visti, la logica resta quella della sicurezza e della percezione interna.
Finché Washington non riceverà garanzie sufficienti, la porta del Visa Waiver resterà chiusa ma con delle prospettive aperte. Bucarest, intanto, cerca di spostare l’attenzione sulla difesa, energia e cooperazione strategica, puntando a rafforzare il rapporto con gli Stati Uniti anche attraverso la preparazione di una visita di Stato del neo presidente Nicușor Dan all’inizio del prossimo anno.
La telefonata
Lo scorso luglio, la portavoce del Dipartimento di Stato, Tammy Bruce, ha annunciato che il Segretario di Stato, Marco Rubio, ha parlato al telefono con il ministro degli Esteri romeno, Oana Toiu. È stata una notizia a lungo attesa e commentata in Romania, dopo il gelo politico seguito alle elezioni annullate.
“I leader hanno esaminato la cooperazione bilaterale in materia di difesa, energia e contrasto all’immigrazione clandestina”, annuncia la parte americana. Il Segretario Rubio ha ribadito al ministro Toiu “il desiderio di un commercio equo ed equilibrato e ha accolto con favore la partecipazione della Romania al programma di verifica elettronica della nazionalità”, ha precisato Tammy Bruce.
Il ministero romeno degli Esteri ha comunicato che durante la telefonata si è discusso del rafforzamento del Partenariato Strategico, dell’impegno condiviso a rafforzare le relazioni bilaterali tra Romania e Stati Uniti e di proseguire la cooperazione bilaterale in settori prioritari come la sicurezza e la difesa, l’energia e gli investimenti nell’innovazione.
La visita di Oana Țoiu
Per quasi 10 giorni, il ministro degli Esteri romeno, Oana Toiu si troverà negli Stati Uniti. Preparare la visita del presidente romeno è un suo obiettivo e in questo senso ha fissato incontri con membri del Congresso, tra cui James Risch, Brian Mast, Tom Suozzi, Steve Daines e William Keating. Per avere successo la diplomazia di Bucarest conta anche sulla diaspora romena negli USA.
Dal 22 al 29 settembre, Țoiu guida la delegazione romena all’80ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in un contesto in cui la Romania punta a riaffermare il proprio ruolo sulla scena internazionale.












