Romania: 10 anni di UE, 10 anni di traduzioni

Sono trascorsi ormai dieci anni dall’ingresso nell’Ue della Romania, anni che hanno contribuito, grazie alle traduzioni di autori romeni, a rafforzare la conoscenza reciproca

16/01/2017, Anita Bernacchia -

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Alcune copertine di libri pubblicati da Keller Editore

(Quest’articolo è stato originariamente pubblicato all’interno del blog "Romania e Cultura, Ora!" sulla testata Cultora.it)

C’ero anch’io dieci anni fa, nella notte tra il 31 dicembre 2006 e il 1° gennaio 2007, in Piazza della Rivoluzione a Bucarest, con i miei cugini dalle guance tatuate di blu, giallo e rosso, a festeggiare l’entrata della Romania nell’Unione europea. Si aveva l’impressione, in quei giorni, che tutto stesse cominciando di nuovo, che le speranze che diciassette anni di democrazia non erano riusciti a realizzare avrebbero adesso conosciuto una nuova, decisiva occasione, che sarebbe stata “la volta buona”.

In effetti diverse cose sono cambiate da allora, le frontiere si sono aperte, i fondi europei sono affluiti, pur con tutti i problemi relativi al loro assorbimento. Benché non ancora particolarmente influente sull’arena politica europea, la Romania, membro dell’Est più popoloso dopo la Polonia, contribuisce oggi alle decisioni sul futuro del continente accanto agli altri stati membri, ed è in grado di negoziare contributi importanti per il suo sviluppo industriale, agricolo, socio-economico.

Se in Occidente già si guardava a questo paese come un partner commerciale privilegiato prima del 2007, con le nuove possibilità offerte dall’adesione sono stati tanti gli imprenditori, romeni e stranieri, che ne hanno beneficiato, creando posti di lavoro per romeni e stranieri. Infatti, tra questi sono sempre più numerosi quelli che scelgono la Romania come dimora o luogo di lavoro, temporaneo o permanente; tra loro, anche tanti giovani italiani. Ma l’integrazione economica e commerciale tra stati è solo il primo passo verso una vera integrazione europea. La vera integrazione, per alcuni solo oggetto di utopie, si realizza nel dialogo tra culture.

L’Istituto Culturale Romeno e il programma di finanziamento TPS

Anche nel campo della promozione della cultura romena all’estero sono stati compiuti dei passi enormi. La congiuntura felice tra l’adesione all’UE e la presidenza lungimirante di Horia-Roman Patapievici all’Istituto Culturale Romeno (2005-2012) generò occasioni nuove di rilancio del patrimonio culturale romeno in Europa e nel mondo. Tra l’altro, il 2007 vide anche la nomina di un Commissario romeno alle politiche linguistiche e al multilinguismo nella Commissione europea, portfolio oggi purtroppo scomparso, ma che Leonard Orban seppe gestire in modo efficiente. Si ricorda, ad esempio, il Programma per l’apprendimento permanente 2007-2013 per le lingue straniere e la promozione dei servizi di interpretariato, traduzione e pubblicazione nelle allora 23 lingue ufficiali dell’UE.

Tornando all’Istituto Romeno, una delle direzioni che caratterizzò la presidenza Patapievici fu il grande accento posto sulla traduzione della letteratura romena all’estero, il cui vero valore non era stato compreso da nessuna istituzione romena prima di allora. Tra le iniziative lodevoli messe in campo, ricordiamo il fortunato programma di finanziamento delle opere letterarie romene in lingua straniera, tuttora presente e operativo: il TPS (Translation and Publication Support Programme), operato dal Centro Nazionale del Libro, dipartimento dell’ICR. Dati alla mano, in dieci anni il TPS ha finanziato la pubblicazione di oltre 500 opere tradotte dal romeno verso tutte le lingue europee, verso il turco e altre lingue. Tra i paesi ad aver beneficiato di tale programma, l’Italia si situa senz’altro in una posizione importante, vuoi per la vicinanza linguistica e culturale con la Romania, vuoi per la consistente comunità romena che vive nella Penisola.

Editori

Sono soprattutto gli editori piccoli, medi e indipendenti a scegliere di pubblicare autori romeni. Si tratta essenzialmente di una scelta “culturale”, in seconda battuta commerciale, cosa che si iscrive alla perfezione nello spirito dell’integrazione europea. Più riluttanza si riscontra invece presso i grandi editori italiani, che non si interessano alla letteratura romena se non in qualche caso più unico che raro, oppure quando l’autore romeno in questione è emigrato altrove e ha adottato la lingua del paese d’adozione (francese, tedesco, inglese), pubblicando per un buon editore di cui l’omologo italiano “si fida”.

Negli anni successivi al 2006, quando vide la luce il TPS, c’è stato anche in Italia un forte entusiasmo da parte degli editori, che ha dato luogo – anche se non subito – ad una serie di opere tradotte. Il picco è stato raggiunto nel 2012, quando la Romania è stata invitata al Salone del Libro di Torino in qualità di paese ospite. Nonostante tale evento chiave, negli ultimi due o tre anni l’interesse pare essersi in qualche modo affievolito, in parte per via degli strascichi della crisi economica e gli stravolgimenti nel mondo editoriale italiano, che privilegia i grandi gruppi a discapito dell’editoria indipendente. Una crisi che ha portato anche alla scomparsa di alcune case editrici che avevano pubblicato autori romeni. Inoltre, il proliferare di traduzioni presso editori sì coraggiosi, ma troppo piccoli (alcuni minuscoli) e poco distribuiti per poter arrivare al pubblico e realizzare un vero impatto. Alcuni di quelli che, invece, ci sono riusciti, hanno smesso dopo qualche titolo, o qualche nome, e non hanno proseguito con pubblicazioni ulteriori dello stesso o di altri autori, pur a fronte di un buon successo di stampa.

Dunque, se escludiamo “i soliti noti” – Voland, il Saggiatore, Keller – e pochissimi altri, attualmente c’è una relativa ritrosia a pubblicare letteratura romena in Italia.

Ai prosatori e poeti già noti e tradotti in Italia prima del 2006, tra cui spiccano Mircea Cărtărescu, Norman Manea, ma anche Eliade, Ionesco, Cioran, Noica etc., se ne sono aggiunti negli ultimi dieci anni molti altri. Tra costoro, se escludiamo altri grandi scrittori attivi molto prima della caduta del comunismo, come Gabriela Adameșteanu, Nora Iuga, Matei Vișniec, Dumitru Țepeneag, Ana Blandiana, Nina Cassian, il gruppo più folto dei “tradotti” appartiene alla schiera di autori trentenni, quarantenni/ultraquarantenni, ovvero coloro che in Romania hanno esordito dopo l’89: Dan Lungu, Lucian Dan Teodorovici, Florin Lăzărescu, Vasile Ernu, Filip Florian, Cezar Paul-Bădescu, Florina Ilis, Cecilia Ștefănescu, Ana Maria Sandu, Savatie Baștovoi e altri.

Questi autori hanno avuto, grazie alla felice congiuntura UE-ICR-TPS, una fortuna negata alla maggior parte dei loro predecessori: quella di essere tradotti all’estero a pochi anni dall’esordio, o dopo aver pubblicato i primi titoli.  Si tratta di un cambiamento enorme per la Romania, che senza i programmi di finanziamento forse difficilmente avrebbe avuto luogo.

Traduttori

Al cambiamento hanno contribuito anche le borse di traduzione concesse dall’ICR di Patapievici, da un lato a traduttori professionisti, dall’altro a traduttori in formazione. Peccato che, tra questi ultimi, pochi siano quelli che abbiano scoperto la vocazione al tradurre, o che, una volta tradotti alcuni titoli, abbiano mantenuto la direzione presa, a prescindere dal fatto che lavorino per editori di piccole o grandi dimensioni.

Fare il traduttore editoriale vuol dire anche essere scout, leggere di continuo, informarsi, scorrere le recensioni, visitare fiere del libro ed eventi letterari. È essenziale tenersi aggiornati sulle ultime uscite, promuovere scrittura e scrittori di qualità e, ogni tanto, scoprire anche qualche talento o perla nascosta. Un bell’impegno. Un traduttore di letteratura (romena) autentico al principio della sua carriera difficilmente si vedrà “piovere dal cielo” proposte di lavoro senza aver faticato, e non poco, girando per fiere e festival con le sue schede editoriali corredate di sinossi e saggi di traduzione (che avrà stampato a proprie spese), dialogando con editori e altri addetti ai lavori, cogliendo quell’indizio in più che lo possa aiutare, ricevendo coraggio per andare avanti, ma anche incassando rifiuti e ritrovando quell’umiltà necessaria per ripartire.

Conclusioni e proposte

In fin dei conti, dieci anni di buoni risultati. Al momento, tuttavia, assistiamo a una battuta d’arresto. Non si può certo dire che il 2016 si sia contraddistinto per le traduzioni di narrativa; la saggistica invece è andata decisamente meglio. Ma quanto realizzato è ancora insufficiente.

A fronte di un impegno rinnovato da parte di editori che hanno già pubblicato autori romeni, incoraggerei i giovanissimi traduttori a gettarsi nella mischia e ad osare di più. C’è da tradurre parecchio, ma le persone disposte a farlo sono poche. Non si può lasciare il destino della letteratura romena in mano a qualche anima volenterosa. L’approccio da adottare dovrebbe privilegiare non solo i gusti personali, ma una ricerca editoriale autentica. Realizzare un connubio tra gli obiettivi di un editore e le proprie passioni non è impresa impossibile. In aggiunta a questo, potrebbero rivelarsi utili le collaborazioni tra traduttori letterari già attivi, specie se interessati al medesimo titolo del medesimo autore, come alcuni riusciti esperimenti degli ultimi anni hanno dimostrato.

Tra gli autori già citati in questo articolo ve ne sono molti che aspettano di proseguire la loro avventura editoriale in Italia. Si vedano, ad esempio, Filip Florian, Cezar Paul-Bădescu, Dumitru Țepeneag. Perciò, editori e traduttori di buona volontà, coraggio! Molti di questi autori continuano ad avere fortuna oltralpe, oltreoceano, in terre iberiche e germaniche, e altrove in Europa, dunque anche in Italia si andrebbe sul sicuro.

Va da sé che vi sono molti altri autori che meritano un posto al sole in Italia, come Petre Barbu, autore di almeno tre ottimi romanzi, con poche traduzioni all’attivo in pochi paesi e non apprezzato al suo vero valore. Per non parlare, poi, di Radu Aldulescu, della generazione di Cărtărescu, considerato un po’ un “Céline di Romania”, che ha avuto molta meno fortuna del suo coetaneo, ma che negli ultimi anni è stato tradotto e apprezzato in Francia. E per quanto riguarda la narrativa, senza trascurare i classici, molti dei quali da (ri)tradurre, procederei in modo orizzontale, ovvero esplorando i prosatori che hanno esordito negli anni Novanta, proprio in quel limbo di semi-libertà, dove tutto pareva possibile.

Ad ogni modo, il 2017 si preannuncia interessante, a giudicare dai risultati dell’ultima sessione TPS. Qui è possibile consultare quali e quanti editori italiani, e non solo, pubblicheranno quest’anno autori dalla Romania. Insomma, tanti auguri di buona letteratura romena e buona traduzione per tutto il 2017!

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