Riconciliazione politica
Dopo le elezioni di maggio e la formazione del nuovo governo, grazie all’alleanza tra il Partito democratico e il Partito socialista, sulla scena politica serba sono in corso consistenti cambiamenti. Il maggiore dei quali è la riconciliazione politica tra partiti un tempo antagonisti
La notizia sulla formazione del nuovo governo serbo è già caduta nel dimenticatoio. I temi principali sono le potenzialità del nuovo governo e c’è chi, secondo una vecchia consuetudine, già specula su quanto durerà il nuovo esecutivo.
Intanto sulla scena politica serba accadono consistenti, qualcuno dirà pure tettonici, cambiamenti.
Partiamo dagli ultimi giorni, dalla sempre più spesso nominata "riconciliazione politica", cui per primo ha fatto cenno Boris Tadic, pensando all’avvicinamento di due forze sino a poco tempo fa diametralmente opposte, il suo Partito democratico (DS) e il Partito socialista della Serbia (SPS) simbolo del male al tempo di Slobodan Milosevic.
I presidenti di partito, Boris Tadic e Ivica Dacic, hanno annunciato la firma di una Dichiarazione sulla riconciliazione politica tra DS e SPS. "Con la dichiarazione si mira all’idea e all’obbligo di lavorare insieme al futuro della popolazione e dello stato. Alla Serbia serve una riconciliazione a livello dell’intera popolazione. È necessario che tutti gli antagonismi siano superati e che l’energia, che è stata consumata nei decenni scorsi per ottenere la divisione del popolo serbo e dello stato, sia indirizzata alla realizzazione di obiettivi strategici", così il quotidiano "Politika" riporta le parole di Tadic.
Boris Tadic, fino a ieri spesso definito come "Forrest Gump", "Barbie", "modello", oggi è diventato "statista", "uomo di visione" e "stratega". Dal "Boris debole" al "Putin serbo" dirà l’analista politico Djordje Vukadinovic, noto per la sua avversione nei confronti di Tadic e della sua politica.
Boris Tadic è diventato un grande leader oppure dentro lui "risiede" un piccolo uomo autoritario? Le valutazioni sul conto di Tadic come di un politico "debole", che non ha autorità, nascono dal suo comportamento paziente e conciliante, e dalla sua politica del compromesso e del lasciar correre. Ma, dicono alcuni, Boris nell’ultimo mese ha iniziato a battere i pugni sul tavolo. Ha colpito in particolare il suo comportamento durante la seduta del Comitato centrale del DS, quando ha praticamente ordinato di stringere la coalizione con l’SPS su tutti i fronti, e chi non avesse voluto farlo "avrebbe dovuto vedersela con lui".
Tadic è riuscito a fare ciò che né Micunovic uno dei fondatori del DS né Djindjic avevano pensato. Il Partito democratico è diventato forte, con una struttura interna ben definita, con una accresciuta potenzialità dei comitati locali, un partito che non vince le elezioni grazie a Belgrado, ma piuttosto che gode del supporto di "base" in tutto il paese. Non si tratta solo del fatto che Tadic ha battuto per due volte consecutive i suoi rivali alle presidenziali, ma anche che per la prima volta ha vinto sui radicali, in alcuni casi li ha persino cancellati, come in Vojvodina per esempio, lasciando che il Partito radicale serbo (SRS), dopo una serie di anni, resti alle spalle del DS.
Questi sono i successi evidenti e misurabili di Tadic e della sua politica del passo per passo. Ma aggiungiamo poche parole sugli altri possibili effetti di questa politica. L’idea della riconciliazione politica va osservata anche dal punto di vista del raggiungimento di una stabilità di lungo corso della Serbia, che poi è l’idea principale dichiarata da Tadic. La società serba, spaccata e divisa in due Serbie, crea una serie di ostacoli allo sviluppo. "Introdurre" l’SPS nell’insieme dei cosiddetti partiti democratici è il primo passo verso il raggiungimento dell’anelata stabilità. Il passo successivo potrebbe essere il tentativo che anche l’SRS attraversi una trasformazione simile. In questo senso si potrebbero leggere le parole di Tadic sulla necessità di una riconciliazione non solo politica ma anche nazionale.
Ma Tadic aveva delle questioni da risolvere. Prima di tutto doveva calmare l’eccitazione all’interno del partito dopo il miglior risultato elettorale mai ottenuto. Doveva "soddisfare" tutti gli appetiti. Doveva disporre le poltrone ministeriali cosicché tutti accettassero questa divisione. Doveva avvicinare i membri del DS, i funzionari di partito e gli elettori all’idea di una coalizione con l’SPS, spiegare l’idea di una riconciliazione politica e doveva prendere una decisione su chi sarebbe diventato premier. E queste erano le maggiori sfide da affrontare.
In Serbia si parla tanto di un ipotetico conflitto tra il gabinetto di Tadic e il vertice del partito. "Il "dramma" sarebbe accaduto durante la seduta della Presidenza del partito, quando il più stretto collaboratore di Tadic, Srdjan Saper, aveva proposto come premier Vuk Jeremic, capo della diplomazia serba, contro il quale si è espressa duramente la maggior parte dei membri della presidenza del partito. La critica maggiore rivolta a Jeremic non riguarda il fatto che sia ancora troppo giovane, ma piuttosto, come per Seper e per il consigliere di Tadic per i media Krstic, il fatto di essere membro di una corrente che di rado scende verso la base ed è poco dedita al lavoro interno al partito.
I membri della presidenza, durante suddetto incontro, si sono schierati contro Tadic e hanno proposto il nome di Bojan Pajtic, attuale premier della Vojvodina. Il dibattito, sostengono le fonti, è stato duro e lungo. Gli alti funzionari del DS si sono scambiati accuse reciproche criticando la candidatura di Jeremic. Ai membri della presidenza ha dato particolarmente fastidio il fatto che Tadic, nonostante le argomentazioni e la chiara posizione della maggioranza della presidenza, non abbia deciso subito chi sarebbe stato il premier ma si è permesso il "lusso" di pensarci ancora un po’. Dopo una notte di sonno, Tadic ha deciso di non andare contro la maggioranza del partito e ha affidato il mandato a Mirko Cvetkovic, ben accetto da tutti. Con questo, almeno per ora, sono state riconciliate le due correnti interne al partito.
La politica delle decisioni lente e meditate si rispecchia nel fatto che Tadic "generosamente" ha dato molto spazio agli altri partiti di coalizione, ancora prima di andare alle elezioni, ritenendo con ciò di poter capitalizzare al meglio il risultato elettorale.
Boris è riuscito anche a riconciliare l’inconciliabile, cosi che al governo siedono Rasim Ljajic e Sulejman Ugljanin, rappresentanti di due partiti antagonisti dell’area bosgnacca. Al governo siede anche un ministro del Movimento per il rinnovamento serbo (SPO), nonostante il leader del SPO Vuk Draskovic proprio per questo potrebbe restare senza moglie: Dana Draskovic ha suggerito infatti pubblicamente al marito che sarebbe rimasto da solo se avesse formato un governo con l’SPS, partito che Dana non riesce a perdonare per i due tentativi di attentato contro Vuk, i numerosi arresti subiti dalla coppia e per l’omicidio di quattro persone sulla statale dell’Ibar.
A molti non era chiaro nemmeno cosa Tadic stesse preparando coi socialisti. Non solo li ha aiutati a tornare al potere, ma gli ha pure aperto delle porte che solo si potevano sognare. Si tratta delle porte della comunità internazionale, della membership nell’internazionale socialista e del superamento dell’immagine legata al passato. Tadic ha avuto l’asso nella manica e sapeva che sia Toma (Nikolic) che Voja (Kostunica) non avrebbero potuto fare una contromossa.
Il Partito socialista della Serbia, dopo otto anni, è di nuovo al centro dell’attenzione. Le valutazioni degli esperti indicano che i socialisti hanno scelto la coalizione dei cosiddetti partiti filoeuropei non tanto per le offerte economiche, come sostengono i radicali, speculando su cifre di qualche milione di euro, e nemmeno per le migliori offerte nei posti ministeriali e nelle amministrazioni. L’SPS ha deciso di andare con il DS per uno scopo di lungo corso, cioè per cambiare l’immagine di un partito per cui ora la giustizia sociale è alla base del proprio programma.
I cambiamenti in seno al SPS non sono arrivati da un giorno all’altro, e tanto meno facilmente. La vecchia guardia con a capo Milorad Vucelic, ex direttore della Radio televisione della Serbia e stretto collaboratore di Milosevic, e Borka Vucic, si è opposta fermamente alla coalizione con il DS. Anche i comitati locali del partito non erano molto inclini a collaborare con i democratici. Il presidente del partito Ivica Dacic già due anni or sono aveva invece iniziato a cercare il sostegno dei democratici, soprattutto per fare in modo che, dopo la morte di Milosevic, si rinforzasse la sua posizione a capo dell’SPS, e per garantire al partito la legittimità internazionale. Entrambi i compiti sono stati realizzati con successo, avvicinare a sé la maggior parte dei vecchi dirigenti del partito e legare a sé le giovani leve.
E mentre Dacic è il vincitore che ha ora la possibilità di cambiare l’SPS, l’ex premier è il perdente. Ma Vojislav Kostunica non va in pensione. Kostunica, come annunciato dal Partito democratico della Serbia (DSS), per ora non sarà deputato in parlamento, si dedicherà al lavoro all’interno del partito. Fonti ben informate affermano che il DSS sta attraversando la sua crisi più grande, che i membri e i simpatizzanti se ne vanno in gran fretta, e che il partito sta perdendo immagine e posizione. Kostunica, in qualità di membro del consiglio politico del partito cerca di tamponare il trend in caduta. Si mormora anche che il suo partner di coalizione, Nuova Serbia, sia insoddisfatto del suo status, e che Velimir Ilic (leader di Nuova Serbia) stia pensando a come rimanere al potere. A testimonianza di ciò la dichiarazione del nuovo ministro per le Infrastrutture Milutin Mrkonjic, il quale ha affermato che Ilic sarà il suo consigliere. Su questa possibilità Ilic non ha detto nulla, mentre il premier Cvetkovic ha riferito che ogni ministro decide autonomamente la composizione del suo gabinetto.
È interessante, infine, anche quanto sta accadendo all’interno del Partito radicale serbo (SRS). Un partito che fino a poco tempo fa era omogeneo, un partito interamente cementato da gente con idee identiche, un partito che potrebbe assistere più facilmente ad un affondamento che non ad una divisione interna. Ma tutto è iniziato a scoppiare con l’uscita di scena di Maja Gojkovic – ex deputata SRS uscita dal partito una volta divenuta sindaco di Novi Sad – e poi, dopo le elezioni, sono iniziate anche a emergere differenze interne. Sembra che il leader all’Aja (Vojislav Seselj) abbia voltato le spalle a Tomislav Nikolic e che la comunicazione col partito passi attraverso i rappresentati dell’ala dura Todorovic e Mircic, i quali adesso sono gli uomini di fiducia di Seselj. Aleksandar Vucic candidato sindaco a Belgrado per ora non si è pronunciato sulle relazioni interne all’SRS, evitando di prendere posizione a favore di Nikolic e di Seselj.