Ricchi e poveri
La società bulgara è ormai divisa in classi, a diciotto anni dalla fine del comunismo. Questa divisione provoca però seri malumori, e molti bulgari guardano con nostalgia al passato regime, mentre gli analisti ancora si dividono sulla fine vera o presunta della transizione
La società bulgara è ormai chiaramente divisa in classi. A diciotto anni dalla caduta del comunismo, nel paese si possono evidenziare sei gruppi, a seconda del livello di consumi: ricchi (8,8%), benestanti (15,7%), senza particolari problemi materiali (29,2%), dalla condizione economica fragile (24,9%), poveri (19,1%) ed estremamente poveri (2,3%). Queste cifre, frutto di uno studio portato avanti nel periodo 1999-2007 sono state rese note lo scorso 16 dicembre dai sociologi dell’istituto di ricerca "Mediana". La divisioni in classi, però, crea anche rabbia sociale verso i più ricchi. La metà dei bulgari vorrebbe la nazionalizzazione dei capitali di tutti coloro che si sono arricchiti dopo l’89, mentre il 40% degli intervistati ritiene che chiunque abbia più di un milione di leva abbia raggiunto questo risultato con mezzi illegali. Un bulgaro su tre (37,9%) si è espresso per un ritorno al vecchio sistema politico sociale comunista. Come interpretare questi dati? E’ arrivata la fine della transizione? La classe media, in Bulgaria, è reale o immaginaria? E da dove viene questa nostalgia per il comunismo?
I ricchi
Kolyo Kolev, sociologo e direttore dell’istituto "Mediana", spiega che negli ultimi otto anni, in Bulgaria, la povertà estrema è diminuita di sette volte, e lo stato di indigenza di due volte e mezzo. Anche la disoccupazione è calata vistosamente, ed oggi è presente soprattutto tra le classi meno qualificate ed istruite. Si va invece definendo un deficit di manodopera qualificata, mentre per chi è in possesso di conoscenze specifiche, trovare lavoro non è un’impresa impossibile. Secondo Kolev, in Bulgaria è già comparsa una classe media di tipo europeo. "Per la prima volta, da otto anni a questa parte, ben il 52% della popolazione è al di sopra del livello minimo di soddisfazione dei propri bisogni quotidiani. Il 10% dei bulgari entrano a pieno titolo nel gruppo dei ricchi. Queste persone, più che della classe media, fanno parte di quella alta. Parliamo di persone che d’inverno vanno a sciare sulle Alpi, d’estate possono permettersi la tintarella in Grecia, hanno cambiato mobilio e infissi, hanno una casa o un appartamento nuovi, mandano i figli a studiare a Berna o a Bonn. Il secondo gruppo di persone, quello dei benestanti, o non hanno fatto vacanze negli ultimi due anni, oppure hanno entrate legate all’economia naturale, ad esempio ricevono parte del cibo che consumano dalla campagna. Queste persone sono comunque attente alle proprie spese. Nel terzo gruppo ci sono persone che non hanno problemi a soddisfare i bisogni primari, bere qualcosa fuori con gli amici, comprare vestiti, scarpe, oppure i libri di scuola ai propri figli".
Il panorama disegnato sembra fin qui positivo, nonostante la gente continui a lamentarsi che, in realtà, niente sia cambiato, è l’analisi che Kolev fa ad Osservatorio, sottolineando che oggi le persone che si recano dal dentista siano quadruplicate, e che coloro rispetto a qualche anno fa il numero di persone che d’estate va al mare sia raddoppiato. "Per usare una metafora, un milione di bulgari oggi si lamenta del governo perché il ristorante in cui siedono non è rinnovato, qualche anno fa si lamentava sull’uscio, perché non aveva i soldi per entrare".
Economia grigia e investimenti
Da una parte, le strade delle grandi città bulgare si sono riempite di automobili, i bulgari comprano telefoni cellulari, televisori a schermo piatto, lavatrici, frigoriferi, il che significa che sono in grado di spendere. Dall’altra, nei centri minori ci sono ancora lavori pagati 2-300 leva al mese. E’ chiaro che parte dei soldi che hanno reso possibile l’aumento dei consumi, vengono dalla cosiddetta "economia grigia". Andrey Raychev, direttore dell’istituto di ricerche demoscopiche "BBSS-Gallup" non ritiene fondate le lamentele su stipendi da 300 leva al mese, e spiega quali siano le fonti di reddito che hanno reso possibile il boom dei consumi. "Non esistono salari da 300 leva. Lo stipendio minimo reale si aggira intorno ai 400-500 leva. Non date credito a questo continuo lamentarsi! Nel nostro paese l’economia grigia è pari ad almeno il 30% di quella complessiva. Tra l’altro questo fenomeno è presente in tutta Europa, in Germania rappresenta il 20%, in Italia il 25%. Da alcuni anni il tasso di crescita dell’economia è del 6%, e gli investimenti esteri sono nell’ordine dei 4-5 miliardi di leva l’anno, senza contare le rimesse degli emigranti, che ammontano ad un ulteriore miliardo".
Ci sono però analisti che contestano la presenza di una forte classe media in Bulgaria, e ritengono, che la società bulgara si stia organizzando intorno ad un modello oligarchico. "Oligarca significa proprietario di immense risorse, messe insieme depredando lo stato. In Bulgaria non esiste un fenomeno di queste dimensioni. Il nostro modello è di piccola borghesia, più che di oligarchia", sostiene Raychev. "Il fatto che i ricchi in Bulgaria paghino tangenti di tanto in tanto non li trasforma automaticamente in oligarchi. Mazzette si pagano in tutto il mondo".
Ritorno al socialismo?!
Anche se lo standard di vita è cresciuto, permangono in Bulgaria forti lamentele, c’è chi dice che non si è mai stati peggio, e che la situazione è catastrofica, ammette Raychev. "E’ un vero paradosso. Queste persone hanno dimenticato che fino a dieci anni fa avevano uno stipendio di tre dollari, e che fino all’89 dovevano mettersi in fila per qualsiasi prodotto. Succede lo stesso in Polonia, in Ungheria e in tutti gli stati dell’ex blocco orientale. La gente si scontra con l’idea di società divisa in classi, e visto che non vi è abituata, la vive come un’enorme ingiustizia. I lamenti andranno avanti fin quando non scompariranno le generazioni abituate a pensare alla società come un organismo senza classi. Ai tempi del socialismo c’era un’elite detestata, ma che rappresentava solo l’1% della popolazione".
Secondo la ricerca realizzata da "Mediana", ancora nel 2007 il 37,9% dei bulgari intervistati vorrebbe un ritorno al socialismo, mentre gli entusiasti dell’attuale sistema sono appena il 28%. Ma quali aspetti del socialismo, più concretamente, sembrano mancare ai bulgari? Secondo Kolyo Kolev, non si tratta di un appello ad una nuova rivoluzione proletaria, ma del rifiuto, all’interno della società divisa in classi, delle "persone sopra di me". "Se per il successo personale si ritiene che il merito sia, appunto, esclusivamente personale, l’insuccesso viene attribuito allo stato, ai politici, agli agenti dei servizi segreti. Chi è sopra di me non merita la sua posizione privilegiata, ma l’ha ottenuta attraverso imbrogli, furti, patti disonesti. Ma chi è sotto di me, lo è "meritatamente", perché è incapace, ignorante, a differenza di me, che sono onesto, lavoratore, capace, ma che purtroppo sono schiacciato da "quelli in alto". Se la transizione, nella sua accezione economica, è finita, per quanto riguarda il cambiamento di mentalità è ancora viva, e si compirà soltanto con il rinnovarsi delle generazioni".
Secondo Andrey Raychev, nessuno in realtà pensa seriamente di tornare verso il socialismo, si tratta piuttosto di nostalgia, di malcontento verso l’elite, che trova espressione in frasi estremiste e nel mito del periodo socialista, in cui tutto sarebbe stato perfetto. Secondo Raychev, quel 40% che ha dichiarato, di considerare ogni milionario un farabutto, esprime così il proprio odio di classe.
Ma è finita la transizione?
Da tre o quattro anni, gli analisti dei processi sociali si sono spaccati sulla questione della presunta fine della transizione. Il circolo raccolto intorno a Raychev la considera conclusa. Tra l’altro, lo stesso Raychev fa parte integrante della classe agiata, essendo a capo di un istituto demografico e di due riviste, oltre a possedere un proprio edificio all’interno di un lussuoso quartiere di Sofia. I critici gli ricordano che fino al 1989 non era estraneo ai corridoi del potere comunista, e che la sua carriera conferma la regola, per cui nel nuovo regime democratico non ci sono ex funzionari di regime rimasti in povertà. Secondo un sondaggio condotto dalla "Alpha Research", e commissionato dal gruppo di iniziativa civile "Vidovden", la più grossa bugia della transizione, è proprio l’affermazione che questa sia conclusa. Secondo l’85% degli intervistati, non sarebbe affatto finita. Questi dati sono stati presentati durante il dibattito pubblico intitolato "E’ davvero finita la transizione?". Il 5% degli intervistati non ha saputo rispondere, mentre solo per il 10% questa fa parte del passato. "Con l’ideologia del "la transizione è finita", si tenta di chiudere le bocche", ha commentato il noto analista Georgi Lozanov, il quale ritiene che i commenti su questo tema spinoso siano spesso di tono populista. L "homo socialisticus" è tramontato, ma al suo posto non c’è ancora una nuova identità, e sarà proprio la comparsa di questa nuova identità a segnare la fine della transizione.