Religione, fede, nazione… conflitto

Una rassegna sulle relazioni tra le confessioni religiose e la politica nell’intricato contesto bosniaco.

02/01/2002, Redazione -

Religione-fede-nazione-conflitto

Il rapporto tra religione e società, o meglio ancora il rapporto tra religione e politica all’interno di una società è da sempre sfera di interessa della gente. Quindi non è un privilegio solo dei "professionisti" del settore, e non è nemmeno il risultato dei loro interessi legati ad un determinato periodo storico. Si deve dire che questo è un argomento di dibattito permanente sia tra persone poco istruite come tra coloro che possiedono un bagaglio culturale superiore, sia tra la gente più povera che tra quella più abbiente. In Bosnia Erzegovina, specialmente nell’ultimo decennio, la religione e la politica hanno vissuto una particolare simbiosi, tanto che alcune volte è difficile capire quale delle due abbia predominato e predomini sulla scena pubblica. Se a ciò si aggiunge che è una specificità della popolazione bosniaca vivere i fatti di politica in maniera tragica, non è un caso che siano cresciute le aspettative secondo le quali la religione, attraverso la riaffermazione dei suoi valori fondamentali, dovrebbe facilitare la riconciliazione tra popoli e il consolidamento della pace, soprattutto attraverso la riaffermazione di valori indiscussi come morale, tolleranza e convivenza.
La religione e la politica sono di particolare interesse innanzitutto perché la teocrazia e la democrazia si sono alternate nel corso della storia, ma anche perché i periodi storici più importanti sono stati attraversati dalla religione e quindi influenzati da essa sotto l’aspetto della cultura, della tradizione, ma anche dello sviluppo o della regressione della società. Il peso e il ruolo della religione è dipeso anche dal tipo di ideologia vigente. In Bosnia Erzegovina sono visibili i segni lasciati dal passaggio di numerosi cambiamenti di ideologia, e da qui anche i segni della sua espansione o viceversa, nella regione.

Il problema

Quando si parla del territorio della BiH (Bosnia-Erzegovina) è alquanto difficile fare una divisione religiosa nel senso di una presenza in aree ben definibili. Al momento, la situazione sul territorio della Republika Srpska è tale per cui risulta dominante la religione ortodossa, mentre le altre grandi rappresentanze religiose sono presenti in percentuali molto inferiori. Nella Federazione, la situazione è ancora più specifica. In quest’area sono in collisione il cattolicesimo e l’islam, mentre la religione ortodossa è presente in misura minima. Questa realtà si è creata durante gli ultimi dieci anni. Prima dell’ultimo decennio la situazione era completamente differente, e non è detto che nel prossimo decennio si arrivi ad ulteriori nuove divisioni.

In generale, la Bosnia Erzegovina è un paese in cui coesistono quattro religioni monoteiste, e con esse radicate appartenenze culturali e stili di vita. E’ importante sottolineare che i fedeli di tutte tre le principali religioni hanno subito grandi danni durante la guerra, sia dal punto di vista del potenziale umano, così come dal punto di vista delle perdite materiali, e che la popolazione di religione ebrea si è ridotta di molto con la fuga dalla guerra.
Quando si parla della presenza di una religione, dietro di essa troviamo un’influenza direttamente proporzionale sulla società. Il problema, nei territori della Bih, e rispettivamente nella RS, non è solo la presenza della religione ma anche il suo stretto legame con l’identità nazionale.
Per parlare della religione e del suo rapporto con la società, così come con la politica, è d’obbligo tornare nel passato remoto. Perché anche qui vi è un ulteriore problema, e cioè che ognuno dei tre popoli, e quindi delle tre rispettive religioni, è detentrice della propria verità. Tre verità molto divergenti tra loro, talmente diverse da creare "ogni tanto" conflitti armati. Come scrivere la vera verità? Alquanto arduo. Definitivamente impossibile. Il problema potrebbe essere risolto se si alzasse il livello della cultura politica. Solo allora la gente sarebbe in grado di leggere i testi relativi al diverso "sentire" di ciascuna fede, senza provocare salti di adrenalina. Vi è una fine a tutto questo?
L’ex Repubblica Socialista di Jugoslavia (SFRY) era stata fondata sui principi della Rivoluzione Francese, sulla base di una netta divisione tra Stato e Chiesa. Ogni costituzione della ex Jugoslavia considerato l’appartenenza religiosa come un tratto privato e il numero dei fedeli, come anche degli atei, non è dato conoscerlo in nessun documento scritto. Ciò significa che poteva succedere che qualcuno definisse la propria identità dichiarandosi Musulmano di fede ortodossa. Nel frattempo sotto la facciata di uno stato secolare si è rafforzata la feudalizzazione di questa regione, basata su ideologie statali nazionali che ha portato alle conseguenze oggi visibili.
Nella parte centrale della ex Jugoslavia la religione aveva mantenuto una certa importanza sul piano dell’identità nazionale. E sono pochi i casi in cui i confini statali e religiosi non corrispondessero, se non per pochi casi di Serbi di religione cattolica. Così come esistono Albanesi oltre che musulmani anche cattolici e ortodossi, oppure Rom i quali, a seconda della regione in cui risiedono e in parte in base alla religione di appartenenza, si dichiarano Rom, Serbi, Musulmani, Albanesi o Rumeni.
Gli ideologi nazionali Serbi e una non piccola parte cosciente della Chiesa Ortodossa Serba, hanno trattato i Musulmani come elemento "de-serbizzato" che ha abbandonato la fede del padre ortodosso. Gli ideologi Musulmani hanno piuttosto estratto le proprie radici dai bogumili, "eretici", che vennero sradicati dalla Serbia da Stevan Nemanja (divenuto nel 1217 primo Re di Serbia) e si rifugiarono in Bosnia. Una parte della propaganda nazionale si è inasprita contro le popolazioni-nazioni "artificiali" o "comuniste" che i serbi nazionalisti annoveravano tra i Musulmani e i Montenegrini. Con l’uscita dei comunisti dal governo, in SFRJ si arriva in breve tempo al risveglio della coscienza religiosa. I partiti politici, ma anche i capi religiosi, diventati velocemente protagonisti di una grande popolarità, sfruttano la religione come ombrello sotto al quale realizzare la propria affermazione. E’ bastato poco tempo perché questa affermazione si trasformasse nel fatto che tre religioni, e i rispettivi tre popoli, non potessero più vivere insieme. Quindi, in una condizione di conflitto armato come di uno scenario politico particolare, la religione è andata oltre le sue funzioni in quanto tale e ha acquisito elementi politici e viceversa. Tutto ciò si è manifestato da un lato con il sostegno dei partiti politici al potere che oggi vengono definiti partiti nazionalisti, e dall’altra con il supporto degli eserciti.
In questo modo la guerra in Bosnia Erzegovina ha assunto le caratteristiche di un conflitto religioso. Questi elementi non sono dominanti, ma è importante evidenziarli indipendentemente dal fatto che questa tesi possa divenire argomento di contestazione. Si deve ricordare che Tadeusz Mazowiecki, nel suo rapporto presentato alle Nazioni Unite, ha risposto obiettivamente quando ha dichiarato che "la guerra in Bosnia Erzegovina non è una guerra di religione", ma che allo stesso tempo le differenze religiose hanno giocato un ruolo preciso sul piano dell’identità nazionale, e quindi che le Chiese hanno giocato un ruolo fondamentale nel conflitto.
Ciò significa che con il progetto di conquista e frammentazione della Bosnia Erzegovina non sono solo avvenuti dei genocidi, la pulizia etnica, la distruzione di abitazioni e quant’altro, ma anche la distruzione di luoghi di culto (sacri) e tutto ciò che è associato ad altre religioni. Laddove il controllo era sotto l’esercito serbo o croato, oppure dove le posizioni militari lo rendevano possibile, sono stati saccheggiati o rasi al suolo luoghi sacri dell’Islam. Così come è avvenuta la profanazione e la distruzione di luoghi di culto ortodossi o cattolici per mano dei Bosnjaci (Bosniaci Musulmani), così come i cattolici hanno demolito luoghi ortodossi, e gli ortodossi luoghi cattolici…

Oggi…

Dalla firma degli accordi di Dayton, il processo di crescita della religiosità è continuato. Sarebbe più corretto dire che questo sviluppo ha seguito dopo la guerra una crescita naturale, anche se rispetto all’espansione degli anni novanta risulta essersi bilanciato, e che le istituzione religiose stanno equilibrando il rapporto tra la propria funzione in senso stretto e la politica.
Oggi, sulle lente ruote della ricostruzione della società, scorrono anche i processi di consolidazione della religione e delle rispettive comunità religiose. Si sta gradualmente trasformando la funzione "di conflitto" che la religione ha avuto durante la guerra in una funzione dagli scopi pacifici, fatto che di questi tempi post-guerra risulta contribuire al consolidamento della pace e dimostra la necessità di una reale tolleranza e convivenza interetnica. Oltre a questo, nella società si denotano anche processi di secolarizzazione. Ciò che in questo momento la politica deve alle comunità religiose è sicuramente libertà e diritti ai gruppi di minoranza, soprattutto in RS e in alcune zone della Federazione dove dominano rispettivamente la maggioranza ortodossa e cattolica. Questo rappresenta un problema aperto e molto serio, soprattutto considerato che si continuano a riprodurre politiche di opposizione ai gruppi di minoranza e che le Chiese, al di là delle dichiarazioni di intenti, non portano avanti alcuna campagna di tutela dei diritti delle minoranze religiose.
Oggi, quando le penne degli storici, dei sociologi, dei politologi e degli scrittori o saggisti nel mondo realizzano i propri studi e le proprie analisi dei risultati di questo "esperimento vivo" che è stata la guerra di Bosnia, scopriamo che fin dall’inizio della crisi tutti i fatti accaduti in Bosnia erano attentamente osservati, e che si guarda a questa guerra come ad un fenomeno propriamente balcanico.
Tutti coloro che scrivono negli ultimi tempi si ritengono sicuri dell’esistenza di un legame tra religione, politica e guerra, e sempre più si manifesta la tendenza a guardare freddamente gli eventi bosniaci in rapporto alle tre parti (confessionale: ortodossa, cattolica e musulmana; nazionale: Serbi, Bosnjaci e Croati) e alle responsabilità individuali, ammonendo rispetto alla reale paura dell’espansione dell’Islam in Bosnia.

Questo decennio dimostra chiaramente che sul piano mondiale le religioni e la politica si sono avvicinate molto con lo scopo di segnare confini tra civiltà, all’interno degli interessi globali delle forti realtà economiche. Purtroppo, la Bosnia Erzegovina è solo un terribile esempio di sacrificio…

Vedi anche:

Religione e politica in Bosnia-Erzegovina

Gli Accordi di Dayton

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