Rapporto Marty, le reazioni in Kosovo
Le accuse ad Hashim Thaci emerse dal rapporto presentato da Dick Marty, provocano in Kosovo una reazione compatta di diniego, nonostante le roventi polemiche del dopo elezioni. A prescindere dagli esiti legali, Thaci e il governo di Pristina ne escono indeboliti
Un rapporto fatto per danneggiare l’immagine del Kosovo. Questa la prima reazione del primo ministro kosovaro in pectore Hashim Thaci, al centro delle accuse del documento approvato dall’assemblea del Consiglio d’Europa, nel quale, tra l’altro, si parla di civili prima detenuti e poi uccisi per venderne gli organi da membri dell’UCK quando Thaci guidava l’Esercito di Liberazione del Kosovo.
E di certo, con il proprio uomo politico più in vista collegato ad efferate attività criminali, l’immagine del Kosovo ne è uscita scossa. Il 16 dicembre, cercando su Google, emergevano più di mille riferimenti alle accuse a Thaci di essere un “boss di tipo mafioso”, mentre la notizia è stata ripresa da tutti i principali network televisivi mondiali.
Situazione più che sufficiente per annullare la simpatia che il governo del Kosovo ha provato ad attirare negli ultimi due anni tramite costosi spot pubblicitari andati in onda sugli stessi canali tv.
Proprio nel periodo in cui Pristina ordinava la campagna, il senatore svizzero Dick Marty riceveva mandato dal Consiglio d’Europa di investigare sulle voci relative al traffico di organi.
In un rapporto di 55 pagine, Marty accusa Thaci ed ufficiali dell’UCK a lui fedeli di aver ordinato “omicidi, detenzioni, maltrattamenti e interrogatori” durante e dopo la guerra in Kosovo del 1999. Nel decennio successivo, Thaci sarebbe stato al centro di un gruppo dedito al traffico di droga.
Il rapporto indica poi che l’UCK avrebbe venduto organi di serbi del Kosovo, tenuti prigionieri in varie località nascoste tra le montagne dell’Albania settentrionale.
Il PDK, partito guidato da Thaci, ha festeggiato freneticamente nelle strade la vittoria nelle elezioni politiche del 12 dicembre, consultazioni segnate da numerose e gravi irregolarità. Dopo la pubblicazione del “rapporto Marty”, però, la gioia di Thaci si è presto spenta.
Thaci ha etichettato il rapporto come “mostruoso” e “scandaloso”. “Mi sento profondamente offeso dalle accuse infondate mosse contro di me e contro l’UCK, ma soprattutto contro il mio paese e il mio popolo”, ha affermato il primo ministro in pectore, aggiungendo che le accuse sono motivate politicamente.
Secondo Thaci il senatore Marty farebbe parte del gruppo degli “anti-Kosovo”, che avrebbero ostacolato il paese e insinuato ogni genere di accusa negli ultimi quindici anni. “Abbiamo una fruttuosa cooperazione con la comunità internazionale, quindi le accuse di Dick Marty sono rivolte anche contro gli Stati Uniti e gli altri amici internazionali del Kosovo”, ha dichiarato Thaci in un’intervista rilasciata al quotidiano Express.
Nella stessa intervista l’ex comandante UCK ha anche confermato quanto annunciate dal vice-premier Hajredin Kuci, e cioè che il governo di Pristina intende citare in giudizio sia Marty che il quotidiano londinese “The Guardian”, il primo a pubblicare stralci del rapporto contestato.
Secondo l’analista di Koha Ditore Augustin Palokaj, però, “un’eventuale battaglia contro ‘The Guardian’ sarebbe davvero ardua, visto che il governo del Kosovo non è certo considerato un modello per il rispetto e la salvaguardia del giornalismo”.
“Questo è un colpo contro l’intera nazione albanese” ha scritto in un suo editoriale Xhavit Haliti, uomo di fiducia di Thaci e uno degli accusati di aver fatto parte del cosiddetto “gruppo della Drenica”. “A prima vista sembra che il rapporto Marty voglia colpire l’UCK, ma in realtà è dichiaratamente anti-albanese e accusa direttamente gli stati di Kosovo e Albania”, scrive Haliti.
Molti lettori, però, hanno risposto accusando Haliti di non prendersi le proprie responsabilità personali e politiche, coinvolgendo invece l’intera nazione sulla questione.
Parlando ai media, Marty ha dichiarato che la decisione di rendere pubblico adesso il rapporto non ha alcun legame con le recenti elezioni politiche. Il rapporto doveva essere pubblicato nel giugno del 2010, ma la scoperta di nuove prove avrebbe poi fatto slittare la pubblicazione.
Nel suo rapporto il senatore Marty scrive: “Abbiamo ottenuto testimonianze e documenti da dozzine di fonti di prima mano, tra cui combattenti e affiliati di varie fazioni armate attive durante il conflitto in Kosovo, oltre che di soggetti vittime di crimini violenti sia in Kosovo che nei territori circostanti”.
Con “territori circostanti” Marty fa riferimento alla cosiddetta “casa gialla” nell’Albania settentrionale, dove i prigionieri sarebbero stati detenuti e ad una clinica vicino all’aereoporto di Tirana, dove gli organi sarebbero stati prelevati.
I media in Albania hanno fortemente criticato i propri rappresentanti politici per aver disertato la seduta del Consiglio d’Europa durante la quale il rapporto è stato approvato. Secondo i critici, questo significa che Tirana, nonostante le promesse, non è riuscita in nessun modo a fare lobby a favore del Kosovo.
In ogni caso, anche il governo albanese ritiene che le accuse siano false e politicamente motivate.
La stessa linea è stata fatta propria dai partiti politici kosovari, secondo i quali Marty è un oppositore dell’indipendenza del Kosovo con forti legami con la Serbia. Tutti hanno sminuito le voci che accostano l’UCK a comportamenti disumani come il traffico di organi. “L’UCK ha condotto una guerra di liberazione contro il regime di Slobodan Milosevic, e tutti gli attacchi che oggi subisce vengono dalla Serbia”, ha dichiarato Agim Ceku, ex comandante in capo dell’UCK e oggi leader del Partito Socialdemocratico.
Nonostante in Kosovo ci si trovi nel bel mezzo di un clima politico infuocato, dovuto alle numerose ed accertate irregolarità che hanno accompagnato le ultime consultazioni politiche, le prime dalla dichiarazione di indipendenza del febbraio 2008, anche i rivali di Thaci e del PDK hanno mostrato grande cautela nell’utilizzare il “rapporto Marty” come possibile arma politica.
Unica parziale eccezione il movimento “Vetevendosje”. “Nessuno può tentare di macchiare la lotta dell’UCK attraverso Hashim Thaci o qualsiasi altro individuo. Anche se alcuni possono aver abusato della guerra per benefici personali, questo non può essere confuso con la lotta del nostro popolo contro la violenza e la pulizia etnica”, sostiene Vetevendosje in un suo comunicato stampa.
Anche i media kosovari hanno fatto fronte comune sulla “guerra giusta” condotta dall’UCK, rifiutando ogni possibile chiave di lettura alternativa. In nessun editoriale, commento o articolo si faceva menzione del fatto che sta alla giustizia confermare o meno le accuse rivolte a Thaci e ai suoi collaboratori.
A riguardo, l’editorialista Binak Kelmendi, una delle rare voci discordanti, ha accusato le élite di Kosovo ed Albania di portare avanti una “politica totalmente egoistica di autocompiacimento” e di aver “chiuso gli occhi di fronte alla ‘casa gialla’”.
A prendere sul serio le accuse, almeno nelle dichiarazioni di intenti, è la missione Eulex. “La procura basa le sue indagini sulle prove. Se qualcuno può presentare prove concrete a supporto delle accuse presentate nel rapporto, deve farsi avanti presso le autorità preposte”, ha dichiarato l’ufficio pubbliche relazioni di Eulex.
Amnesty International ha già chiesto esplicitamente ad Eulex di far partire immediatamente indagini approfondite sul possibile coinvolgimento di Thaci in attività criminali.
Il rapporto al Consiglio d’Europa menziona anche un caso di traffico di organi al momento sotto inchiesta a Pristina, quello che ha coinvolto la clinica privata “Medicus”.
Durante la prima seduta in tribunale, sette degli accusati, tra cui un chirurgo di fama e un ex alto funzionario del ministero della Salute del Kosovo, hanno negato ogni coinvolgimento. Il presunto gruppo criminale era stato individuato nel novembre 2008, quando un giovane di nazionalità turca si era rivolto alla polizia dopo essersi sentito male. Il giovane avrebbe poi dichiarato che “gli era stato rubato un rene”.
I risultati dell’indagine di Dick Marty suggeriscono che uno dei membri del “gruppo della Drenica”, Shaip Muja, consigliere su temi riguardanti la salute del governo di Thaci, avrebbe partecipato alla creazione della clinica “Medicus” nei sobborghi di Pristina.
Secondo il portavoce di Eulex Karim Limdal, però, il caso “Medicus” e le indagini in Albania settentrionale non sono legati tra loro.
A prescindere dall’esito legale, le accuse di Dick Marty hanno colpito a fondo l’immagine del Kosovo, e soprattutto quella di Thaci, l’uomo che ha guidato il processo che ha portato il paese a dichiarare la sua indipendenza dalla Serbia.
Il principale compito del prossimo governo di Pristina, quello cioè di rafforzare e consolidare il paese a livello internazionale, diventa ora ancora più difficile.