Radovan Karadzic: lo si vuole veramente catturare?
Il nostro corrispondente da Mostar, Dario Terzic, ci fornisce una breve panoramica sui vari tentativi di arresto del ricercatissimo Radovan Karadzic. Tra dichiarazioni di principio e possibili connivenze.
Sicuramente è ancora fresco nella memoria il ricordo dell’ultimo tentativo – fallimentare – di arresto di Karadzic dello scorso febbraio. Quindi Karadzic è ancora in libertà, e rimane attuale la taglia di 5 milioni di dollari posta dal governo americano sulla sua testa e su quella di Ratko Mladic. I due sono ricercati da mezzo mondo, ma la persona che è sicuramente più interessata al loro arresto è senza dubbio Carla Del Ponte, Procuratrice generale del Tribunale Internazione per i crimini di guerra nella ex-Jugoslavia.
La Procuratrice generale del Tribunale Internazionale de L’Aja, Carla Del Ponte, è stata a Sarajevo il 17 aprile scorso e in tale occasione ha dichiarato che Karadzic sarà a L’Aja entro il 10 ottobre prossimo. Rispetto a Ratko Mladic, ritiene invece che si tratti di "un caso chiaro" perché si sa già dove si sta nascondendo e chi lo controlla, e quindi se ci sarà l’intenzione politica di farlo, anche lui finirà presto davanti al TPI. Pienamente d’accordo con la Procuratrice anche Wolfgang Petrisch, Alto Rappresentante per la Bosnia Erzegovina, e Jacques Paul Klein, coordinatore della missione delle Nazioni Unite in Bosnia. (Oslobodjenje, 18.04.2002)
Quale che sia il livello di interessamento e il numero di coloro che lo vorrebbero dietro alle sbarre, il fatto che non si sappia con precisione dove Radovan Karadzic si stia nascondendo è dimostrato dal fallimentare tentativo di cattura di pochi mesi fa. Infatti, a cavallo tra febbraio e marzo scorso, l’ex presidente della Republika Srpska è riuscito a sfuggire per l’ennesima volta alle Forze Speciali americane dello SFOR. E subito dopo il fallimento si è ricominciato a parlare di colpe dei francesi di stanza in Bosnia Erzegovina…
Alcune fonti menzionano un capitano francese (The Times, 4.03.2002) che si dice abbia informato la polizia della Republika Srpska dell’azione in preparazione. Alcuni uomini della polizia si sono messi in contatto con le guardie di Karadzic… e la fuga in tre macchine identiche partite dal villaggio di Celebici verso tre direzioni differenti ha lasciato gli americani a mani vuote. Ora ci si chiede: Karadzic è veramente fuggito in Montenegro? E come riuscire finalmente a catturarlo?
Radovan Karadzic è latitante dal 1996, quando sotto pressioni della comunità internazionale ha dovuto abbandonare la carica di Presidente della Republika Srpska ed essere sostituito dalla collega Biljana Plavsic, anche lei costituitasi poi nel 2001 davanti al TPI che la accusava di genocidio.
Numerosi in questi anni i tentativi di arresto di Karadzic, e sembra quest’ultimo sia stato in eterno movimento tra i monasteri del Montenegro e le foreste della Republika Srpska. "Karadzic si crede innocente e suicidarsi significherebbe per lui assumersi delle colpe che invece è convinto di non avere. Ma se si arrendesse, questo significherebbe la fine della sua missione nella quale fino ad oggi non ha smesso di credere – ha dichiarato un suo conoscente per il settimanale Dani del 6 luglio del 2001.
Le prime azioni internazionali per l’arresto di Karadzic risalgono all’estate del 1997. A quell’epoca egli viveva nella zona della Republika Srpska controllata dalle truppe SFOR francesi, con le quali non sempre sono intercorse cattive relazioni. E’ per questo che il generale Wesley Clark, allora comandante della NATO, criticava le unità francesi che oltretutto acquistavano carburante da Luka, fratello di Radovan. E’ per questo che l’azione di cattura programmata dalle forze americane dello SFOR nell’estate del 1997, venne annullata quando si era saputo che l’ufficiale francese Herve Gurmelion era in contatto con Radovan Karadzic (Slobodna Bosna 11.03.2002). Questo caso ha aperto un vero e proprio conflitto tra alleati francesi e americani. Sulla politica francese in Bosnia Erzegovina ha investigato in maniera approfondita il giornalista americano Chuck Sudetic, il quale ha riversato la colpa del massacro di Srebrenica sul generale francese Janvier (Slobodna Bosna, 7 marzo 2002).
Ma sul caso di Bernard Janvier e sulla collaborazione con la famosa spia francese di origine serba Jugoslav Petrusic Dominik, con due nazionalità, quattro passaporti e un passato di commerciante d’armi e di mercenario, potrebbe raccontare molto di più Karadzic se finisse a L’Aja. Lo stesso Karadzic infatti alcune volte ha sottolineato che il suo arresto sarebbe scomodo per alcuni paesi europei, come ha anche spiegato Petrusic dicendo che "dai suoi amici europei ha avuto garanzie che la causa contro di lui verrà respinta". In un’altra intervista rilasciata da Jugoslav Petrusic, detto Dominik, al giornale serbo Profil, egli racconta che il defunto Francois Mitterand era un grande amico del popolo serbo e che aveva fatta sua l’idea di dividere la Jugoslavia tra Serbi e Croati. Dominik ritiene inoltre, come apparso sempre su Slobodna Bosna del 7 marzo scorso, che è proprio a causa della morte di Mitterand che questo piano non si è mai realizzato.
Rimangono comunque oscuri anche altri aspetti. Sullo stesso numero di Slobodna Bosna, ma anche su diversi giornali croati e serbi, è apparso un articolo in cui si dichiara che durante l’azione di fine febbraio sono in realtà morti nove soldati americani ed una guardia del corpo di Karadzic. Già nel numero successivo dello stesso giornale, il generale John B. Silvestre ha smentito la notizia. Ma i giornalisti di Slobodna Bosna, conosciuti per la loro perseveranza, non gli hanno creduto e hanno risposto con la solita ironia: "Nell’aprile del 2000 sul nostro giornale abbiamo scritto che Karadzic si nascondeva a Celebici, e il Generale Wesley Clark ci rispose che se sapevamo qualcosa bastava informarli, che avremmo potuto guadagnare 5 milioni di dollari… Oggi si è visto che l’informazione era esatta, ma di soldi noi non ne abbiamo visti". E si chiedono per l’ennesima volta come è possibile che 15.000 soldati delle Forze di Stabilizzazione – e prima ce n’erano molti di più – non riescano ad arrestare Karadzic.
A parte la poca convinzione dei giornalisti di Slobodna Bosna, la situazione in Republika Srpska sembra essere cambiata realmente. Se ancora nel novembre scorso l’Alto Rappresentante Wolfganf Petrisch accusava il governo della Republika Srpska di aver mostrato scarsa collaborazione con la comunità internazionale, soprattutto con il Tribunale Penale Internazionale per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia, oggi invece pare che alcune strutture della Republika Srpska abbiano rinunciato ad offrire aiuto a Radovan Karadzic. Si parla addirittura di un possibile "tradimento" organizzato dal premier Mladen Ivanic, il quale aveva già mostrato disponibilità di collaborazione andando ad incontrare nel luglio dell’anno scorso a L’Aja la Procuratrice Del Ponte, e Dragan Kalinic attuale Presidente dell’Assemblea popolare della RS. Ma sono solo ipotesi che finora non hanno trovato alcuna conferma.
Nonostante il grande fallimento di fine febbraio, le forze internazionali non si arrendono, e i controlli nella zona di Foca e lungo la frontiera con la Serbia sono più serrati. Il portavoce dell’unità SFOR di stanza a Tuzla – David James – ha voluto sottolineare che si tratta di semplici controlli di automobilisti che le forze SFOR ogni tanto attuano senza preavviso. Perché c’è chi crede che Karadzic sia ancora in Bosnia Erzegovina, mentre i giornalisti di Slobodna Bosna lo considerano già arrivato e residente presso il Monastero ortodosso di Ostrog, vicino a Podgorica in Montenegro. Se ciò fosse vero, sovviene una domanda a cui non è facile rispondere: come sarà possibile arrestarlo, ora che si nasconde sul territorio di un altro stato?