Quell’Europa che abbatte i ponti

Dal primo gennaio 2008 la Slovenia, salvo ritardi, entrerà a pieno titolo tra i paesi Schengen. E si prepara ad essere confine esterno dell’area Ue di libera circolazione. Abbattendo ponti e bloccando sentieri

22/08/2007, Franco Juri -

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"Sono le direttive di Schengen, noi non possiamo farci nulla". Rispondono più o meno così i funzionari sloveni ai quali viene chiesto perché dal primo gennaio 2008 tutti i ponti sui fiumi che segnano il confine tra Slovenia e Croazia e non sono catalogati come valichi di frontiera verranno abbattuti.

Soprattutto quelli sui fiumi Kolpa (Kupa) e Sotla (Sutla). Di cui tre, presso le località di Hum e Strmec, sono stati già abbattuti. Tre piccoli ponti di legno sopravvissuti alla Seconda guerra mondiale, ma non all’Europa.

Sembra un piccolo remake dell’abbattimento dello "Stari most", il vecchio ponte di Mostar, ma questa volta in sordina e con regia UE.

La stampa slovena quasi non ne parla, il governo è laconico, ma le genti di confine che sin dai tempi jugoslavi ne fanno uso per comunicare, incontrarsi, lavorare o visitare i parenti dall’altra parte, protesta e si mobilita.

E’ gente che parla quasi gli stessi dialetti e i cui legami, anche famigliari, sono strettissimi. A Čedan, piccola località croata di confine sul Kupa (Kolpa) croati e sloveni hanno protestato insieme; sportivi, locali operatori turistici, giovani organizzati in due associazioni turistico-ricreative: la "Kupa" croata e la "Kostel" slovena. Erano in procinto di restaurare insieme il vecchio ponte di legno che collega le due sponde in una delle aree più suggestive della regione.

"Noi i ponti vogliamo costruirli e non abbatterli!", gridano all’unisono gli abitanti croati e sloveni di Čedan e Kostel guardando verso Lubiana e Bruxelles. Ma le loro voci fino a lì non arrivano. La Commissione Europea vuole, anzi esige, che la nuova linea di Schengen, prevista lungo il confine sloveno-croato a partire dal 2008, salvo nuovi ritardi, sia "controllabile al massimo" e quindi senza ponti né strade o sentieri dove non ci siano valichi ufficializzati.

In cantiere c’è pure il progetto di interrompere, con veri e propri ostacoli fisici, anche la viabilità di tanti sentieri incostuditi che attraversano il confine, usati dalla popolazione locale. Il muro di Schengen non ha pietà e non vuol sentir ragioni.

La Slovenia ha faticato persino a far accettare ai burocrati dell’UE l’accordo di piccolo traffico di frontiera e cooperazione (SOPS) stipulato con la Croazia nel 1994 ma ratificato ed entrato in vigore solo sette anni più tardi a causa delle scaramucce e dei contenziosi tra i due stati ex jugoslavi.

Il SOPS, nato sulla falsariga di analoghi accordi tra l’ex Jugoslavia, l’Italia e l’Austria, rende più facile la vita e la comunicazione tra le popolazioni locali a cavallo del confine. Prevede delle agevolazioni doganali per gli abitanti dell’area interessata, una maggior permeabilità, con l’apertura di valichi non internazionali destinati esclusivamente alla popolazione locale e regolarizza l’uso dei terreni coltivati e delle proprietà che spesso si estendono oltre confine.

Questi accordi furono determinanti nello sviluppo delle aree di frontiera italo-slovene e sloveno-austriache. Il governo di Lubiana, a sua detta, ha dovuto faticare per far accettare il SOPS dalla Commissione europea. Ma i ponti e i sentieri che non passano attraverso i valichi internazionali e locali (60 in tutto lungo 670 km di frontiera) quelli no che non li può difendere dai dettami di controllo e sicurezza di Schengen.

La Slovenia è un paese di transito, l’impatto delle migrazioni da sud-est verso l’UE che passano per i Balcani la coinvolge in pieno e poi c’è la preoccupazione crescente per il t[]ismo e la crminalità organizzata. Ma non è difficile notare anche che la Slovenia, il ruolo di vedetta e guardia confinaria europea, lo vuole assumere in pieno e con uno zelo ispirato pure dai contenziosi con la Croazia, quello di frontiera inanzitutto. L’aspetto meno chiaro infatti del prossimo spostamento sud-orientale di Schengen è la (ancora) mancata definizione del confine di mare e di terra tra Slovenia e Croazia
Il confine sarà deciso da un arbitrato internazionale
Nell’attesa di Schengen, Lubiana e Zagabria, dopo sedici anni di contenziosi ormai inaciditi, sembrano decise a scegliere la via dell’arbitrato o di un procedimento giudiziario internazionale.

La Slovenia, fin’ora più restia in quanto convinta di poter risolvere il contenzioso a suo favore in ambito UE, ora scioglie ogni remora e propone la Corte per la riconciliazione e l’arbitrato dell’ OSCE guidata da Robert Badinter, lo stesso giudice francese che segnalò, nel 1992, con la sua commissione di arbitrato voluta dalla Comunità europea e dall’ONU, la fine della Jugoslavia e l’opportunità di riconoscere la Slovenia e la Croazia in base al reciproco riconoscimento del confine lungo la linea che divideva le due repubbliche jugoslave.

Ora la la Croazia sostiene che l’oggetto di un arbitrato dovrebbe essere solo l’inesistente confine di mare da stabilire presso il Tribunale per il diritto marittimo di Amburgo, mentre la Slovenia, politicamente compatta sul proprio teorema, sostiene che non è stabilito nemmeno il confine terrestre e che quindi bisogna arbitrare su tutta la linea di frontiera.

Sul negoziato che negli ultimi giorni sembra aprire degli spiragli incoraggianti, lasciando intravedere il compromesso di un procedimento su tutto il confine presso la Corte di giustizia dell’Aia, incombe però ancora l’ombra delle intercettazioni telefoniche che dimostrerebbero – secondo le accuse lanciate dall’ex premier Tone Rop – che il premier croato Ivo Sanader e quello sloveno Janez Janša (ai tempi del misfatto leader dell’opposizione), si accordavano, a pochi giorni dalle elezioni slovene del 2004, sugli incidenti nel golfo di Pirano.

A settembre la commissione parlamentare d’indagine continuerà ad appurare la verità. Compito non facile vista la situazione caotica in cui sta scivolando la SOVA (i servizi segreti sloveni) nei cui uffici segreti, secondo l’ opposizione, si stanno bruciando chili di documenti, verbali e registrazioni compromettenti. E si avvicinano pure due importanti scadenze elettorali; le elezioni presidenziali di ottobre in Slovenia e quelle politiche di novembre in Croazia. Anche i tempi per un pacato accordo sull’arbitrato internazionale si fanno stretti.

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