Quei cento metri di distanza dall’UE

Mentre la Croazia si avvia verso l’UE, il parlamento croato adotta una legge sulla restrizione al diritto d’assemblea pacifica, limitando lo spazio delle manifestazioni a 100 metri dagli edifici delle maggiori istituzioni del paese. Una parte della popolazione denuncia l’incostituzionalità di questa misura. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

28/10/2005, Redazione -

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Membri dell'inziativa civica davanti al parlamento croato

Da Zagabria, scrive Stefania Macchioni*

Giovedì scorso, 20 ottobre 2005, è iniziata per la Croazia la cosiddetta fase dello "screening": per un anno i funzionari dell’Unione europea analizzeranno la legislazione croata per individuare le aree in cui è necessario concentrarsi, perché questa riesca a recepire la legislazione europea.

Il sì della Capo Procuratrice del Tribunale dell’Aia Carla Del Ponte e il sì della conferenza intergovernativa dei ministri degli esteri degli stati membri dell’Unione europea tenutasi in Lussemburgo il 3 ottobre, fa pensare che la Croazia abbia compiuto passi importanti in direzione dell’Unione europea, tali da fare iniziare i negoaziati di accesso.

Vi è, però, una parte della popolazione croata che, nonostante le parole a garanzia dei progressi compiuti spese da Sanader e dal suo governo, ritiene che la loro percezione del rispetto dei diritti umani contrasti con l’impegno dimostrato in questi anni dai partiti politici e da gran parte della società nello sviluppare una consapevolezza sui valori democratici.

Il 25 luglio scorso, infatti, il Parlamento croato ha approvato una legge (90/2005) che modifica la legge 128/1999 sul Diritto all’assemblea pacifica. Il nuovo testo di legge sancisce che le proteste pacifiche non potranno essere condotte "a meno di 100 metri dal luogo in cui sono situati il Parlamento croato, la Presidenza della Repubblica di Croazia, il Governo della Repubblica di Croazia e la Corte Costituzionale delle Repubblica di Croazia" (art. 6, comma 1), i cui palazzi circondano Piazza San Marco (Trg Svetog Marka). Inoltre, alle proteste che avvengano entro tale limite, non viene applicato il significato di proteste pubbliche enunciato all’art. 4, comma 1 della legge 128/1999, il quale afferma che per protesta pubblica si intende una riunione di un numero minimo di venti persone. In tal modo, anche una singola persona che protesti a meno di cento metri dai suddetti edifici può essere perseguita per avere violato tale legge.

Il governo croato ha fornito, quale spiegazione per una tale restrizione, ragioni di sicurezza globale. Infatti, dopo gli attentati che hanno colpito la città di Londra il 7 luglio scorso, ha ritenuto necessario attuare tali misure per prevenire attacchi t[]istici, appellandosi all’art. 16, comma 1 della Costituzione della Repubblica di Croazia, che afferma che "le libertà e i diritti possono essere limitati dalla legge solo per proteggere le libertà e i diritti degli altri, l’ordine pubblico, la moralità pubblica e la salute".

Una parte della popolazione croata, compresi l’autorevole Croatian Helsinki Committee for Human Rights e altre organizzazioni della società civile, invece, ha percepito queste restrizioni come una violazione dei diritti umani. Per questo motivo, il 2 agosto scorso, all’entrata in vigore della nuova legge, numerosi esponenti della società civile croata e alcuni esponenti politici hanno dato vita ad un’iniziativa civica dal nome "Matija Gubec".

Una delle organizzatrici di tale iniziativa, la ricercatrice e attivista Marina Škrabalo, ha affermato che "oltre ad essere stata approvata senza la maggioranza dei parlamentari (76 invece di 77), questa legge viola completamente i diritti dei cittadini, in quanto, nonostante il comma 1 dell’art. 16 della Costituzione preveda che possano essere poste restrizioni alle libertà e ai diritti dei cittadini, al comma 2 viene anche detto che tali limitazioni debbano essere proporzionali alla natura della causa della restrizione, particolare non presente in Croazia, in quanto non sussiste alcun pericolo di attentati t[]istici".

I cittadini intervenuti all’iniziativa, infatti, percepiscono questa legge più come espressione della volontà del governo di limitare qualsiasi tipo di riunione pubblica laddove la scorsa primavera, per più di un mese, si è svolto lo sciopero dei dipendenti di una delle più importanti industrie alimentari croate, la Sljeme. Venduta dallo Stato alla Finagra a causa degli ingenti debiti contratti negli anni, tale compagnia aveva deciso di licenziare 360 lavoratori. Dal 27 aprile al 2 giugno gli scioperanti della Sljeme hanno occupato la Piazza San Marco, di giorno e di notte, dormendo, manifestando e, semplicemente, vivendo in questa piazza per tutto l’arco dello sciopero. "Per dire la verità, il governo ha elaborato questa legge perché non vuole esporre se stesso e la sua immagine quando i rappresentanti dell’UE sono qui in Croazia", ha precisato Dražen Puljić, uno dei partecipanti all’iniziativa. Il governo croato, infatti, ha fatto in modo che tutti i 360 lavoratori ottenessero ciò che chiedevano, cosa che perciò ha posto fine allo sciopero, esattamente un giorno prima della visita della Capo Procuratrice del Tribunale dell’Aia Carla Del Ponte.

"Per giustificare questa legge il governo ha affermato che questa misura si è rivelata necessaria per prevenire attacchi t[]istici dopo l’11 settembre del 2003!!! È così interessato alla Global Security che sbaglia addirittura nel riferirsi agli attentati negli Stati Uniti!", ha sottolineato Marina Škrabalo.

Dopo la prima fase dell’iniziativa "Matija Gubec" in agosto, ne è seguita una seconda il 21 settembre, all’apertura dei lavori del Parlamento. "Con queste iniziative noi vogliamo forzare, stimolare e incoraggiare i partiti dell’opposizione politica a non dimenticare questa legge. Il governo, infatti, è stato molto furbo in questa occasione. Ha aspettato l’estate per emanare questa legge ha presentato la bozza di legge il 12 luglio, tre giorni prima della chiusura della sessione del Parlamento, n.d.a., così che la popolazione e i partiti politici non avessero la forza, ma nemmeno la voglia di reagire e che questa legge finisse nel dimenticatoio. Per questo motivo protesteremo ad ogni apertura delle sessioni del Parlamento, finchè non aboliranno questa legge, per fare in modo che nessuno dimentichi che in Croazia c’è una legge del genere in vigore. Per ora abbiamo ottenuto il sostegno dal Partito Social-democratico, dal Partito Popolare e dalla Dieta Democratica Istriana. Ciò che vorremmo dai partiti è che comincino un’attività di lobbying in Parlamento, che portino il dibattito parlamentare su questa questione", ha continuato Marina Škrabalo.

Inoltre, ciò che i promotori di questa iniziativa civile intendono porre in risalto è che questa legge è un insulto a tutti coloro che in questi anni hanno organizzato manifestazioni in questa piazza, dai lavoratori della Sljeme e ai poliziotti, dalle organizzazioni di tutela dei diritti delle donne alle organizzazioni ambientaliste, fino ad arrivare alle organizzazioni di difesa dei veterani e delle famiglie di coloro che sono morti durante la guerra d’indipendenza. "Questa legge umilia tutta la Croazia, tutti i cittadini croati, perché li paragona tutti a dei t[]isti. Questa legge contribuisce, inoltre, a creare una cultura della paura. Creando questo stato di cose il governo può utilizzare qualsiasi scusa per fare quello che vuole", ha affermato Marina Škrabalo.

A livello simbolico questa piazza è ritenuta particolarmente importante, visto che "le principali proteste sono state organizzate da sempre in questa piazza", come ha affermato Dražen Puljić. Tale piazza, oltretutto, è considerata il simbolo di tutte le proteste, in quanto, nel 1573, Matija Gubec, il leader delle proteste contro i feudatari, fu giustiziato a 30 metri da dove oggi si trova la sede del Parlamento.

Marina Škrabalo ha proseguito dicendo che non vi erano i motivi istituzionali per una tale restrizione al diritto d’assemblea pacifica, anche perché "nonostante il nostro paese sia una paese che sta ancora affrontando un dopo guerra, con tutte le problematiche che questa situazione comporta, tutte le proteste che si sono svolte in Croazia non hanno mai dato luogo ad episodi di violenza. È perciò imbarazzante avere una legge del genere, che dipinge i croati tutti come possibili t[]isti e che abbia al suo interno esplicite violazioni dei diritti umani proprio alla vigilia dei negoziati con l’Unione europea".

Dražen Puljić ha aggiunto, inoltre, che "tale legge, oltre ad essere assurda, è anche inefficiente. Avvicinarsi al Parlamento è proibito solo a coloro che protestano, non ai turisti, o presunti tali. I protestanti se osano avvicinarsi vengono fermati, mentre i turisti possono anche portare con sé una bomba di fronte al Parlamento, tanto non vengono controllati, nonostante, a livello ufficiale, questa legge sia il prodotto di una strategia di prevenzione del governo croato contro possibili attentati t[]istici. Per la sicurezza questa legge non è affatto appropriata, perchè non parla di sicurezza durante i tempi normali, ma è solo una precauzione in caso di manifestazioni".

Dražen Puljić, inoltre, ha sottolineato il fatto che, dopo che per anni i politici croati e soprattutto Sanader si "sono riempiti la bocca" di parole quali democrazia, diritti umani e libertà, è indicativo che gli attuali dirigenti dello stato non si siano nemmeno accorti che potevano usare queste proteste come un esempio di democrazia, come un esempio di libertà di protesta contro il governo e di attiva partecipazione del popolo croato alla vita politica. "Non hanno pensato al futuro", in quanto questi elementi sono ritenuti di particolare importanza dall’Unione europea per valutare il livello di democrazia all’interno di uno stato.

In altri paesi sono state poste restrizioni dopo gli attentati t[]istici di Londra, in quei paesi considerati a rischio attentati. Secondo i cittadini che hanno partecipato a quest’iniziativa, però, la Croazia non corre assolutamente il rischio di essere oggetto di attentati, anche perché non è coinvolta come paesi quali la Gran Bretagna e l’Italia in Iraq.

La Croazia, quindi, si presenta all’Unione europea con una legge che vieta, in sostanza, le proteste non solo nella piazza sede delle principali istituzioni croate, ma, effettivamente, date le dimensioni ridotte di tale luogo, in tutta la Città Alta (Gornji Grad) di Zagabria, la parte storica della capitale croata, il cuore della vita politica del paese candidato all’ingresso in Unione europea.

*Rappresentante ADL Sisak

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