Quanti bulgari vivono in Europa?

La Bulgaria soffre di una emorragia da emigrazione. Tuttavia, le ragioni per cui si emigra sono diverse, e il fenomeno è molto più complicato di quanto non appaia

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trammy/Shutterstock)

(Originariamente pubblicato da Capital , nell’ambito del progetto EDJNET )

Bulgari all’estero. E’ il grande dolore dell’economia bulgara per la quale la mancanza di lavoratori sta diventando un problema cronico. Ed è la grande speranza per tutte le persone rimaste in Bulgaria: in tutte le elezioni, si guarda subito quanti bulgari residenti all’estero hanno votato, e come hanno votato, nell’aspettativa che il cambiamento verrà da fuori. Naturalmente, nello stile di vita moderno, non ci sono più ostacoli insormontabili tra qui e là, e ognuno sceglie di chiamare la propria scelta emigrazione o solo mobilità. Ma quanti bulgari vi sono al momento nel resto d’Europa e quali sono le tendenze della loro mobilità?

La risposta breve è: circa 900.000. Questo è il numero citato dal direttore di Eurostat Mariana Kotseva che, in un’intervista rilasciata a bTV, ha specificato che si tratta di bulgari che vivono regolarmente in altri paesi dell’UE.

Un rapporto Eurostat sulla mobilità del lavoro in Europa, pubblicato nel luglio di quest’anno, rivela ulteriori dettagli. Negli ultimi dieci anni, da quando i bulgari hanno il diritto di circolare liberamente nell’UE, la percentuale di cittadini che hanno beneficiato della possibilità di vivere e lavorare in un altro paese è raddoppiata. Pertanto, nel 2018, circa il 13,3% della popolazione bulgara in età lavorativa (20-64 anni) è risultato risiedere all’estero. Nello stesso anno i cittadini "più mobili" dell’Ue sono risultati, per fare un raffronto, i rumeni: circa un quinto della popolazione totale del paese vive altrove in Europa.

I dati mostrano anche che tra i cittadini bulgari che hanno beneficiato dell’opportunità di emigrare, sono in maggioranza quelli poco qualificati. Il numero di bulgari con istruzione primaria che migra verso altri paesi è aumentato del 10,4% nel periodo 2008-2018. Allo stesso tempo, i tassi di occupazione in Bulgaria sono più elevati rispetto a quelli dei bulgari cittadini residenti in altri paesi Ue. Secondo Eurostat, ciò significa che la migrazione da paesi come la Bulgaria è motivata da ragioni diverse dalla ricerca di lavoro (ad esempio ricongiungimento familiare, istruzione, o prepensionamento).

È anche interessante guardare ai diversi paesi di destinazione. La Germania è il paese preferito dagli emigranti, vi vivono, nel 2019, circa 340.000 bulgari. Un numero in crescita di ben 30-40.000 unità all’anno. Se i bulgari in Germania continuano ad aumentare a questo ritmo, l’intera popolazione di una città come Varna (la terza città più popolosa in Bulgaria) vivrà presto lì. L’età media dei bulgari che vivono in Germania è, secondo la NSI tedesca, di 32,4 anni.

Anche il Belgio, sempre secondo Eurostat, è attualmente tra le principali destinazioni di lavoro dei bulgari, con un totale di 37.000 persone che vi risiedono nel 2019. Secondo quanto testimoniato da vari cittadini bulgari residenti all’estero la maggior parte trova impiego nel settore dell’edilizia, in quello alberghiero, nella ristorazione e nei servizi cosmetici.

Un paese meta tradizionale per l’emigrazione di lavoratori bulgari, come la Spagna, registra invece un sensibile deflusso rispetto al 2009, l’anno di punta per la presenza di cittadini bulgari nel paese (circa 151.000). Ad oggi, il numero di bulgari è diminuito di quasi 29.000 unità. E’ il risultato della lunga recessione dell’economia spagnola e del crollo del settore delle costruzioni, in cui era impiegata una grande percentuale di cittadini bulgari. Alcuni di loro sono tornati in Bulgaria, altri sono andati in altri paesi europei.

Secondo Anna Krasteva, ricercatrice esperta in migrazioni, sempre più bulgari si "adeguano alla mobilità". I loro progetti di migrazione non sono quindi definitivi e sono spesso soggetti a evoluzioni: ad esempio, la mobilità educativa può trasformarsi in migrazione familiare, il lavoro temporaneo all’estero può portare a un lavoro stabile, oppure il successo professionale all’estero continua con un successo professionale nel paese di origine.

In che modo le persone guardano alla loro mobilità? La definizione di "emigrante" è obsoleta? E in che misura la Bulgaria è presente in come i bulgari emigrati guardano al loro futuro? Per rispondere a queste domande, abbiamo intervistato una serie di cittadini bulgari sparsi per l’Europa. Ecco le loro opinioni.

Tihomir Genev, 33 anni, insegnante di inglese

Vivo in Spagna da 13 anni. I miei genitori già vivevano lì ed è stata la soluzione più naturale raggiungerli. Ci sono prospettive di sviluppo e crescita professionale qui, se si studia o lavora sodo.

Io mi definisco come uno spagnolo bulgaro o un bulgaro spagnolo. La Bulgaria è viva principalmente nei miei ricordi. Non vedo il mio futuro in Bulgaria, non perché non ami il mio paese, ma perché sarebbe difficile vivere in mezzo a persone che si arrangiano come possono. E in un paese che si identifica più con i suoi vizi che con le sue virtù.

La presenza bulgara in Spagna sta diminuendo perché uno dei pilastri principali dell’economia spagnola prima della crisi del 2008 era costituito da progetti edili di costruzione e infrastrutture. Dopo la crisi, molte persone nell’edilizia e nei settori ausiliari hanno perso il lavoro: una parte considerevole degli emigranti bulgari era impiegata in questo settore. Inoltre, la crisi ha avuto l’effetto di abbassare i redditi, il che ha fatto sì che una parte degli emigranti bulgari si ritrovasse a percepire salari ridotti. Questi hanno così fatto la scelta logica di tornare in Bulgaria.

Dimitar Gamizov, 28 anni, architetto, Vienna, Austria

Vivo in Austria da poco più di otto anni. Ho deciso di venire qui dopo non essere stato ammesso a studiare architettura all’UACEG (Università di architettura, ingegneria civile e geologia) di Sofia. Ho deciso di andare a Vienna e mi sono recentemente laureato all’Università Tecnica. Attualmente lavoro come architetto in un piccolo studio austriaco. Le condizioni di vita in Austria possono essere descritte come pacifiche, e Vienna guida la classifica per "la migliore città in cui vivere". Tutto qui funziona e si sente che le istituzioni sono presenti.

Desidero molto tornare in Bulgaria e contribuire allo sviluppo dell’architettura nel mio paese, ma per il momento ci sono alcuni ostacoli. Innanzitutto, penso di avere altro da imparare qui. In particolare l’ambito dell’architettura in Bulgaria non favorisce il percorso di sviluppo dei giovani architetti. Tuttavia, ho un grande desiderio di realizzare progetti in Bulgaria nel prossimo futuro. Spero di vedere più concorsi di progettazione architettonica perché sono uno dei metodi principali con cui i giovani possono esprimersi. Spero anche in una società civile più attiva. Questo cambiamento è ciò che la maggior parte di noi vuole. Seguo tutto ciò che sta accadendo in Bulgaria, ed il paese è sicuramente presente nei miei piani per il futuro.

Boris, 21 anni, autista di carrelli elevatori, Scozia

Sono andato in Germania a 16 anni, senza un diploma di scuola superiore. Ho studiato fino alla seconda superiore. La ragione per cui me ne sono andato dal mio paese è che volevo guadagnare adeguatamente. In Bulgaria, molte persone si chiedono come far quadrare i conti e io non volevo essere uno di loro. Ho cambiato molti lavori. In Germania ho lavorato in una struttura di gioco d’azzardo, e qui in Scozia ho lavorato nell’industria alimentare, alcolica e nella macelleria. Attualmente guido carrelli elevatori per IKEA.

Mi piace molto di più qui, dove l’assistenza sanitaria è di livello superiore, e i salari sono migliori. Penso di vivere qui o in qualche altro paese. Non vorrei tornare in Bulgaria perché la maggior parte dei miei amici non vive più lì ed è difficile vivere da soli, soprattutto perché ho trascorso così tanto tempo all’estero. Non vedo perché dovrei tornare – non c’è la possibilità di avere un buon stipendio, né di vivere in un contesto ordinato e pulito.

Radina Kraeva, 33 anni, in congedo di maternità, Belgio

Vivo in Belgio da 13 anni. Sono stata in congedo di maternità per 3 anni, ma a settembre ho iniziato a lavorare all’aeroporto Zaventem di Bruxelles. Forse all’inizio mi definivo come immigrata, ma non è più così dal momento che vivo, lavoro, e allevo i miei figli qui. Allo stesso tempo, ho provato a integrarmi. Ma la Bulgaria è presente nei miei piani – sempre. Spero di tornare definitivamente nel mio paese tra qualche anno. Finora non ne ho l’opportunità perché i miei figli vanno a scuola qui ma, ovviamente, ognuno dei miei tre figli parla il bulgaro come prima lingua.

Per diversi anni il Belgio è diventato uno dei paesi meta d’emigrazione in Europa. Penso che la ragione sia che molti bulgari come me, che hanno vissuto qui per molti anni e hanno costruito le loro famiglie qui, stanno in qualche modo cercando di aiutare i loro cari: genitori, fratelli, sorelle. E poiché qui in Belgio ci sono opportunità di sviluppo personale molto maggiori rispetto che in Bulgaria, la gente sta lentamente venendo richiamata qui, come io ho fatto con mio fratello sette anni fa: ora tutta la sua famiglia è qui.

Radina Ralcheva, esperta di relazioni pubbliche, Germania

Mi sono trasferita in Germania nel maggio 2017. La mia decisione è stata frutto di lunghe riflessioni. L’atmosfera in Bulgaria era diventata per me insopportabile. Dati i molti anni che avevo investito nel servizio pubblico e la direzione disperata in cui si stava muovendo il paese, ho deciso che non avevo più tempo personale per sforzi inutili.

Faccio la stessa cosa che facevo in Bulgaria, ma a un altro livello. Sono attualmente all’EMEA come responsabile delle comunicazioni in Corning, una grande azienda B2B che fa parte della Fortune 500. Sono molto contenta sia in termini di interesse professionale, sia per il fatto che stiamo parlando di un ambiente internazionale, globale, e mi piace molto.

La Bulgaria rimane la mia patria. Seguo ciò che sta succedendo lì. Ma, per ora, non ho piani relativi alla Bulgaria, se non di tornare di tanto in tanto a vedere la mia famiglia e i miei amici. Perché è così? La mia risposta è semplice: non sopporto ciò che sta accadendo al paese.

Christian Georgiev, 21 anni, barman e studente, Regno Unito

Ho vissuto nel Regno Unito per 3 anni. Sono venuto qui per studiare cinema e per il momento non ho intenzione di tornare, ma penso che in Bulgaria l’industria cinematografica sia in un periodo florido e questo potrebbe essere un buon motivo per rientrare. Già dal primo anno in cui sono arrivato, ho iniziato a lavorare come barman, in modo da potermi mantenere. Il mio stipendio è minimo, ma è abbastanza per vivere bene. Vorrei tornare a casa un giorno, ma dipende principalmente dagli sviluppi che avrà la mia carriera. Con l’avvento della Brexit, il flusso di migranti sarà certamente ridotto e i percorsi dei singoli potrebbero essere compromessi.

 

 

INTERVISTA

Anna Krasteva, per chi ha 30-40 anni la migrazione è un secondo inizio professionale

Anna Krasteva insegna al Dipartimento di Scienze politiche della Nuova Università bulgara. I suoi principali interessi di ricerca riguardano, fra gli altri, le politiche migratorie e per i rifugiati, e le politiche per i bulgari all’estero. Il suo ultimo libro, "Dalla migrazione alla mobilità", tratta il modo in cui pensiamo alla migrazione e come la gestiamo. Ha conseguito una laurea in filosofia presso l’Università Saint Kliment Ohridski e un master in informazioni specializzate presso l’Università Claude Bernard, Lione, Francia.

Quali tendenze generali si possono individuare nelle dinamiche migratorie dei bulgari?

Il passaggio dalla migrazione alla mobilità è una tendenza significativa. Sempre più bulgari si "accontentano della mobilità" in un’ampia varietà di progetti mobili. Un’altra forma curiosa è il transnazionalismo: un lavoratore ad esempio per sei mesi guida un taxi nel proprio paese, dove si trova la sua famiglia, e per gli altri sei mesi lavora nelle serre in Polonia, per garantirsi uno standard di vita più adeguato alle sue aspettative. Molti 30-40enni usano la migrazione come secondo inizio professionale – hanno un buon lavoro e uno stipendio a casa, ma c’è il desiderio di un balzo in termini finanziari e professionali che solo un ambiente di lavoro più sviluppato e dinamico può catalizzare.

La migrazione è sia libertà, che opportunità di sganciare il proprio sviluppo personale dal proprio paese d’origine. È un’enorme risorsa che i migranti possiedono e consumano in forme creative. E la cosa più interessante è che queste decisioni potrebbero non essere definitive e che i progetti di migrazione possono essere trasformati: la mobilità educativa muta in migrazione familiare, il lavoro temporaneo all’estero porta a un lavoro stabile, il successo professionale all’estero continua con un successo professionale nel paese di origine.

I dati Eurostat mostrano che la maggior parte dei bulgari che hanno lasciato il paese negli ultimi 10 anni sono scarsamente qualificati. Perché?

Diplomi, lingue e qualifiche sono il capitale sociale che facilita la migrazione di persone altamente qualificate ed è per questo che è successo prima e più velocemente per loro, e continua ancora oggi. Le persone poco qualificate godono invece di un diverso tipo di capitale sociale – le reti di migranti: i loro parenti, vicini di casa, amici, conoscenti sono già all’estero e aiutano i nuovi migranti a scegliere una destinazione e consentono loro un accesso più rapido agli alloggi e al lavoro. Se si può ottenere il doppio per lo stesso lavoro, perché non lasciarlo, se si può ottenere di più per un lavoro meno qualificato, perché non cambiarlo (da insegnante di scuola materna a babysitter, da capomastro a operaio edile). Sempre meno bulgari sono disposti ad essere in quel 30% dei loro concittadini che non sono in grado di andare in vacanza nemmeno una volta all’anno. Vogliono una paga decente e vogliono vivere al massimo, oggi e ora.

Quali effetti ha questo cambiamento sulla società?

Invece che sulla costa bulgara del Mar Nero, i bulgari che sono giovani e i giovani di spirito scelgono di lavorare nel settore turistico, agricolo o delle costruzioni in Grecia, Italia, Spagna. E sulla costa nazionale bulgara del Mar Nero, turismo e edilizia assumono sempre più forza lavoro immigrata dall’Ucraina, dalla Moldavia. La migrazione è un fenomeno fluido con l’enorme potenziale di colmare lacune e nicchie nel mercato del lavoro.

Come si inserisce la Bulgaria nel fenomeno migratorio europeo che descrive nel suo libro?

L’immigrazione e la mobilità sono l’europeizzazione più attraente perché viene fatta dal basso dai cittadini. La Bulgaria partecipa al fenomeno migratorio europeo in tre modi: emigrazione, immigrazione e diaspora impegnata. I bulgari mobili godono del diritto alla libera circolazione e all’accesso al mercato del lavoro nelle classiche destinazioni migratorie europee come Germania, Francia, Regno Unito, e ancora di più nei nuovi giganti migratori del Mediterraneo – Spagna, Italia e Grecia.

La Bulgaria, invece, è una destinazione attraente per esperti, manager, e dipendenti europei in aziende straniere. Una curiosa tendenza è che dopo la fine del loro contratto alcuni scelgono di rimanere in Bulgaria. Ancora più importante, il numero relativamente piccolo di immigrati in Bulgaria – circa 150.000 – è molto ben integrato. Hanno le proprie aziende o lavorano in aziende di altri immigrati. Inoltre, parlano bulgaro e sono affezionati alla loro seconda patria. La Bulgaria può essere orgogliosa dell’integrazione positiva dei suoi pochi immigrati, ed è sorprendente che non lo sia.

La terza forma è la diaspora impegnata: molti emigrati bulgari che si stabiliscono permanentemente all’estero rimangono permanentemente connessi alla loro patria attraverso cause e attività civili, eventi di beneficenza, presenza dei media, ecc.

Secondo la sua ricerca, il numero di persone che ritornano nel Paese è in aumento? Perché? 

Il ritorno in patria è talvolta definitivo, più spesso invece è una fase delle traiettorie di mobilità, ed è la seconda tendenza ad essere quella più interessante e caratteristica. Ad esempio, nonostante abbia un buon lavoro e un compagno bulgaro in una dinamica città europea, una giovane avvocatessa decide di tornare in Bulgaria. Non per sempre, solo fino alla prossima fase esistenziale-professionale.

Con i soldi risparmiati mentre si è lavorato all’estero, la persona rom ha lasciato il suo vecchio quartiere e ha acquistato un appartamento in un’altra parte della città natale, trasformando il ritorno in un nuovo inizio.

Un ingegnere in pensione, dopo un decennio di carriera transatlantica, ritorna in Bulgaria, dove la sua famiglia ha vissuto a lungo – prima nel vortice della capitale, poi nella tranquillità della sua città natale. Un esperto del turismo perde il lavoro dopo la crisi e ritorna fino a quando i suoi ex datori di lavoro non lo mettono in contatto con dei partner in un altro paese europeo, dove si stabilisce con successo dopo un breve soggiorno in Bulgaria. Una brava commerciante apre una piccola attività che vende frutta e verdura al suo ritorno, e tutti i clienti godono del servizio "tedesco".

Il ritorno in patria ha molte facce: a volte può essere definitivo nel più forte senso esistenziale di "morire a casa", altre volte è l’inizio di un nuovo progetto professionale, ancora più spesso è una sosta su strade mobili. È anche curioso che molti che non tornano vorrebbero farlo, ma non possono accettare di lavorare in un paese trincerato, caratterizzato dalla corruzione, perché sono abituati a vivere secondo le regole e ad essere meritocraticamente giudicati secondo i propri risultati professionali. Questi meritevoli bulgari europei sono un capitale enorme. Se un giorno una Bulgaria riformata riuscirà ad attirarli, il loro ritorno sarà un grande riconoscimento del fatto che il paese si è liberato della mafia e della corruzione e che è stato restituito ai suoi cittadini.

Questo articolo è pubblicato in associazione con lo European Data Journalism Network  ed è rilasciato con una licenza CC BY-SA 4.0

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