Quando la biennale è a Tirana
E’ divisa in episodi e il primo è stato inaugurato lo scorso 18 settembre. L’edizione di quest’anno della Biennale di arte contemporanea di Tirana prova a stimolare il dibattito sullo sviluppo urbano. Un’intervista al suo direttore Edi Muka
TICAB sta per "Tirana International Contemporary Art Biannual". Quest’anno si svolge la seconda edizione curata da Edi Muka, Joa Ljungberg e Corinne Diserens.
Come è strutturata la TICAB di quest’anno?
La biennale di quest’anno conserva qualcosa dell’edizione dell’anno scorso. Vi sono ad esempio più inaugurazioni, perché diverse sono le iniziative pensate dai curatori della Biennale. Una novità di quest’anno è però il fatto che lo spazio in cui sono esposti i lavori della Biennale è l’Hotel Dajt. La TICAB cambia sede ogni anno e quest’anno la sede è quest’albergo nel centro della città che è per ora sgombero, e dismesso da moltissimi anni.
Quest’edizione della TICAB porta il titolo ‘The Symbolic Efficiency of the Frame’, volendo aprire un discorso critico sul modo con cui ci rapportiamo con il reale, nella sua moltitudine di aspetti. E’ una questione filosofica, sul rapporto dell’uomo con la realtà. L’uomo non può mai raggiungere l’essenza della realtà ma si rapporta con diversi suoi aspetti, si creano delle cornici, che possono essere di tipo ideologico, ecc. E’ un concetto che abbiamo preso in prestito a Slavoj Zizek.
Una novità di questa edizione della TICAB è inoltre che non si occupa solo di arte concettuale ma anche di architettura e di sviluppo urbano. E’ interessante per aprire un dibattito sulla tensione che scaturisce dallo scontro tra la proprietà privata e quella pubblica. Ha a che fare con lo sfrenato sviluppo urbanistico dell’Albania e degli altri paesi balcanici mentre si affacciano al sistema neoliberista, e al capitalismo nelle sue forme più selvagge. Non vogliamo solo esporre delle opere, ma stimolare una ricerca critica su questi aspetti.
Perché avete scelto proprio l’Hotel Dajti come sede principale della TICAB di quest’anno?
L’Hotel Dajti diventa una cornice perfetta per il tema di questa edizione. Questo perché è un edificio dall’architettura fascista, costruito dagli italiani durante la Seconda guerra mondiale. E’ stato concepito, come si usava durante quel regime, per cantare le lodi alla grandezza del regime, e poi conservato dal regime successivo di Hoxha, perché i due regimi erano compatibili da questo punto di vista. L’Hotel Dajt era il miglior albergo di Tirana dove venivano ospitati solo gli stranieri e gli albanesi non vi potevano mettere piede. Ora questo edificio dovrebbe diventare la sede del ministero degli Esteri.
Quali sono gli artisti che partecipano quest’anno?
Alla TICAB viene lasciata mano libera ai curatori, che concepiscono e selezionano poi gli artisti. Quest’anno partecipano più di sessanta artisti che provengono da più di 30 paesi diversi. I curatori sono completamente liberi in questa selezione. Ma noi cerchiamo di informarli sulla realtà albanese per puntare ad offrire qualcosa che stimoli a riflettere su questa realtà specifica. Diversi lavori vengono selezionati tra i lavori che sono stati fatti previamente, ma moltissimi altri vengono semplicemente creati qui a Tirana. Gli artisti vengono qua e creano.
Non è la prima volta che lo sviluppo urbano di Tirana assume un ruolo centrale per la TICAB…
Sì c’è stata un’altra occasione, in cui abbiamo dipinto le facciate dei palazzi di Tirana. Era un’iniziativa di Edi Rama nel 2002 che è in seguito diventata parte della TICAB nel 2003. Gli artisti sono venuti a pitturare le facciate dei palazzi liberamente, secondo le loro idee, e queste facciate ci sono ancora. Questo lo si continuerà anche questa volta. E’ uno dei progetti satellite della TICAB. La mostra verrà inaugurata il 2 ottobre. Questa volta è in realtà qualcosa di molto diverso che non ha a che fare direttamente con la rivitalizzazione delle facciate, ha a che fare con uno studio molto più approfondito sulle trasformazioni che Tirana ha subito negli ultimi anni.
Come è nata la TICAB?
E’ nata nel 2002. E’ stata un’iniziativa con cui si voleva rispondere alle esigenze dell’arte in Albania, mentre si era affermato un gruppo di ottimi artisti molto stimati a livello internazionale. Molti di loro infatti non vivono in Albania ma all’estero. L’obiettivo era quello di instaurare un collegamento tra loro e gli ambienti artistici di Tirana. Era un modo anche per collegare l’Albania al mondo. In seguito nel 2006 ha preso piede il TICA che è qualcosa di permanente e che si occupa della promozione e dell’approfondimento dell’arte contemporanea tutto l’anno. Volevamo creare questo centro come punto di riferimento per l’arte contemporanea tra una biennale e l’altra, perché ci siamo accorti che la TICAB è molto importante ma oltre a quella a Tirana non c’è nulla. Naturalmente la massima attività del TICA è la TICAB.
Come si riesce a finanziare un progetto come TICA e la Biennale di Tirana?
Per il TICA principalmente i finanziamenti vengono forniti dall’European Cultural Foundation con sede a Rotterdam e inoltre da diversi scambi con strutture culturali e sponsor culturali non albanesi. Mentre per la Biennale è più facile raccogliere fondi perché è un evento di grande portata ed è più facile ottenere l’attenzione degli sponsor. Noto con ottimismo il fatto che gli sponsor sono in aumento, anche se per lo più si tratta di attività che operano in Albania ma che sono straniere, o di gestione straniera. Gli imprenditori albanesi invece riservano pochissima attenzione all’arte.
Quanta parte hanno le strutture statali nell’organizzazione della TICAB?
Non si può dire che lo stato sia completamente assente. Ma il sostegno da parte delle istituzioni pubbliche è sempre stato un problema per la TICAB. Nell’edizione di quest’anno il ministero degli Esteri è stato di grande aiuto, perché proprio l’Hotel Dajti, è la futura sede di tale ministero, e l’edificio ci è stato concesso con generosità. Anche il comune di Tirana è sempre stato un partner fisso. Nonostante ciò c’è da sottolineare il fatto che la TICAB non fa parte delle priorità dell’agenda culturale dello stato albanese. E’ assurdo se si pensa alla portata internazionale e all’attenzione che riesce ad ottenere la TICAB. E’ un’opportunità di promozione internazionale del paese che lo stato albanese non ha saputo sfruttare come si deve.
Quanto viene seguita la TICAB da parte del pubblico albanese?
Noi abbiamo puntualmente notato un aumento dell’interesse da parte del pubblico. Non solo nelle visite delle mostre ma anche nell’interesse e nella comunicazione con le opere. Per questo abbiamo organizzato l’edizione di quest’anno a più inaugurazioni, e abbiamo intrapreso le traduzioni ad esempio dei video. Quello che è particolare per Tirana, è che non c’è ancora un pubblico d’arte, un cosiddetto "art crowd" di gente che la ritrovi in tutte le mostre. Non avendo un’eredità in questo senso il pubblico è estremamente eterogeneo. Questo è un grandissimo vantaggio. E’ strano ma è così, nonostante si tratti di arte sperimentale.
Com’è la scena artistica a Tirana, mentre sono numerosi gli artisti albanesi che vivono e lavorano all’estero?
Non è facile. Penso che gli artisti albanesi siano ancora condizionati dalle strutture, da una sorta di grande fratello che sia lo stato o centri come TICA, che si debbano fare carico degli artisti per permettere loro di fare arte. Io penso che questa sia una mentalità sbagliata. Gli artisti in tutto il mondo si vedono tra di loro, e iniziano la loro carriera molto semplicemente esponendo i propri lavori tra piccole cerchie d’artisti. Il pubblico non viene creato dalle strutture, prima bisogna crearsi un pubblico, e poi le strutture seguono il pubblico. In Albani la mentalità va nel senso opposto. Negli ultimi anni c’è poca produzione artistica. Ma nella TICAB non partecipano solo gli artisti di Tirana, ma anche artisti albanesi che vivono all’estero. E’ un modo per mettere in contatto questi due mondi di artisti albanesi. Gli artisti in Albania vano stimolati e per questo abbiamo previsto un riconoscimento particolare come un soggiorno studio di 6 settimane a New York.
Che rapporti ci sono con gli artisti albanesi all’estero?
Ci sono rapporti molto stretti, per quanto riguarda la partecipazione regolare nella biennale e persino nel finanziamento da parte loro della TICAB. Spesso hanno donato i propri lavori alla TICAB per rendere possibile parte il finanziamento della Biennale. Ma ultimamente si è formata anche una generazione di artisti albanesi che vivono all’estero e che si sono anche formati all’estero. Anche con loro cerchiamo di mantenere dei rapporti.