Procult: il cinema romeno a Roma
"Mi scelgono per i ruoli di spia, prostituta o badante. Non è il massimo, ma esistono progetti con personaggi diversi e interessanti e la speranza è l’ultima a morire”. Si è chiuso a Roma il festival Procult e l’attrice Maria Dinulescu era nella giuria. Una rassegna
La Romania di oggi, quella del secondo dopo-guerra, il regime di Ceaușescu, il difficile periodo di transizione verso la democrazia e il boom del consumismo, la crisi, l’emigrazione e la vicinissima Moldavia. Temi che uno dopo l’altro hanno fatto parte della quinta edizione del ProCult Film Festival di Roma , la rassegna cinematografica del cinema romeno in Italia che si è svolta dal 20 al 23 novembre alla Casa del cinema.
Un inizio emozionante e un finale col botto e al centro film, documentari e corti di alta qualità. A chiudere la rassegna, giunta alla sua quinta edizione, il film “Closer to the moon”, di uno dei registi simbolo della cinematografia romena degli anni Novanta, Nae Caranfil. Il film ha vinto come migliore lungometraggio ed è esempio della fiorente scuola romena che vanta tradizioni antiche, ma che oggi offre ancora poche possibilità.
Maria
Lo ha sottolineato anche Maria Dinulescu – giovane attrice romena, nota al pubblico per le sue interpretazioni nel corto “Trafic” (di Cătălin Mitulescu, premiato a Cannes) e “California Dreamin’ (endless)” (di Cristian Nemescu, premio “ Un Certain regard”) – membro della giuria del ProCult.
Maria, classe ’81, che è stata premiata come Migliore Attrice al BIAF in Georgia e al francese Arte Mare, si è inoltre imposta recentemente al grande pubblico internazionale con il film “Hooked”, presentato a Venezia e ammette: “Quando hai una grande visibilità ti si aprono molte porte, ma bisogna saper dimostrare di avere qualcosa da vendere. E il successo è breve. Dura soltanto un anno quando ci sono le uscite dei film. Quindi è molto importante concentrarsi sul proprio lavoro quando si è sul set. Per me è il momento migliore”.
A proposito della grande scuola del cinema romeno e dell’industria cinematografica del paese balcanico aggiunge: “In Romania ci sono pochi film, quindi non si può parlare di fare veramente una scelta. All’estero, poi – aggiunge con rammarico – vengo scelta perché sono un’attrice dell’est Europa e quindi se recito in italiano o in inglese ho questo accento. Mi scelgono per i ruoli di spia, prostituta o badante. Non è il massimo, ma esistono progetti con personaggi diversi e interessanti e la speranza è l’ultima a morire”.
Nonostante questi stereotipi da combattere per la Dinulescu, che di recente si è trasferita negli Stati Uniti per studiare e lavorare, “gli ultimi sette anni del cinema romeno sono stati straordinari, una nuova ondata per il settore. Ci sono stati film premiati a Cannes, a Berlino. Ma non bisogna fermarsi ed è fondamentale continuare a produrre altrimenti saranno solo tracce che restano sulla sabbia. Abbiamo registi di grande talento: il tempo e l’esperienza aiutano a crescere e a far nascere nuove storie e nuovi film. Sono fiduciosa nel loro bisogno di esprimersi attraverso il cinema”.
La giuria
Della giuria fanno inoltre parte Elena Postelnicu, giornalista di Radio Romania e da tre anni membro della giuria del Globo d’oro; Paolo Fallai, giornalista del Corriere della Sera, conduttore televisivo e scrittore; Francesco Pamphili, produttore, membro Effettivo E.F.A. European Film Academy – Programma MEDIA dell’Unione Europea e della Giuria Ente David di Donatello e infine Sorin Militaru, tra i principali registi teatrali romeni.
"Sono molto lieto di essere parte di questa giuria, mi ha sorpreso l’invito, io sono direttore di opere teatrali, ma amo il cinema – ha affermato Militaru – questo Festival è molto importante perché la gente deve conoscere la cultura romena e il cinema romeno. Un cinema in salute, lo dimostrano i premi vinti in questi anni nelle rassegne internazionali. E in questo Festival ci sono delle produzioni molto interessanti". Una tradizione che viene da lontano, come ha ricordato Militaru: "La scuola cinematografica romena è molto antica, basta ricordare Liviu Ciulei che a Cannes negli anni Sessanta vinse il premio per la miglior regia. Oggi Mungiu è sicuramente molto bravo, come anche il vincitore del Festival di Berlino Calin Peter Netzer. In questo festival ci sono degli ottimi esempi: tra questi uno dei migliori registi romeni, Nae Caranfil, che ha presentato il suo film".
I premi
E appunto “Closer to the moon” ha vinto la sezione lungometraggi. Interpretato da un cast internazionale, da Vera Farmiga (“The Departed”, “Tra le nuvole”, “Source Code”) a Mark Strong (“Oliver Twist”, “Babylon A.D.”, “Kick-Ass”). Il film è ambientato a Bucarest nel 1959, in piena Romania comunista e racconta di una spettacolare rapina in banca che manda il paese in subbuglio. Le autorità arrestano subito i colpevoli, quattro uomini e una donna. Vengono processati e condannati a morte. Nell’attesa di essere giustiziati, i cinque sono costretti a re-interpretare gli stessi eventi in un film di propaganda. Una commedia drammatica realizzata da una coproduzione internazionale e che al momento resta una delle collaborazioni Usa-Romania più costose della storia del paese.
Il Premio della giuria è andato, invece, al film d’apertura della kermesse “La limita de jos a cerului” ( “The unsaved”), del regista moldavo Igor Cobileanski, interpretato da Igor Babiac. Il film, vincitore di numerosi premi nei festival di tutto il mondo, è stato scelto dalla Moldavia per concorrere ai prossimi Premi Oscar 2015. La pellicola racconta la storia del diciannovenne Viorel, che vive con la madre in una sperduta città moldava. Senza grandi ambizioni o speranze, guadagna un po’ di soldi spacciando droga insieme a un amico. Sua madre lo sollecita a cominciare una nuova vita, anche per salvare la donna che ama, ma il protagonista di accorgerà ben presto che fare la cosa giusta non è sempre facile.
Il premio per il miglior cortometraggio è andato a “Retur” ( “Square one”) di Emanuel Parvu, ambientato in un paesino nel Danubio in cui le persone sono ancora guidate da credenze arcaiche. Mentre per il miglior documentario è stato scelto “Vama veche veche”, di Tudor Chirila, presentato in prima assoluta. E’ un perfetto racconto di quello che in alcune parti della Romania è accaduto dopo la caduta del regime. Dopo il 1990, quello spazio di tranquillità e pace che era Vama Veche, un paesino sulla costa del Mar Nero, subì modifiche devastanti. Il film mostra nel dettaglio un giorno della vita del villaggio, che di anno in anno è diventato meta turistica sempre più conosciuta in Romania. In tante interviste ai turisti, si cerca di capire la trasformazione da piccolo villaggio tranquillo (esilio per intellettuali e unica spiaggia nudista durante la dittatura) a mega centro di villeggiatura. La domanda che campeggia in tutto il documentario è: “Era meglio prima, durante il così detto ‘periodo d’oro’ o adesso”?