Processo Dink, atto secondo

Lo scorso primo ottobre si è tenuto ad Istanbul il secondo atto del processo a carico dell’autore e dei mandanti dell’omicidio del giornalista di origine armena Hrant Dink. Il commento di Hasan Cemal, autorevole editorialista del quotidiano Milliyet. Nostra traduzione

10/10/2007, Redazione -

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Hrant Dink

Hasan Cemal, Milliyet, 6 ottobre 2007
Traduzione per Osservatorio Balcani: Fabio Salomoni

Ci sono quelli che non hanno fatto nulla per impedire un omicidio politico largamente annunciato, quello di Hrant Dink. Quelli che hanno nascosto ai giudici le prove dell’omicidio. Anzi che le hanno manipolate. E poi ci sono di mezzo forze dell’ordine che cercano di ingannare i giudici. E quelli che cercano volutamente di soffocare ogni possibile sviluppo dell’inchiesta. Una persona di fronte a queste cose non si dovrebbe ribellare? Non dovrebbe urlare "Fino a questo punto, no!"? Non dovrebbe gridare "L’umanità è giunta alla fine!"? Non dovrebbe alzare la voce e dire che siamo di fronte alla fine del diritto?

Ieri ho parlato con l’avvocato della famiglia Dink, Fethiye Çetin, abbiamo condiviso emozioni e pensieri. "Dopo la prima udienza ero più fiduciosa. Dopo l’udienza di lunedì non lo sono altrettanto".
Dopo la prima udienza, quando il tribunale ha accettato le richieste di un’indagine supplementare, sul processo ha cominciato a spirare una ventata di ottimismo. Ma dopo la seconda udienza si ha l’impressione che questa ondata di speranza si stia spegnendo. Perché?

Alcuni esempi. Alla prefettura di Istanbul viene inviata una richiesta. Mentre era in vita Hrant era stato convocato in prefettura ed era stato messo "messo in guardia". Nella richiesta si chiede chi fossero le due persone che in quell’occasione erano accanto al viceprefetto. Dalla prefettura arriva una risposta di una pagina e mezzo ma la domanda "Chi erano quelle due persone?" rimane senza risposta.

Ci sono talmente tante cose che feriscono il sentimento di giustizia di una persona, che offendono l’idea di diritto… Si vuole coprire un delitto politico. Ma nessuno leva un dito. L’opinione pubblica è immobile… La politica disinteressata… Le riprese video effettuate dalla telecamera di una banca la mattina dell’omicidio sono andate perdute. Ma la banca le ha consegnate alla questura. La polizia e la gendarmeria sapevano dell’omicidio in anticipo. Gli imputati avevano relazioni molto strette con i gendarmi. Yasin Hayal (uno dei mandanti. N.d.T) dopo essere uscito dal carcere fa visite di cortesia all’Antit[]ismo di Trabzon.

I servizi di informazione della questura di Trabzon avevano allertato Istanbul che Dink sarebbe stato ucciso. Un altro dei mandanti, Erhan Tincel, dopo l’omicidio viene convocato all’Antit[]ismo di Trabzon, trattenuto 14 ore e poi rilasciato. Si indaga sulla sua scheda telefonica. La polizia, di che cosa ha parlato per 14 ore con Tincel? Non ci sono verbali. Dove sono questi verbali? Perché si tengono nascosti? A chi si tengono nascosti? Questo Stato non è uno stato di diritto? Oppure è lo Stato delle bande che ci sono al suo interno? Una persona si dovrebbe rivoltare…

Nei giorni scorsi ero a Strasburgo, che si può considerare la capitale della democrazia e del diritto, con il presidente della repubblica Gül, l’ex ministro della giustizia Cemil Çiçek e quello attuale, Mehmet Ali Şahin.

Per due giorni abbiamo ascoltato belle parole a proposito di democrazia, diritti umani e sovranità del diritto. Ma se non vogliamo che tutte queste rimangano solo parole, allora il corso del processo Dink deve cambiare.

Perché se continuasse così, senza alcun dubbio, in Turchia si vivrà un altro assassinio del diritto,
a causa del quale con tutta probabilità il nostro paese verrà condannato dalla Corte Europea. Se vogliamo far entrare una maggior dose di diritto nello stato turco, se siamo favorevoli a che stato e diritto si avvicinino, per favore non dimentichiamoci del processo Hrant Dink. Parole prima di tutto rivolte al governo.

Ai partiti ed agli ambienti politici più sensibili in materia di stato di diritto. Alle organizzazioni della società civile. Non dimenticate questo processo! Se volete uno stato di diritto… Ha ragione l’avvocato Fethiye Cetin "Se c’è la determinazione politica, sarà possibile fare luce su questo delitto. E se si fa luce su questo delitto, si fa luce su tutta la Turchia" .

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