Processo Cumhuriyet: intervista agli illustratori

In assenza di telecamere e macchine fotografiche, vietate nelle aule dei tribunali turchi dagli anni 2000, l’atmosfera e i momenti più critici del processo sarebbero rimasti nascosti al pubblico più ampio se non ci fossero stati i disegnatori

26/09/2017, Fazıla Mat -

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Immagine © Murat Başol

(Pubblicato originariamente da Kaleydoskop il 18 settembre 2017)

La Turchia sta assistendo in queste settimane a uno dei processi più importanti e controversi della propria storia. Sul banco degli imputati 17 membri dello storico quotidiano Cumhuriyet, considerato da sempre un baluardo della stampa laica del Paese.  La prima udienza del processo si è svolta il 25 luglio scorso, dopo quasi 9 mesi di carcere preventivo per 11 delle persone sotto accusa. Nelle prime tre udienze, l’ultima delle quali è stata il 25 settembre, otto imputati, tra cui anche il vignettista di Cumhuriyet Musa Kart, sono stati rilasciati, mentre i giornalisti Ahmet Şık, Murat Sabuncu e il presidente del consiglio direttivo del quotidiano Akın Atalay sono tutt’ora in carcere, in attesa della nuova udienza prevista per il prossimo 31 ottobre.

Il processo ha suscitato una grande attenzione mediatica e numerosi osservatori internazionali sono arrivati a Istanbul per seguire un caso che è ritenuto soprattutto un processo alla libertà di stampa e di espressione.  Ma in assenza di telecamere e macchine fotografiche – vietate nelle aule dei tribunali dagli anni 2000 –  l’atmosfera e i momenti più critici del processo sarebbero rimasti nascosti al pubblico più ampio se non ci fossero stati i disegnatori che hanno impresso quelle scene sulle loro tavole. Sei illustratori che si sono avvicendati nei primi 5 giorni del processo, registrando, ciascuno con il proprio stile e spirito di osservazione, i volti, le espressioni e i gesti di quelle ore.

“Siamo stati coinvolti in questa iniziativa perché di norma siamo tutte persone interessate alla politica”, spiega Zeynep Atalay , raccontando a Kaleydoskop il percorso che ha portato lei e i colleghi a diventare illustratori del processo Cumhuriyet. “Berrin (Simavlıoğlu) , Murat (Başol) e Tarık (Tolunay) lavorano prevalentemente nel campo della pubblicità, mentre Eylem (Koçyiğit) ed io illustriamo libri e collaboriamo con case editrici. Yıldıray (Çınar) , invece, disegna fumetti. Ma ci troviamo a disegnare anche quando abbiamo di fronte temi che sono importanti per noi. Murat ad esempio è l’illustratore della ragazza in rosso, immagine simbolo delle mobilitazioni di Gezi Park”, afferma Atalay.

“Abbiamo seguito il caso di Cumhuriyet fin dall’inizio e ci capitava già di condividere dei disegni su questo tema attraverso le nostre pagine personali. Avevamo anche fondato un gruppo su Facebook per sostenere il nostro collega Musa Kart. Poi, da parte dei famigliari e dei colleghi dei giornalisti imputati ci è arrivata la richiesta di disegnare le scene del processo e così abbiamo esteso la proposta ad altri illustratori”, spiega sempre Atalay.

Quello del disegnatore di processi non è un mestiere conosciuto in Turchia, sebbene in passato ci siano state alcune notevoli eccezioni come le raffigurazioni della pittrice e illustratrice Sabiha Rüştü Bozcalı, che dopo il golpe militare del 1960, disegnò scene del processo avviato contro il governo dell’allora premier Adnan Menderes. La stessa Atalay ha disegnato scene del processo Ergenekon, un importante caso che ha segnato la recente storia politica turca.

Tuttavia la presenza di una simile figura artistica ai processi è tutt’altro che collaudata.  E questo ha comportato un notevole fattore di ansia per i disegnatori, che non erano sicuri di potere essere ammessi in aula. Il primo giorno è stato Tarık Tolunay a tentare l’ingresso, riuscito solo grazie all’insistenza degli avvocati dei giornalisti. Tolunay ha disegnato le scene del primo giorno utilizzando la matita e il tratto penna, stando per tutto il giorno in piedi e in estrema difficoltà. Ma questo non ha scoraggiato i colleghi che nei giorni successivi si sono addirittura presentati con gli acquarelli.

“È stato molto difficile entrare nell’aula del processo. C’era una folla incredibile e l’aula era piccola. Pensare che ci hanno detto che era una di quelle più grandi. Viste le gigantesche dimensioni del Palazzo di Giustizia di Çağlayan (inaugurato nel 2011 e presentato come il più grande palazzo di giustizia in Europa, n.d.a) la cosa ci ha lasciati perplessi”, spiega Murat Başol, che è stato il disegnatore del secondo giorno di udienza.

“Sono riuscito a dire che ero l’illustratore del processo solo all’ufficiale giudiziario. Poi, siccome sarei dovuto stare in piedi, ho cercato di mettermi nella posizione migliore per vedere il viso degli imputati. Gli incaricati del tribunale, i gendarmi e persino gli avvocati si sono stupiti quando si sono accorti che stavo dipingendo, ma dopo un poco non ci hanno fatto più caso. Il disegno è un elemento di comunicazione che suscita simpatia”, commenta Başol, aggiungendo che “anche il presidente dell’aula, non facendo commenti sulla nostra attività, ha di fatto permesso che proseguissimo il nostro lavoro, che sicuramente non rientrava nei parametri disciplinari dell’aula”.  “Nessuno ha fatto osservazioni su dove stavamo, nemmeno quando ci alzavamo e ci abbassavamo per vedere meglio”, afferma dal suo canto Atalay. “C’erano moltissimi gendarmi, stavano davanti agli imputati. Qualcuno ogni tanto si è pure spostato per non bloccare la visuale”, aggiunge l’artista.

Se la situazione in aula era molto tesa “per una evidente situazione di ingiustizia”, come specifica Başol, Atalay aggiunge che “le testimonianze dei giornalisti erano così pacate e nette che qualche volta ci sono state anche delle risate in aula. Tutti erano consapevoli di essere nel giusto. Ma l’atmosfera era comunque altamente emotiva ed elettrizzante. Stiamo parlando di persone che si trovano in carcere ingiustamente da diversi mesi”. Nel corso del processo, i momenti più preziosi risultano anche quelli in cui si è instaurata una comunicazione diretta tra gli imputati e gli illustratori. Come quello che ricorda Başol: “Il momento più bello è stato quando ho incrociato lo sguardo di Musa Kart e ci siamo salutati”.

“Io sono stata l’illustratrice del quarto giorno del processo”, racconta invece Berrin Simavlioğlu. “Ero molto tesa all’inizio, perché non sapevo né quello che mi attendeva e nemmeno se sarei riuscita ad entrare. Ma quando sono arrivata ho visto che non c’era più la folla dei primi giorni. Credo di essere stata l’artista che è entrata in aula con maggior facilità tra tutti. Vedendomi entrare in sala, la signora Yonca (moglie del giornalista Ahmet Şık, n.d.a.) mi ha fatto cenno di andare a stare davanti al palco. Ho preso il mio posto accanto agli avvocati – che hanno cercato di lasciarmi spazio e con la loro energia positiva mi hanno fatto sentire in mezzo ad amici di vecchia data”.

Simavlıoğlu, che ha fatto i suoi disegni stando per 7 ore in piedi, racconta che più che in un’aula di tribunale le è sembrato di essere all’università ad ascoltare lezioni di giornalismo e di giurisprudenza. “C’era tantissima gente e mancava l’aria, ma con alcune battute e le argomentazioni sorprendenti che emergevano nonostante i molti disagi è stata un’esperienza memorabile”.

Se uno degli obiettivi principali della partecipazione degli illustratori al processo era la scarcerazione del vignettista Musa Kart, questo obiettivo è stato per ora raggiunto. “Il suo rilascio ci ha fatto tirare un sospiro di sollievo. Avremmo voluto vederli liberati tutti ma il fatto che non sia andato peggio ci ha resi contenti. Anche perché abbiamo cercato in tutti i modi di rendere visibile il caso di Kart”, commenta a riguardo Başol. “Uno arriva a considerare il processo a piede libero come una conquista. Ma questi procedimenti  giudiziari ottengono una risposta da parte dell’opinione pubblica solo quando si rendono visibili. È nostro dovere dimostrare questa solidarietà, ma non si tratta solo una questione di sostegno tra colleghi. Il fatto è che non vogliamo un Paese che imprigiona i suoi scrittori e i suoi disegnatori. È una questione di civiltà”.

© immagini di Murat Başol; Zeynep Atalay; Berrin Simavlıoğlu; Tarık Tolunay; Eylem Koçyiğit e Yıldıray Çınar.

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Questa pubblicazione è stata prodotta nell’ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto

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