Prime reazioni alla firma degli accordi sulla “Serbia e Montenegro”
Riportiamo le prime reazioni a caldo in Serbia sulla firma di ieri degli accordi che pongono fine alla Federazione Jugoslava. Una soluzione "ambigua" per i più, altri si mostrano timidamente ottimisti anche se non manca chi si scaglia contro gli accordi.
Bozidar Djelic, ministro delle finanze nel governo serbo: è una buona soluzione considerando le circostanze politiche nelle quali l’accordo è stato sottoscritto. Per essere un buon accordo dovrà essere implementato nella direzione di rendere effettiva la salvaguardia degli interessi della Serbia, come garantito dal documento sottoscritto (14.02.03, RTS).
– Zoran Andjelkovic, segretario generale del SPS (Partito Socialista Serbo): ciò che hanno fatto in questo incontro segreto non è uno stato, è la caricatura di uno stato. In un tempo in cui tutta l’Europa si unifica in un unico mercato, noi ne avremo due, e al posto di una sola valuta accettata da tutti i paesi dell’Unione Europea, noi saremo gli unici ad averne due. Il nuovo stato è solo un paravento con il quale si vuole distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle questioni del Kossovo e della Risoluzione 1244, e senza la partecipazione della cittadinanza. Per la popolazione della Serbia e del Montenegro sarà solo più dura, ma l’importante è che si sia salvato Milo Djukanovic e il DOS, che dall’altra parte, riuscirà a gestire più agilmente un paese più piccolo…(15.02.03, Danas).
– Vladan Batic, presidente del DHSS (Partito Democristiano Serbo): la nuova unione tra Serbia e Montenegro è un esempio di unione così labile come non ne esistono né nella teoria né nella prassi internazionale. E’ arrivato il momento di tornare in noi e usare l’intelligenza, perché all’inizio del terzo millennio è tempo che si realizzi un paese indipendente, rispettabile, democratico e integrato in Europa. Un paese che non possiede un mercato comune non può in alcun modo diventare un paese unito. L’accordo ha tentato di soddisfare Serbia, Montenegro ed Unione europea, ma ne ha approfittato soprattutto Milo Djukanovic, mentre chi ne fa le spese è maggiormente la Serbia. Questa imitazione di stato non può durare a lungo, il DHSS comincerà subito una campagna affinché si indica un referendum sullo staus giuridico della Serbia (15.02.03, Danas).
– Sonja Biserko, presidentessa del Comitato Helsinki per i diritti umani (in Serbia): non considero in maniera totalmente negativa l’accordo di cui abbiamo conosciuto solo alcuni elementi dall’informazione pubblica. Si tratta di un modello di unione simile a quello dell’UE e sembra emergere che l’UE considera questo territorio essenzialmente dal punto di vista economico in modo che venga facilitata, con una struttura statale di questo tipo, l’integrazione in Europa. Un modello del genere assicura spazio di manovra al Montenegro e dà la possibilità di articolare maggiormente il dibattito sull’indipendenza …. molto importante sarà la risposta data dal Montenegro a cui favore va sicuramente la cancellazione del termine Jugoslavia (15.02.03, Danas).
– Mladjan Dinkic, governatore della Banca Popolare di Jugoslavia: con gli accordi di ieri non è stato risolto nulla, si è di fatto presa la decisione politica che la soluzione alla crisi deve essere presa entro l’arco di un anno. Lo status attuale è difficile da definire perché la dichiarazione secondo cui non si parla né di confederazione né di debole federazione porta a capire che non esistono simili esempi in altri paesi e quindi non c’è che da attendere che in futuro si arrivi ad una chiarificazione sui contenuti dell’accordo. Se si arriva ad una convergenza, cosa che la parte montenegrina ha fino ad ora sempre rifiutato, allora in Montenegro il dinaro arriverebbe a soppiantare l’euro come moneta di scambio. Solo se si arriverà ad un’integrazione, ha senso esista un parlamento dell’unione.
– Vuk Draskovic, presidente del SPO (Movimento del Rinnovamento Serbo): l’SPO sostiene l’accordo e i principi su cui si basano i nuovi rapporti tra Serbia e Montenegro. Ne esce un nuovo stato, sia nella sua struttura che nel nome. E’ pertanto logico che alle prossime elezioni federali che si svolgeranno in autunno, si tengano in Serbia sia le elezioni politiche sia quelle amministrative, sia quelle presidenziali che sono comunque obbligatorie. Un nuovo stato, una nuova assemblea, una nuova costituzione. Questo deve essere l’ordine delle priorità. I parlamenti attuali della Serbia e del Montenegro perdono il proprio mandato giuridico non appena verrà dichiarato il documento costituente del nuovo stato. Ogni spinta ad evitare l’elezione di una nuova assemblea parlamentare significherebbe minare il traguardo dell’accordo e porterebbe al proseguimento della crisi sociale, economica, morale del paese con conseguenze inimmaginabili (15.02.03, Danas).
– Jozef Kasa, presidente dell’unione dei bulgari della Vojvodina e vicepresidente del Governo Serbo: sono soddisfatto dell’accordo firmato e della chiarezza raggiunto sui rapporti tra Serbia e Montenegro. Sono però deluso per il fatto che la Vojvodina non sia stata consultata nella realizzazione degli accordi. Almeno adesso sappiamo a che punto siamo, cosa che prima non sapevamo. Possiamo a mio avviso avviare un veloce processo di revisione della costituzione del paese, che porterà la Serbia e il Montenegro ad una più veloce integrazione in Europa. D’altro canto mi spiace sparisca la Jugoslavia, di cui ho nostalgia. Nella procedura di avvio della revisione della costituzione mi interessa in particolar modo la posizione della Vojvodina. E’ stato un []e non consultare la Vojvodina negli accordi, perché in FRY essa possedeva lo status di soggetto federale (15.02.03, Danas).
– Nebojsa Medojevic, presidente del Centro per la transizione di Podgorica: questo accordo rappresenta una catastrofe e porterà solo ad un rinvio delle riforme, un inasprimento della situazione e l’aumento del conflitto. Adesso sono imminenti le elezioni federali e della repubblica, e in Montenegro si dovrà arrivare al referendum ed alla definizione di una nuova coalizione di governo. Questo significa solo nuova insicurezza politica e impossibilità che arrivino investimenti esteri, perché tutto questo durerà minimo due anni (15.02.03, Danas).