Piccola impresa bosniaca
Lo stato dell’economia nella Federazione di Bosnia Erzegovina. Il caso della piccola e media impresa nel Cantone di Zenica-Doboj. Il settore industriale e quello agricolo. La difficoltà di accesso ai fondi europei. Nostro reportage
Il Cantone di Zenica-Doboj è una delle regioni più industrializzate della Bosnia Erzegovina (BiH), con una lunga tradizione nel settore della siderurgia. Nel territorio del Cantone ci sono circa 15 aziende di grandi (e grandissime) dimensioni. Dopo la guerra, tuttavia, in quest’area è cresciuto anche un numero rilevante di piccole e medie imprese (pmi), che stanno in parte trasformando la struttura produttiva della regione. Le pmi attualmente censite sono 13.000, su circa 400.000 abitanti, 31 ogni 1.000 persone. Il numero è basso se confrontato con alcune regioni italiane, come il Veneto, ma non è lontano dalla media europea. Un terzo di queste 13.000 pmi opera nel settore del commercio. “Il rischio di impresa nel commercio è inferiore, e molti preferiscono orientarsi verso questo settore”, mi dice Salih Alispahić, del ‘Biznis Servis Centar’ (BSC) di Zenica, un centro per i servizi alle imprese creato dal governo cantonale nel 2003. “La maggior parte delle pmi sono però nell’industria. In questo Cantone esiste infatti un’importante filiera legata alla metallurgia, alla produzione mineraria e alla lavorazione del legno.”
Željezara Zenica
Le pmi che operano nel settore metallurgico sono storicamente legate alla produzione della Željezara Zenica (Acciaierie Zenica), vero e proprio gigante dell’acciaio che domina con la sua presenza lo scenario urbano del capoluogo del Cantone. Nel 2004, però, le Acciaierie sono state privatizzate e acquisite dal produttore globale Mittal Steel , del magnate anglo-indiano Lakshmi Mittal. La nuova proprietà ha dichiarato di aver investito nell’impresa circa 280 milioni di dollari, di cui 135 per l’ammodernamento degli impianti. Il maggiore investimento estero mai diretto in Bosnia Erzegovina aveva generato grandi speranze a livello locale, anche per l’impegno preso dai nuovi proprietari di mantenere tutti i posti di lavoro. Per le pmi del Cantone, però, la vendita delle Acciaierie non è stata una buona notizia. La Željezara produce infatti enormi quantità d’acciaio (220.000 tonnellate all’anno secondo le informazioni dell’azienda), ma la produzione viene ora inviata per la lavorazione ad altre unità del gruppo globale. “La Mittal ha gradualmente mutato la politica produttiva della fabbrica – spiega Alispahić – e ora dalla ex Željezara escono solo tondino e semilavorati, che vengono inviati direttamente ad altre unità produttive del gruppo ArcelorMittal, all’estero. Nel territorio non resta nulla da lavorare, e la filiera delle pmi già legate alla fabbrica è oggi in sofferenza. Resta solo il grande inquinamento che gli impianti, da quando funzionano nuovamente a regime, hanno ripreso a generare.”
L’accesso al credito
Per aiutare il settore in difficoltà, uno degli strumenti principali che le autorità cantonali hanno messo a disposizione degli imprenditori è proprio il BSC, partner del programma SeeNet II di cooperazione decentrata che unisce una rete di enti locali italiani e del Sud Est europeo. Il sostegno alle pmi mira a creare un ambiente più favorevole alle imprese, attraverso una serie di strumenti che vanno dalla semplificazione amministrativa (i tempi di registrazione di un’impresa sono ufficialmente 40 giorni, nella pratica più vicini ai 60) alle analisi e ricerche di mercato, fino alla creazione di un apposito Fondo di Garanzia cantonale.
L’accesso al credito è infatti uno dei problemi principali che devono affrontare gli imprenditori locali, soprattutto in questa fase della crisi. Nel Cantone di Zenica ci sono 15 banche, ma di queste solo una è una banca con capitale locale, mentre le restanti 14 sono filiali. “In questa regione, oggi, è difficile trovare prestiti per investimenti ad un tasso di interesse inferiore all’8% – continua Alispahić. La Banca Federale per gli Investimenti, della Federazione di Bosnia Erzegovina, propone prestiti ad un tasso leggermente inferiore, intorno al 5%, ma con risorse limitate. Il Fondo di Garanzia istituito dal BSC rende disponibili alle pmi circa un milione e mezzo di marchi all’anno a condizioni migliori (3,5%), ma non è sufficiente. Riusciamo però a garantire incentivi che riguardano i costi amministrativi, restituiti agli imprenditori dopo la fase degli investimenti, insieme ad una sovvenzione che copre gli interessi bancari.”
Piccolissime imprese agricole
Nel 2008 è stato inaugurato a Žepče, a pochi chilometri da Zenica, uno spazio chiamato ‘Agroinkubator’, finanziato dalla Commissione Europea per sostenere lo sviluppo agricolo – in particolare le piccole e medie imprese – nella Bosnia centrale. Ufficialmente le pmi agricole, in questa regione, sono molto poche. In realtà, secondo le stime che ci vengono fornite all’Agroinkubator dall’agronomo Ivan Antunović, solo nei comuni di Zavidovići, Žepče e Maglaj (3 delle 12 municipalità del Cantone) i produttori agricoli sarebbero tra i 4 e i 5.000. Quelli registrati, però, sono solo 5. Il dato conferma le stime di altri analisti secondo cui in Bosnia Erzegovina la percentuale di economia informale sarebbe vicina al 15%. Una buona parte del lavoro nero, verosimilmente, si trova dunque nell’agricoltura. Questo rende le cose difficili per le pmi “regolari”, che devono competere con un numero più o meno grande di concorrenti che operano nel mercato informale. Il fatto è che le imprese agricole sono talmente piccole che non trovano conveniente registrarsi. “Il problema principale di questa regione, dal punto di vista del mercato agricolo, è rappresentato dalla frammentazione degli appezzamenti – spiega Antunović. Gli agricoltori qui lavorano per lo più su base familiare, in terreni non più grandi di un ettaro. Questa forte parcellizzazione, che impedisce un vero sviluppo del settore agricolo, deriva in parte dalla configurazione del terreno, in parte da un deficit legislativo. In Bosnia Erzegovina infatti non esiste una tassazione sui terreni agricoli non lavorati. Se una famiglia non può lavorare la terra, piuttosto la tiene incolta, ma non la vende. La terra infatti qui viene considerata un capitale, un po’ come il conto in banca. Inoltre non esiste una legislazione specifica che tuteli la produzione agricola, ma tutte le piccole e medie imprese, nei diversi settori, sono trattate allo stesso modo. In ogni caso la produzione è costituita soprattutto da cereali, mais, orzo e grano, oltre a verdure, frutta (soprattutto lamponi) ed erbe mediche. Pochi hanno mucche o altri animali, e in genere in numero limitato.”
Miraggio biologico
Tra gli agricoltori della zona ultimamente si discute molto della possibile conversione al biologico. Le produzioni locali utilizzano pochissimi fertilizzanti, a volte nessuno. I costi di una riconversione dei terreni sarebbero dunque contenuti, e in Bosnia Erzegovina oggi è presente un sistema nazionale di certificazione. Il mercato, tuttavia, è ancora molto piccolo, e i produttori che incontriamo si dimostrano preoccupati per un eventuale passaggio al biologico. “In questo periodo la gente sta attenta ai 10 centesimi, mi dice una contadina di Dolac, che produce prevalentemente verdure. Il passaggio al biologico, anche se relativamente semplice, comporta un aumento di prezzo, e abbiamo paura di perdere mercato”.
Europa
L’Unione Europea prevede diversi strumenti per sostenere le piccole e medie imprese, non solo dei Paesi membri ma anche di quelli candidati e potenziali candidati, come la Bosnia Erzegovina. La “Carta Europea per le Piccole Imprese ” definisce la politica dell’Unione nel settore. Nel 2008, Bruxelles ha adottato dieci principi che costituiscono lo “Small Business Act ” per l’Europa. Recentemente la Commissione Europea, insieme all’OCSE, alla European Training Foundation e alla BERS, ha pubblicato un rapporto sul progresso dei Paesi dei Balcani occidentali nell’attuazione della Carta Europea per le Piccole Imprese , adottata da questi Paesi nel 2003. Bruxelles ne sta monitorando la realizzazione e attende ora, nel quadro del processo di integrazione, anche l’attuazione delle politiche identificate nello Small Business Act. “Il problema principale è che in Bosnia Erzegovina ci sono due, anzi tre modelli diversi per lo sviluppo delle piccole e medie imprese, uno per ogni Entità e uno per il Distretto di Brcko – mi spiega a Sarajevo Ivica Miodrag, capo del Dipartimento per lo Sviluppo Economico e l’Imprenditoria del ministero per il Commercio Estero e le Relazioni Economiche della Bosnia Erzegovina. Questo ci impedisce di varare un piano concreto a livello statale e di sviluppare un quadro legislativo e istituzioni comuni per sostenere le pmi. La Costituzione assegna allo Stato la responsabilità di promuovere e sviluppare le pmi, e di creare uno spazio economico unico, ma non riusciamo a farlo. La Bosnia Erzegovina non riesce dunque ad assolvere agli impegni presi con la Commissione, e a mettere in pratica gli standard richiesti da Bruxelles. Il fatto che la BiH sia l’unico Paese della regione a non avere un’Agenzia e un Fondo Statale di sostegno alle pmi, in concreto, ci impedisce di attingere ai fondi europei. Le Entità possono richiedere i fondi previsti per le regioni, ma quelli statali, più consistenti, ci restano preclusi. E’ difficile fare una stima precisa di quanti soldi abbiamo perso in questi anni, ma stiamo parlando di milioni di euro.” A tre mesi dal voto del 3 ottobre scorso, la Bosnia Erzegovina è ancora senza un governo. Una delle priorità del nuovo esecutivo dovrà essere quella di riprendere con convinzione il cammino di integrazione europea. La recente abolizione dei visti Schengen per i bosniaci è stata un successo importante, ma il Paese non può permettersi di perdere opportunità sul fronte dell’economia, in particolare nel settore delle pmi, diventato sempre più centrale come conseguenza dell’approfondirsi del processo di privatizzazione.