Pavle, la Chiesa, la riforma

Scrittore, traduttore, Mirko Đorđević è un esperto di sociologia delle religioni. E’ ritenuto uno dei maggiori conoscitori della Chiesa ortodossa serba. In quest’intervista il futuro della Chiesa dopo la morte del patriarca Pavle, lo scorso 15 novembre

15/12/2009, Redazione -

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(Audrey/H/Flickr)

Di Philippe Bertinchamps Le Courrier des Balkans, pubblicato il 21 novembre 2009 (tit. orig. Serbie : «L’Église tout entière doit se réformer»)

Che uomo è stato il Patriarca Pavle?

Pavle è morto anziano, ammalato… Era un uomo di buona volontà. E’ rimasto per quasi vent’anni sul trono della Chiesa. Sono stati gli anni della guerra. E lui non ha mai smesso di ripetere: "Occorre essere uomini, Dio ci guarda". Ha affermato: "Non voglio saperne della Grande Serbia e nemmeno della Piccola Serbia, se il costo è un bambino ucciso, a prescindere dalla sua nazionalità". Era un uomo equilibrato. Purtroppo, ha fallito. E’ arrivato al potere nel 1990, lo stesso anno di Milošević. Si è scontrato con lui due volte. Nel 1995, riconoscendo gli accordi di Dayton e, un anno più tardi, mettendosi alla testa delle rivolte popolari. Pavle ha riconosciuto gli Accordi di Dayton a titolo personale e la maggior parte dei vescovi ha protestato. Hanno preteso pubblicamente le dimissioni di Pavle. Volevano continuare a guerreggiare. Pavle chiese loro: "Ma perché continuare una guerra contro il mondo intero?". I fatti gli hanno dato ragione. Voi ci avete bombardati. Noi abbiamo perso.

Quale il ruolo della Chiesa durante la guerra?

La Chiesa ortodossa serba non è stata solo un testimone: è stata un supporto al regime. Ha fornito una logistica spirituale al potere affinché quest’ultimo potesse condurre le guerre. Il risultato lo abbiamo sotto gli occhi…

Quale lo stato di salute della Chiesa ortodossa ai giorni nostri?

Dopo la morte del Patriarca Pavle. La società e la Chiesa ortodossa serba si trovano ad affrontare numerose questioni. La Serbia è un piccolo paese. Noi, i cittadini, non sappiamo esattamente dove sono le nostre frontiere. E soprattutto non sappiamo se viviamo in una repubblica o in una monarchia. Secondo la costituzione noi siamo uno stato laico. Ciononostante il ruolo della Chiesa è predominante. La società serba è completamente clericalizzata. La Chiesa è dappertutto: scuola, esercito, polizia… Gioca lo stesso ruolo che aveva il partito comunista all’epoca di Tito. Alcuni affermano che è il peggior partito politico. Allo stesso tempo abbiamo una Chiesa allo sbando, attraversata da lotte intestine. I vescovi litigano in continuazione. Si battono per il potere.

Quali i principali gruppi di influenza tra i vescovi?

Si possono individuare tre gruppi: innanzitutto i vescovi della Bosnia, fanno parte dell’ala più radicale. Anche quelli del Kosovo che chiedono al Presidente Tadic di entrare in guerra per salvare il Kosovo. Infine abbiamo i vescovi della Serbia. Questi ultimi subiscono le pressioni dello stato e della Chiesa ortodossa russa. A Belgrado abbiamo due ambasciate russe: quella della federazione e quella della Chiesa. La Chiesa ortodossa russa ha un ambasciatore plenipotenziario. Un prete che, tra noi, è colonnello dei servizi segreti.

In seno alla Chiesa ortodossa serba si parla spesso di falchi e colombe. Chi sono?

Alla testa dei falchi abbiamo due vescovi. Artemije, vescovo del Kosovo e metropolita del Montenegro. Quest’ultimo ha assicurato il vicariato nel tempo in cui Pavle è stato in ospedale. Lui stesso si è proclamato "guardiano del trono". Le colombe invece sono in minoranza. Vi è Laurentije, vescovo di Šabac e Irenje, vescovo di Novi Sad. Entrambi sono pronti alle aperture. Ma I falchi non li amano. Trattano Irenje da "papista" perché quest’ultimo è pronto a collaborare con tutti I cristiani d’Europa.

Quale futuro per la Chiesa ortodossa serba?

Quello che a noi ortodossi serve, è di cambiare la struttura stessa della Chiesa. L’ortodossia nel suo complesso, in Russia, in Bulgaria, in Romania è in ritardo. La Chiesa si è fossilizzata nel corso dei secoli. Non ha avviato delle riforme. I nostri fratelli cattolici hanno avuto il Concilio Vaticano. A noi serve un aggiornamento (in italiano nell’originale, ndr). La Chiesa deve parlare agli uomini d’oggi. Non può più essere schiava del passato. Ma deve aprirsi ai nuovi segni dei tempi.

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