Patologie
È uscito in Italia per le edizioni Voland “Patologie”, di Zachar Prilepin, noto scrittore e giornalista russo con un passato da soldato in Cecenia. Nel suo libro, scene di guerra e vita militare si alternano a schizzi della vita passata, la vita di pace, vagheggiata e avvolta in un alone da paradiso perduto. Una recensione
Dopo Arkadij Babčenko, sbarca in Italia un altro scrittore e giornalista russo con il passato di soldato in Cecenia. Al Salone del Libro di Torino è stato infatti presentato "Patologie", di Zachar Prilepin, un romanzo che vede trasposta in prosa la sua esperienza di membro delle truppe speciali russe in Cecenia. Due volte, nel 1996 e nel 1999.
"Patologie" è il suo primo libro, tradotto per adesso in 12 lingue, italiano incluso. In Russia è stato pubblicato dalla casa editrice Ad Marginem, che annovera fra i suoi autori alcuni nomi illustri e controversi, quali Sorokin e Limonov, ma ha anche pubblicato l’esplosivo "I mutanti del Cremlino", che alla sua autrice, Elena Tregubova, è costato l’esilio. All’attività letteraria Prilepin affianca quella politica: membro del partito nazional-bolscevico, è un attivista antiputiniano. E’ stato fra gli organizzatori della Marcia dei dissidenti a Nižnyj Novgorod e firmatario del manifesto „Putin deve andarsene“, pubblicato nel marzo 2010.
Il protagonista di "Patologie" è Egor Taševskij, comandante di un’unità delle forze speciali russe di stanza a Grozny. Scene di guerra e vita militare si alternano a schizzi della vita passata, la vita di pace, vagheggiata e avvolta in un alone da paradiso perduto. Daša, la ragazza lasciata a casa, eterea e sensuale, è la personificazione di questa vita che fa capolino di tanto in tanto, tirandolo fuori dalla guerra e riportandolo al passato. Ogni apparizione di Daša è quasi una visione mistica a sfondo erotico:
‘Ogni creatura divina dopo il coito è triste’ – Daša mi citava le parole di un martire russo; eravamo stesi nella sua cameretta con la carta da parati blu e lei mi accarezzava la testa rasata. – ‘Ogni creatura divina è triste dopo il coito’ ma tu sei triste prima e dopo.
– Io ti amo – dicevo io.
– Anche io – rispondeva lei leggera.
– No… Io ti amo patologicamente. Io ti amo istericamente…
– Là dove finisce l’indifferenza inizia la patologia – sorrideva lei.
A queste descrizioni, seguono, senza nessun preavviso, le brusche immagini di guerra viva che riportano alla realtà:
Andrjucha fa scattare il braccio sinistro, agguanta qualcuno dalla finestra e con uno strattone lo trascina all’esterno. L’uomo barbuto, in giubbotto di pelle, acciuffato per il collo dalla zampa di Andrjucha, volteggia sul terreno afferrandosi al kalash strappatogli di mano.
“Un ribelle!” capisco io e lo guardo come se vedessi un diavolo in carne e ossa.
Andrjucha Cavallo gli strappa dalle mani il fucile e col calcio picchia diverse volte sulla fronte, sul naso, sulla bocca spalancata da cui subito zampilla rosso, del ceceno. Stëpa Čertkov aiuta coi piedi, assestando colpi troppo frequenti e dunque non molto forti sul fianco dell’uomo a terra.
Sorprende il tono asettico, naturalistico, usato per dipingere la brutalità della guerra, quasi fosse un lavoro come un altro. Si ritrovano i classici argomenti dell’esistenza del soldato: le sigarette, la vodka, la mancanza di sonno, il rancio, le donne, i disordini intestinali e la diarrea. Accanto alle specificità cecene: Grozny, i rastrellamenti, i rapporti fra russi e ceceni, i ceceni che combattono al fianco dei russi, le russe che sposano i ceceni.
La paura della morte sbuca a ogni pagina:
Mi sollevo un po’ e sento che sopra la testa volano pallottole: fischiano per davvero.“Se fossi più alto, sarei già morto” capisco.
A sinistra dell’aeroporto c’è una piazza d’armi, marciano dei soldati. “Magari domani muoiono, e li costringono a marciare. C’è qualcosa di sbagliato…” penso.
“Ma perché mi vergogno a ficcarmi sotto il letto e dire che ho mal di pancia?” penso nella branda. “Che razza di stupida vergogna è? Quelli ti ammazzano, e fine… Come fanno a sapere che Ramzaev verrà da solo? E se viene con un’intera banda? E noi stiamo ad aspettare nel portone come idioti? A chi sarà balzata in mente una cosa del genere?” Non trovando risposta a nessuna delle mie domande, smetto di pensarci. Prendo un libro, ma non ci capisco niente.
“Come si fa a scrivere dei libri, quando si può prendere e ammazzare una persona? Me. E che senso ha leggerli? Una sciocchezza. Carta.”
Il sentimento della "fratellanza del fronte" teorizzato da Rilke nel suo "Niente di nuovo dal fronte occidentale" è presente in abbondanza nel romanzo di Prilepin.
– Fratelli d’armi e di mancanza di senno! – dico io. Che importa cosa dico. Semënyč, padre adorato! Infame, fomentatore, figlio di buona donna! Griša! Hasan! Miei cari…
E a fumare.
E di ritorno.
La vodka, ovviamente, è finita presto.
Ma giacché Semënyč ha detto dieci, vuol dire che così deve essere. Non nove e non undici. Dieci. Tutti noi lo capiamo. In fin dei conti è un ordine…
Magari un’altra e basta. Shh! Caspita, non siamo mica venuti da casa a mani vuote.
È un esercito russo ripulito e idealizzato, quello di Prilepin, dove il nonnismo non esiste, dove i superiori si prendono cura dei sottoposti, dove i soldati rimangono normali e sani, immuni al virus della guerra, che rimane uno sporco lavoro senza intaccare l’anima. Non c’è odio, né disperazione, solo una salutare e naturale paura di non ritornare più a casa. L’aspetto più sporco e deletereo della guerra non viene trattato dalla penna di Prilepin. Difficile considerarlo un romanzo documentario o di denuncia. Il che nulla toglie al valore artistico dell’opera.
Prilepin è scrittore prolifico e molto apprezzato in Russia. La lista dei riconoscimenti letterari accumulati in meno di un decennio di attività letteraria lascia senza fiato: si tratta di 13 premi attribuiti in poco più di un lustro di attività letteraria. Dopo aver spopolato in Russia si sta imponendo gradualmente ad un pubblico internazionale. Prossimamente uscirà in Italia, sempre per le Edizioni Voland „San’kja“, il suo secondo libro, che riflette invece la sua esperienza di attivista politico.