Papademos, nuovo premier greco
Dopo un estenuante braccio di ferro tra i socialisti del dimissionario Papandreou e i conservatori all’opposizione, Atene ha un nuovo premier designato. Già governatore della Banca di Grecia, docente universitario alla Columbia University, nonché vicepresidente della BCE, il 65nne Lukas Papademos si assumerà la mission impossible di portare la Grecia fuori dalla bufera
Sembra l’uomo giusto al momento giusto, Lukas Papademos, il nuovo premier designato a dirigere il governo di salvezza nazionale greco. La sua nomina arriva dopo giorni di braccio di ferro fra i socialisti del Pasok, guidati dal dimissionario primo ministro George Papandreou e i conservatori di Nuova democrazia di Antonis Samaras, il quale per giorni ha rifiutato qualsiasi intesa con il centrosinistra ma che infine, sotto le pressioni arrivate ad Atene da Bruxelles e dall’azione congiunta della cancelliere tedesca Angela Merkel e dal presidente francese Nicolas Sarkozy, ha ceduto. Che governo di salvezza nazionale sia, ma l’unico nome che è riuscito a mettere tutti d’accordo è stato quello di Lukas Papademos, il tecnocrate che sa tutto sui meccanismi della Banca centrale europea e dei contenuti dei vari pacchetti anticrisi concessi ad Atene da Bruxelles e dal FMI.
Chi è Lukas Papademos?
Ma chi è questo economista che tenterà di salvare la Grecia e di mantenerla nella zona euro? Per capirlo, dobbiamo partire dal suo sorriso enigmatico. Al millimetrico spostarsi all’insù o in giù degli angoli della sua bocca, infatti, gli analisti sia greci sia europei hanno sempre guardato come all’oracolo di Delfi: a Francoforte dal 2002 fino al 2010, quando ricopriva la carica di vicepresidente della BCE, e prima ancora ad Atene, dove dal 1994 fino alla sua promozione europea Papademos era governatore della Banca di Grecia.
Uomo di poche parole e pochissime interviste, tecnocrate pragmatico, gran lavoratore. Tanto che alla domanda ‘Chi è Lukas Papademos?’ l’ateniese medio risponderebbe con sguardo interrogativo. Solo quando è stato chiamato nel 2002 alla BCE, sulla sua ascesa si sono accesi i riflettori e lo schivo banchiere è diventato "la conferma del nostro nuovo importante ruolo in Europa" (secondo i giornali vicini all’allora governo socialista Pasok, che aveva portato la Grecia nell’euroclub il primo gennaio 2001 ) o, al contrario, un ‘filoamericano agente del Fondo monetario Internazionale”’ (secondo il partito comunista KKE). Ma quando c’è da difendere il proprio operato, Papademos schiude il sorriso alla Gioconda e apre bocca. L’ha fatto nel 2004, epoca che ora sembra lontanissima ma in cui già la Grecia, come l’Italia, la Francia, la Germania e il Portogallo, erano stati rimbrottati da Bruxelles per i loro deficit eccessivi e per i conti in disordine.
Proprio Atene, come Roma, era stata richiamata per avere presentato ad Eurostat (l’Istat dell’Unione Europea) conti troppo rosei rispetto alla realtà: il bilancio greco sforava il fatidico rapporto del tre per cento fra deficit e Pil consentito per entrare, e rimanere, in zona euro. E questo dal 1998 al 2004. E chi aveva preparato, per i primi tre anni, questi dati? Il metodico Papademos. L’uomo scelto, fra l’altro, per quanto ci riguarda come italiani, dalla BCE per occuparsi del caso Fazio: al suo Dipartimento Vigilanza e Stabilità finanziaria era arrivato infatti l’incartamento riguardante l’inchiesta su Bankitalia e sui presunti favoritismi a favore di gruppi italiani nelle scalate all’Antonveneta e Bnl.
“La Grecia era prontissima a entrare nell’euro fin dal 2001” ha tuonato già nel 2004, in epoche non sospette, Papademos in una rapida conferenza stampa a Francoforte. “Le discrepanze nei conti riflettono in parte il nuovo sistema adottato nel modo in cui le spese militari (che pesano sul 90 per cento dello sforamento ateniese ndr) devono essere conteggiate. Nel passato erano stimate sulla base degli ordinativi di armi, mentre ora sono registrati solo i pagamenti”. Parole confermate, alla lettera, all’epoca, dal diretto superiore dell’economista greco, Jean Claude Trichet. “Dobbiamo imparare da quanto successo alla Grecia", aveva rincarato la dose Papademos, "e permettere a Eurostat di avere in ogni momento maggiori controlli sui dati forniti dalle singole nazioni”.
Ma anche ad Atene il nuovo governo conservatore di Nuova Democrazia, in carica dal 2004 al 2009, che ha durante la sua permanenza al potere di propria iniziativa chiesto all’Europa di riesaminare i conti ottimistici della precedente gestione socialista durata quasi trent’anni, ha sempre difeso Papademos a spada tratta. “La Banca di Grecia ha sempre presentato in quegli anni relazioni che mostravano le lacune nei dati forniti dal governo”, ha dichiarato l’allora ministro alle Finanze conservatore George Alogoskoufis, rigettando qualsiasi ipotesi di dimissioni da parte del vicepresidente BCE. Insomma: l’ex governatore della Banca di Grecia faceva bene il suo lavoro, erano i socialisti a distorcerlo.
E come mettere in dubbio l’operato di chi ha preso, nell’ordine, una laurea in Fisica, una in Ingegneria e un dottorato in Filosofia dell’Economia tutti al mitico Mit (Massachussets Institute of Technology),dove ha poi insegnato dal 1973 al 1984, contemporaneamente a sedere in cattedra alla Columbia University di New York e a ricoprire un incarico alla Federal Reserve Bank di Boston? Proprio per questo curriculum corposo nel 1985 Jacques Delors, capo della Commissione Europea, ha notato quel giovane 38enne e l’ha voluto fra i membri della Commissione Monetaria dell’Ue. La strada per l’Europa, e ora verso la missione (impossibile?) del salvataggio della Grecia dalla bancarotta, inizia allora.