Pallavolo femminile turca: vittoria nazionale o guerra culturale?
Le “sultane della rete”, la squadra nazionale di volleyball femminile turca, hanno vinto a inizio settembre il campionato europeo, confermandosi leader a livello mondiale. La vittoria, però, ha riacceso in patria le divisioni su diritti e identità delle minoranze sessuali
A grande sorpresa, il 3 settembre la Turchia ha vinto il campionato europeo di pallavolo femminile. La nazionale turca si è rivalsa sulla squadra serba che l’aveva battuta nel precedente campionato europeo. Dopo la dichiarazione della vittoria per 3-2, le giocatrici, affettuosamente soprannominate le "sultane della rete", hanno ballato, esultato e alzato in aria il trofeo mentre i suoni dei tamburi e dei corni turchi riempivano il palazzetto di Bruxelles.
Ebrar Karakurt, una delle stelle della squadra nota per i suoi servizi aggressivi, aveva il viso rigato di lacrime mentre l’inno nazionale turco suonava dagli altoparlanti. Sotto la guida dell’allenatore Daniele Santarelli, la squadra aveva già battuto l’Italia campione in carica nella Nations League e vinto il suo primo titolo mondiale. Ora, campionesse d’Europa, le sultane della rete puntano alle Olimpiadi di Parigi del 2024.
Se una simile vittoria sarebbe normalmente motivo di orgoglio, in Turchia la gioia è stata smorzata dalle polemiche politiche e dall’incitamento all’odio. La controversia è iniziata su Karakurt, una donna schietta che in precedenza è stata molestata e insultata dagli estremisti religiosi per la sua identità sessuale. Sebbene non si sia mai dichiarata esplicitamente lesbica, è stata presa di mira per le fotografie che ha condiviso sui social media con una persona che si presume fosse la sua ragazza.
Prima della partita di Bruxelles, un utente di X con lo pseudonimo di Abdülhamid (il nome di uno degli ultimi sultani dell’Impero ottomano, considerato dai conservatori turchi un ideale di leader islamico), si è scagliato contro Karakurt. “Noi, come nazione turca musulmana, continuiamo a tollerarvi”, ha scritto l’utente. Karakurt ha risposto: "Smettila di dire sciocchezze".
Dopo che il suo post è diventato virale, la giocatrice ha condiviso una proprio foto con in mano un poster dello stesso tweet. In risposta a questa presunta offesa alla memoria del sultano Abdülhamid, il quotidiano islamista Yeni Akit ha pubblicato un articolo in cui descrive Karakurt come una “vergogna nazionale ”. Il controverso ex sindaco di Ankara Melih Gökçek ha rilasciato una dichiarazione definendola "una persona LGBT indegna di far parte della squadra nazionale".
AKP: un’agenda politica anti-LGBTQ+
Questi attacchi contro una giocatrice di pallavolo ritenuta lesbica arrivano in un momento in cui il governo turco sta intensificando gli attacchi contro la comunità LGBTQ+. Sebbene l’omosessualità non sia illegale in Turchia, il Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) ha radunato i suoi sostenitori attorno ad un’agenda anti-LGBTQ+.
Nel suo primo discorso dopo la rielezione a maggio 2023, Erdoğan ha promesso di approvare un emendamento costituzionale per “proteggere la famiglia” dai “pervertiti”. Nel frattempo, alcuni alleati islamici dell’AKP vogliono criminalizzare l’omosessualità e attaccano anche il principio dell’istruzione mista mentre chiedono modifiche alle attuali leggi sugli alimenti, il limite di età legale per il matrimonio e il diritto al divorzio.
Dibattito e controversie radicati
Mentre le sultane della rete si preparavano per il gran finale a Bruxelles, Karakurt è diventata un parafulmine per i dibattiti sull’identità LGBTQ+. Questo dibattito è parte di una più ampia guerra culturale in Turchia tra coloro che vogliono una Turchia basata sull’identità religiosa e coloro che difendono l’identità laica del Paese come sancita dalla Costituzione.
Il disegnatore di sinistra Mahir Akkoyun ha condiviso l’illustrazione di una giocatrice di pallavolo davanti ad un arcobaleno che non colpisce una palla ma un fez, un cappello che simboleggia il periodo ottomano e che è stato bandito dal leader secolarizzatore Mustafa Kemal Atatürk. In risposta, alcuni utenti turchi dei social media hanno espresso il desiderio che la squadra serba, rivale di lunga data della Turchia, vincesse la partita.
La controversia è continuata per tutta la partita e dopo. Mentre la partita veniva trasmessa in tutta la Turchia, il governatore dell’AKP di Istanbul ha respinto la richiesta del sindaco d’opposizione di proiettare la partita nell’iconica piazza Taksim, il luogo delle massicce proteste antigovernative nel 2013. Dopo la vittoria, figure chiave del governo si sono congratulate con la squadra, ma mettendo da parte Karakurt. Mehmet Şimşek ha condiviso sui social una foto della squadra che la lasciava fuori dall’inquadratura.
Dopo la partita, né Karakurt né Melissa Vargas, MVP cubana della squadra, anche lei da molti considerata lesbica, sono state intervistate dall’emittente statale turca TRT. In risposta, Karakurt ha pubblicato sui social media una foto di lei e Vargas abbracciate con la didascalia "Questa non è né la prima finale che giochiamo né la prima guerra psicologica che combattiamo".
Il ruolo delle donne nello sport e nella vita pubblica in generale è da tempo messo in discussione sotto il governo dell’AKP. Erdoğan ha affermato: “Le donne e gli uomini non possono essere pari; è contro natura”. Şimşek ha affermato che la disoccupazione è elevata in Turchia perché le donne cercano lavoro. Il teologo mediatico ed ex burocrate del ministero degli Affari Religiosi İhsan Şenocak ha attaccato le sultane della rete nel 2021: “Figlia dell’Islam! Tu non sei la sultana di corte ma la sultana di fede, virtù, moralità, modestia, decenza. Sei figlia di donne che si vergognavano perfino di mostrare il naso”.
Queste opinioni sono tutt’altro che marginali. In viaggio per il campionato turco di pallamano, l’allora tredicenne Merve Akpınar ha descritto le sfide che le ragazze devono affrontare nello sport. Nel suo villaggio, a Şanlıurfalı, le veniva ripetutamente detto: “Sei una ragazza. Non puoi indossare pantaloncini o giocare con i ragazzi”.
Le atlete in Turchia, come la detentrice del record mondiale di apnea Şahika Ercümen o Aysu Türkoğlu, la prima donna turca ad attraversare a nuoto il Canale del Nord, sono celebrate dal governo turco per i loro successi purché non rappresentino una minaccia per l’immagine della donna mite, schiva e pudica. Karakurt è diventata un bersaglio in quanto assertiva e in pace con la propria sessualità.
“Anche fuori dalla Turchia, le sultane della rete sono diventate il simbolo delle donne che rifiutano le regole e i confini stabiliti dalla religione. Quando i filmati hanno mostrato le giocatrici che saltavano e si abbracciavano dopo la partita, X era pieno di donne iraniane che dicevano che avrebbero voluto poter ballare liberamente come le loro sorelle turche.
L’ambiguità di Erdoğan
Erdoğan, che si era congratulato al telefono con la capitana Eda Erdem dopo la vittoria della squadra, è sembrato intervenire nella polemica in un’ambigua dichiarazione pubblicata il 6 settembre. Ha scritto che lo sport e l’arte/cultura sono ambiti in cui le persone in Turchia dovrebbero unirsi con orgoglio. Ma “negli autobus e nella metropolitana, nei negozi e per le strade vediamo ormai persone così impertinenti da molestare la nostra gente”. Ha continuato affermando che la nazione “non è proprietà di una piccola minoranza” e ha promesso di lottare contro la “perversità sociale”.
Le dichiarazioni del presidente in un primo momento sembravano lamentare il fatto che una vittoria sportiva, che dovrebbe essere un momento di orgoglio per l’intera nazione, fosse diventata un meschino dibattito politico. La menzione degli attacchi sui trasporti pubblici ha ricordato a molti un incidente avvenuto a Istanbul il giorno dopo la partita di pallavolo, quando una donna è stata ripresa dalla telecamera su un bus urbano mentre aggrediva un’altra donna e gridava: "Non puoi rendere il mio paese lesbico!".
Tuttavia, il riferimento ai “pervertiti” e alle “minoranze oscene” nella dichiarazione di Erdoğan dimostra che il suo obiettivo è un altro. Nei discorsi del presidente, i suoi sostenitori compaiono sempre come la giusta maggioranza che simboleggia la nazione turca. Secondo questo punto di vista, donne come Karakurt rovinano momenti di orgoglio nazionale con la loro “perversità”.
Finché figure del governo turco alimentano la polarizzazione sociale e la guerra culturale su questioni di genere e sessualità, è improbabile che il paese trovi qualsiasi tipo di unità, anche in momenti in cui persone di ogni provenienza politica e identità dovrebbero essere in grado di unirsi.