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Pacifismo azero
Cresce la preoccupazione in Azerbaijan per il confronto tra Iran e Stati Uniti. Tra Washington e i fratelli sciiti, Baku sceglie la neutralità. La situazione nell’enclave del Naxçivan
Di: Rovshan Ismayilov*, Eurasianet, 4 aprile 2007 (tit. or.: "Azerbaijanis press for peace between Iran, Us")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Maddalena Parolin
Mentre il 4 aprile la notizia della decisione dell’Iran di rilasciare i 15 marinai inglesi catturati faceva il giro di tutto il mondo, in Azerbaijan, il vicino settentrionale della repubblica islamica, il pubblico aveva una preoccupazione più immediata: mantenere la neutralità del proprio paese di fronte alla crescente ostilità tra Teheran e l’Occidente.
Per ragioni sia culturali che economiche, le relazioni con l’Iran, che nel 2006 hanno originato il 30 per cento del fatturato commerciale azero, sono da lungo tempo importanti per l’Azerbaijan, la cui popolazione, come l’Iran, è in maggioranza sciita. Il governo azero ha ripetutamente invocato una risoluzione diplomatica per i contrasti tra Iran e gli Stati Uniti, ed ha dichiarato la propria ferma neutralità nella disputa.
"Non vogliamo nuovi conflitti nella regione, e insistiamo che la questione deve essere risolta con mezzi diplomatici", avrebbe affermato il ministro degli esteri azero Elma Mammadyarov, proprio alla vigilia di un viaggio verso Washington DC, secondo quanto riportato da Voice of America (19 marzo). "Un nuovo conflitto potrebbe rivelarsi un disastro per la regione".
Ciò nonostante, l’enfasi sulla posizione neutrale sembra essere servita a poco per calmare la crescente inquietudine di molti cittadini comuni. Le preoccupazioni si sono aggravate il 30 marzo, quando il settimanale Realniy Azerbaijan (Vero Azerbaijan), il giornale più venduto nel paese, ha pubblicato quella che sosteneva essere una lista di località azere che l’Iran bombarderebbe se attaccato dagli Stati Uniti. Non vi era nominata alcuna fonte del rapporto, ma i luoghi elencati – dall’amministrazione della presidenza all’ufficio della British Petroleum a Baku – hanno suscitato discussioni e panico tra il lettori.
In parte, le reazioni sono aggravate da una crescente tendenza tra i media azeri e molti cittadini di discutere la questione di un attacco militare statunitense verso l’Iran, non come una questione del "se", ma del "quando" e "come" – e questo nonostante le autorità americane abbiano ripetutamente negato che esistano piani per una tale operazione.
"L’Iran è circondato da tre portaerei americane, 29 altre navi e basi americane" commenta l’analista politico Vafa Guluzade sul sito Day.az. "E il fatto che in questa situazione il paese non tenga conto delle risoluzioni dell’ONU rende la guerra inevitabile."
E’ tra il crescente numero di fedeli musulmani dell’Azerbaijan che si possono sentire le reazioni più forti: "Nessun musulmano appoggerebbe la distruzione di un paese musulmano. Ma Allah sostiene l’Iran." Ha commentato Meshadi Alemdar, mullah della Moschea Blu. Tofig Guliyev, ex lottatore professionale e fedele della moschea Teze Pir, è d’accordo. "Siamo testimoni di una nuova crociata contro il mondo musulmano. Perché ad Israele si permette di fare tutto, mentre gli iraniani non possono nemmeno pensare ad una industria nucleare pacifica?"
I leader della comunità musulmana, comunque, sono stati attenti a sottolineare che non stanno scegliendo una posizione tra gli USA e l’Iran. L’argomento della ricerca nucleare iraniana o della possibile risposta statunitense non viene discusso apertamente, e non è tema di preghiere pubbliche o sermoni in nessuna delle due più grandi moschee sciite di Baku, Teze Pir e la Moschea Blu. "Appoggiamo una risoluzione pacifica del problema," ha affermato Allashukur Pashazade, a capo del Dipartimento musulmano caucasico dell’Azerbaijan, in una dichiarazione del 3 aprile scorso ai giornali, secondo quanto riporta l’agenzia stampa Turan.
Le regioni dell’Azerbaijan che mantengono i rapporti più stretti con l’Iran – la regione meridionale di Lankaran e l’enclave della Repubblica Autonoma del Naxçivan – condividono tale desiderio di neutralità.
All’interno del Naxçivan, un territorio incastrato tra Armenia e Iran, la più grande paura dei residenti sono le conseguenze che un attacco statunitense all’Iran avrebbe per il loro rifornimento di energia e per le comunicazioni con l’Azerbaijan, ha osservato Malahat Nasibova, attivista dei diritti umani e giornalista freelance di base a Naxçivan. L’Iran assicura il 100 per cento delle forniture di gas della regione e il 30 per cento del suo fabbisogno di energia. Attraverso l’Iran passa l’unica via terrestre che unisce l’enclave con il resto dell’Azerbaiajn.
"Le principali apprensioni hanno radici socioeconomiche", afferma Nasibova. "E’ comprensibile. Grazie all’Iran, nel 2005 il gas naturale è ritornato nel Naxçivan dopo 15 anni."
Intanto, nella regione meridionale del Lankaran, che confina direttamente con l’Iran e ha stretti legami culturali e commerciali con il Paese, la preoccupazione immediata della maggior parte dei residenti è che l’Azerbaijan mantenga semplicemente lo status quo, ha osservato un giornalista.
"Se fosse accaduto cinque anni fa o anche prima, il quadro sarebbe diverso," sostiene il reporter televisivo Bakhtiyar Akhundov, che lavora nella regione. "All’epoca gli emissari iraniani godevano di una forte influenza e facevano propaganda nelle moschee locali. Ma negli ultimi anni le forze dell’ordine hanno preso provvedimenti e… ora qui non c’è più alcuna propaganda pubblica."
Mentre un piccolo gruppo di residenti di Lankaran spera che un attacco militare contro l’Iran possa portare all’unione dell’Azerbaijan con l’Iran settentrionale, i cui abitanti sono in maggioranza di etnia azera – ha aggiunto poi il giornalista – il timore che il Lankaran sarebbe invaso da profughi dall’Iran spinge la maggior parte delle persone a propendere per la neutralità.
Come nelle altre parti dell’Azerbaijan, la scelta prevalente è per la tranquillità. Afferma Akhundov: "La gente non vuole sconvolgere la vita più o meno calma della nostra regione".
*Rovshan Ismayilov è un reporter freelance di base a Baku