Ottobre caldo
In Kosovo insegnanti e dipendenti del settore sanitario sono scesi in sciopero. Rivendicano un livello salariale migliore e che le promesse fatte in campagna elettorale vengano rispettate dal governo. Quest’ultimo però guarda alle proprie tasche. Vuote
Nel giugno scorso un’inchiesta condotta da Reinvest, Istituto del Kosovo per la Ricerca Economica, lo sottolineava: la maggior parte dei kosovari sono pronti a scendere in piazza a causa della cattiva situazione economica del Kosovo.
In quell’occasione a molti intervistati fu chiesto cosa più loro importasse nel panorama politico kosovaro. Erano giorni nei quali si parlava incessantemente dello status futuro del Kosovo ma in molti misero in testa alle loro esigenze rivendicare posizioni lavorative e salariali migliori.
La situazione dell’economia del Kosovo è drammatica. A sei anni dalla fine del conflitto la maggior parte dei kosovari vive in condizioni molto modeste. Chi lavora guadagna stipendi che non superano i 200-250 euro al mese.
Il Kosovo sta attraversando inoltre una profonda crisi fiscale. Attraverso imposte e tasse si raccoglie molto poco e questo ha rinchiuso il governo in un vero e proprio angolo.
Quest’autunno i primi a partire con gli scioperi, la scorsa settimana, sono stati gli insegnati ed i dipendenti del settore sanitario. Rivendicano una condizione salariale migliore dell’attuale. Rivendicazioni simili sono presenti tra i dipendenti dei Ministeri e dei governi locali, quelli del settore della giustizia ed anche in polizia. Ma sino ad ora questi ultimi sono rimasti tranquilli per non inguaiare il governo.
Alla fine di settembre, tra le varie questioni che il Premier kosovaro Bajram Kosumi si è trovato ad affrontare, vi è stata anche quella che riguardava l’applicazione di un "nuovo sistema dei salari" promesso durante la campagna elettorale. I sindacati di insegnanti ed impiegati del settore sanitario hanno chiesto a Kosumi di spiegare a che punto si fosse con l’adozione di questo "nuovo piano".
"Il governo ha incontrato qualche difficoltà nell’implementazione del nuovo sistema di salari ma è già stato istituito un gruppo di lavoro destinato a risolvere questi problemi" ha risposto il Premier che ha poi invitato i sindacati degli insegnanti a non iniziare alcuno sciopero. Questi ultimi hanno trovato le risposte del Primo Ministro poco serie e lo hanno apertamente accusato di mentire.
Lo scorso 3 ottobre è quindi partito lo sciopero sia degli insegnanti che dei dipendenti del settore sanitario. "Abbiamo buttato la palla nel campo del governo" hanno dichiarato gli insegnanti "dato che quest’ultimo non voleva affrontare la situazione". Il 5 ottobre poi una sospensione, a causa dell’avvio del Ramadam (o, secondo altri, perché i sindacati erano vicini all’accordo con il governo). Il giorno successivo gli insegnanti si sono ritrovati da soli a scioperare, senza i colleghi del settore sanitario.
Il sindacato BSPK ha infatti accolto le proposte del governo mentre quello che rappresenta gli insegnanti, il SBASHK, ha affermato che questi ultimi avrebbero continuato ad astenersi dal posto di lavoro sino a quando si sarebbe sottoscritto un contratto collettivo e i loro stipendi sarebbero stati adeguati a quelli degli altri settori pubblici. Secondo quest’ultimo ieri il 90% degli insegnanti avrebbe aderito allo sciopero.
Allo stesso tempo vi erano anche altri dipendenti pubblici che protestavano. Gli impiegati del Ministero dei servizi pubblici hanno infatti manifestato contro la decisione del Ministro in carica Melinate Termkolli che avrebbe, a loro avviso, licenziato un certo numero di dipendenti del Ministero a cui è a capo senza una giustificata motivazione. Vi sono stati anche scontri tra alcuni dei 200 manifestanti e la polizia e qualcuno ha avviato anche uno sciopero della fame occupando parte dell’edificio del Ministero.
A prescindere dai singoli casi ciò che emerge chiaramente è il desiderio di numerose categorie sociali del Kosovo che il governo inizi ad occuparsi di loro e non solo della politica dei massimi sistemi.
In passato più volte durante le riunioni di governo si è discusso della situazione nel settore scolastico ed in quello sanitario. Ma non sono mai state prese delle decisioni in merito alle richieste che arrivavano da quei settori.
Le promesse fatte in campagna elettorale non erano compatibili con il budget esistente e l’UNMIK, amministrazione internazionale, in passato ha già avuto dure discussioni con qualche rappresentante ministeriale arrivando a congelare i conti correnti di qualche ministero. Questo naturalmente ha causato spesso uno stallo nelle attività.
Le promesse fatte sono semplicemente molto lontane dalle possibilità effettive ed hanno portato alla situazione attuale.
Potrà il governo intervenire sul proprio budget per accontentare le richieste della varie categorie dei dipendenti pubblici (tenendo anche conto del loro elevato numero)? Questa sarà una sfida non facile da affrontare. Occorre però farlo, prima che la situazione degeneri.