Opzioni Kosovo

Il futuro del Kosovo verrà deciso in seno al Consiglio di Sicurezza Onu? Quando è probabile venga adottata una nuova risoluzione che sostituisca la 1244? E che tipo di risoluzione sarà? Aiuta a fare chiarezza un recente rapporto dell’ICG

01/06/2007, Davide Sighele -

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La percezione del tempo, si sa, è relativa. Questo è ancora più vero in merito alla definizione sullo status del Kosovo. Alle settimane si accavallano i mesi e gli anni. Dopo 14 mesi di negoziati tra Pristina e Belgrado nel marzo scorso il mediatore Onu Martti Ahtisaari ha presentato un proprio rapporto introduttivo corredato di una più corposa proposta – entrambi i documenti avevano ricevuto il pieno sostegno del Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon – al Consiglio di Sicurezza.

Prime reazioni: quasi metà dei membri del Consiglio hanno espresso riserve in merito alla proposta Ahtisaari e la Russia ha richiesto che l’intero Consiglio si recasse in Kosovo e Serbia. Missione compiuta: dal 25 al 28 aprile 2007.

Ciononostante, a differenza degli innumerevoli "falsi allarmi" degli otto anni che sono trascorsi dalla fine della guerra – a partire dalla strategia "standard prima dello status" sino a terminare con i negoziati di Vienna che altro non hanno avuto come conseguenza se non rendere possibile la presentazione del mediatore Ahtisaari di una proposta in Consiglio – questa volta sembra si stia facendo sul serio. Anche se, come già avvenuto in passato, la soluzione non sembra emergere dal confronto delle parti in causa ma piuttosto è, ancora una volta, imposta dall’esterno.

Probabilmente si arriverà quindi, in tempi ancora tutti da definire, ad una nuova risoluzione Onu che sostituisca la 1244, approvata all’indomani della fine dei bombardamenti NATO sulla Serbia. Questa dovrebbe contribuire a cambiare radicalmente il panorama kosovaro. Se la 1244 infatti si limitava a dare mandato affinché si svolgesse un "processo politico che contribuisse a determinare lo status futuro del Kosovo", con la nuova risoluzione è probabile si creino i presupposti per l’indipendenza della regione.

Aiuta a fare chiarezza sulla questione il recente rapporto dell’International Crisis Group "Kosovo: No Good alternatives to the Ahtisaari Plan" (Kosovo: nessuna buona alternativa al piano Ahtisaari). La posizione dell’autrevole think tank è chiarita fin dal titolo: il Kosovo deve divenire indipendente il prima possibile. Può essere condivisa o meno, ma il lavoro dell’ICG è ciononostante utile. Attraverso interviste a diplomatici, analisi di quanto pubblicato dai media e incontri con politici e analisti sia serbi che kosovari riesce a fornire uno sguardo che va al di là dei quotidiani e di breve respiro dispacci delle agenzie stampa internazionali.

In questo contesto si hanno, semplificando, tre schieramenti. Da una parte gli Stati Uniti e il governo del Kosovo. Sostengono l’opzione indipendenza, da raggiungere in tempi brevi. Poi l’Unione Europea che, seppur non senza incertezze di alcuni dei paesi membri, sostiene il piano Ahtisaari ma è pronta a compromessi e certamente non vuole rischiare il salto nel vuoto che deriverebbe da tempi troppo affrettati. Infine un terzo schieramento è rappresentato in particolare da Serbia e Russia: per il Kosovo si propone una forte autonomia, ma non l’indipendenza.

Vale la pena soffermarsi sulla posizione dell’Europa. Gli Stati Uniti potrebbero infatti riconoscere l’indipendenza del Kosovo anche se non venisse cambiata la 1244. Questo porrebbe l’Europa davanti ad un dilemma e a rischio paralisi. Carl Bildt, ministro degli Esteri svedese, in una sua dichiarazione rilasciata a Radio Free Europe lo scorso 30 aprile fa ben emergere le preoccupazioni europee quando invita i rappresentanti del governo USA a tener conto che un riconoscimento unilaterale da parte USA "giocherebbe con il fuoco" sia per i Balcani che per le relazioni degli Stati Uniti con l’Europa occidentale.

Ma quali, in queste settimane, le opzioni praticabili di cui si sta discutendo in seno alla comunità internazionale?

Una prima opzione è che venga approvata una nuova risoluzione che sostituisca la 1244 e che accolga senza modifiche sia il rapporto che la proposta complessiva di Ahtisaari. Garantendo così un mandato alle nuove strutture internazionali che dovrebbero costituirsi in Kosovo, a sostituzione dell’attuale missione Onu, l’Unmik. A partire dall’International Civilian Office (Ico) a guida Ue. In questa risoluzione, secondo l’ICG, verrebbe specificato l’unicità del caso kosovaro. E’ l’opzione auspicata dal think tank con sede a Washington. Ma lo spettro del veto russo aleggia più che mai su questa ipotesi. Potrebbero non votarla nemmeno altri membri del Consiglio di Sicurezza quali Indonesia, Sud Africa e forse Cina.

Si passa quindi alla seconda opzione. Una risoluzione che benché accolga molte delle indicazioni dell’ex presidente finlandese ponga più attenzione sui diritti delle minoranze, magari creando la figura di un "Rappresentante speciale per le minoranze" e inserisca una moratoria sull’accettazione del Kosovo in seno ai paesi membri dell’Onu, sino ad una verifica sull’andamento del processo di pace.

Se anche questa trovasse sulla sua strada un intransigente "niet" russo un’ulteriore ipotesi sarebbe l’adozione, in una risoluzione, della proposta Ahtisaari ma non della sua relazione introduttiva. In questo caso il Kosovo potrebbe dichiarare l’indipendenza, gli Usa e la maggior parte degli stati membri Ue riconoscerla, ma il Consiglio di Sicurezza non la riconoscerebbe esplicitamente attraverso la risoluzione.

Altra possibilità è che la 1244 venga emendata in parte o in toto prevedendo la sostituzione dell’Unmik con l’ICO, una nuova missione internazionale a guida Ue, alla quale Bruxelles sta già alacremente lavorando. Questo implicherebbe la mancata adozione dei documenti Ahtisaari e lo status rimarrebbe indefinito, con i soli Stati Uniti pronti a riconoscere subito l’indipendenza, forse seguiti da alcuni stati Ue che però, in merito, è probabile si divida.

Infine l’opzione caldeggiata dalla Russia. Mantenimento della risoluzione 1244 con l’adozione solo di alcune previsioni contenute nel piano Ahtisaari. Un prendere tempo in vista di un futuro migliore …

Anche se sino ad ora la Russia ha sottolineato che un piano per il futuro del Kosovo non può prescindere dall’appoggio di Belgrado non è scontato che questa non accolga perlomeno la terza opzione.

Questa è l’opinione dell’ICG che sottolinea come la Russia sia più preoccupata che il Kosovo rappresenti un precedente che vada a ledere il principio di sovranità – e che quindi costituisca un grimaldello giuridico che potrebbe scardinare varie aree dell’ex Unione Sovietica – più che curarsi effettivamente di quanto accade in Kosovo.

Ma la Russia – secondo l’ICG – non sarebbe pronta a portare avanti un faccia faccia diretto con Stati Uniti e Ue. Questo emergerebbe anche da alcune interviste realizzate dagli analisti ICG. "Auspichiamo un processo più graduale, più consistente, qualcosa che spinga i serbi del Kosovo a cambiare idea altrimenti il nord del Kosovo rischia la secessione", ha dichiarato un autorevole diplomatico russo che ha richiesto l’anonimato. Un altro diplomatico russo ha poi aggiunto che "Belgrado deve proporre qualcosa di creativo … ripetiamo a Belgrado che non siamo la loro mammina".

Opinione simile è stata espressa recentemente in un articolo pubblicato su Transition On-Line, tra i più autorevoli portali europei di informazione sul sud est Europa, secondo cui già negli anni ’90 "la Russia di Yeltsin non era pronta ad incrinare le relazioni con l’Occidente per simpatia nei confronti della causa serba" e, nonostante sullo scenario internazionale si sia ora rafforzata, anche la Russia di Putin potrebbe tenere lo stesso atteggiamento.

Ora sui tempi. Gli Stati Uniti insistono per proporre una bozza di risoluzione che vada votata entro giugno. La Russia vuole posporre tutto a settembre. Forse al G8 in programma per questo mese potrebbe arrivare un accordo tra i due Paesi. Ma non è affatto scontato. Anche perché la Russia non può ora ritirarsi precipitosamente. Per l’ICG i tempi però non dovrebbero essere troppo dilatati per non permettere a Belgrado e alla Russia di caldeggiare l’ipotesi della divisione del Kosovo.

La Serbia dal canto suo sembra ormai poter influire poco sul destino del Kosovo ma quest’ultimo condizionerà radicalmente quello della Serbia. Lo ha ben espresso recentemente l’ex ambasciatore USA a Belgrado William Montgomery, in una sua rubrica per l’emittente B92: "Anche se tutti noi potremmo sperare non sia così la realtà è che il futuro della Serbia dipenderà quasi completamente da come reagirà a quanto accadrà in Kosovo nel prossimo anno".

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