Onda d’urto
La vicenda legata all’esplosione del deposito di Gerdec ha cambiato radicalmente il clima politico albanese. La popolarità del premier Berisha è in calo, l’opposizione e la società civile rilanciano la necessità di urgenti riforme
L’esplosione di Gerdec dello scorso 15 marzo ha cambiato radicalmente il clima politico in Albania, inasprendo le discordie tra maggioranza e opposizione e vedendo la reputazione del premier Sali Berisha in caduta libera. Ma la tragedia con un bilancio di 26 morti e più di 300 feriti, sembra essere trattata dal governo albanese come una calamità naturale, cui fornire il dovuto soccorso e fare le condoglianze alle vittime. Nonostante l’attribuzione di tutte le responsabilità per l’esistenza di un sito del tutto irregolare come Gerdec e il fatto che siano stati più di una volta menzionati i nomi del premier e di suo figlio, il governo albanese sembra deciso a tirare avanti stoicamente con un solo ministro dimesso.
A seguito dell’esplosione, l’opposizione e la società civile hanno protestato per diversi giorni. A più riprese a Berisha è stato chiesto di rendere conto sulla questione oltre a rassegnare le dimissioni. Il clima conflittuale si è acuito ulteriormente quando il 27 marzo è uscito sulle pagine del "New York Times" un articolo investigativo sul traffico di armi provenienti dall’Europa orientale dirette in Afghanistan. Al centro delle investigazioni era la società americana AEY il cui presidente Efraim Diveroli, un ventiduenne, viene considerato dal giornale americano poco affidabile per intraprendere affari del genere. Nell’inchiesta si faceva luce sulla responsabilità delle autorità statunitensi per aver affrontato con poca serietà la concessione dei rifornimenti d’armi all’AEY.
Tra i paesi est-europei una particolare attenzione era riservata al caso Albania, dove oltre ai proiettili e munizioni vecchi di 40 anni, pericolosi e di scarsa efficienza, veniva menzionato anche il coinvolgimento del premier albanese, e di suo figlio che Diveroli definisce "una mafia troppo alta e insostenibile" per lui. Gli autori dell’articolo contattati da diverse tv private albanesi hanno affermato di essere stati minacciati e di aver avuto grandi difficoltà nello svolgere il proprio lavoro in Albania. Il messaggio era abbastanza chiaro nonostante l’articolo non trattasse solo l’Albania.
In Albania era nota l’intenzione di pubblicare un tale articolo, se ne era parlato in parlamento in una delle prime sedute appena dopo Gerdec ma il premier Berisha aveva rassicurato i media che i giornalisti venuti in Albania per investigare, "si erano sbagliati, non avevano trovato niente" e l’articolo non ci sarebbe stato. Invece il foglio del "New York Times" è stato portato a Berisha da Erjon Braçe vice capo del Partito Socialista. Ma Berisha, in diretta nella seduta parlamentare ha risposto a Braçe: "Quel foglio usalo come carta igienica, quelle sono fandonie che pubblicano i giornalisti, mafiosi come te".
A seguire sono state le reazioni del leader del PS e degli altri partiti dell’opposizione che hanno indetto altre manifestazioni. "Mi sento male a pensare che questo governo abbia portato l’Albania sulle pagine di uno dei giornali più letti al mondo come una terra di traffici d’armi e di corruzione dilagante" ha definito Edi Rama. Tutti i leader dell’opposizione hanno chiesto di avviare un’indagine anche sul premier.
Dalle fila del PD, invece, l’articolo del "New York Times" è visto solo come una serie di dati e fatti inventati per infangare l’immagine dell’Albania nel mondo. In un talk show della tv News24, il fondatore della Rilindja demokratike, giornale PD-ista, Mujo Buçpapaj, ha sostenuto che si tratta in realtà di complotti di stati nemici che vogliono rendere difficile il cammino euro-atlantico all’Albania. "Abbiamo delle informazioni dai nostri servizi segreti che stati nemici, e in particolare la Serbia, hanno programmato milioni di euro per gettare fumo sull’immagine dell’Albania all’estero" ha affermato Buçpapaj, interpretando con la stessa logica da guerra fredda l’esplosione di Gerdec. Tutto questo secondo Buçpapaj "per minare un momento storico dell’Albania, la ricezione del suo invito alla Nato". Le definizioni di Buçpapaj e altri sostenitori di Berisha sono state commentate dalla maggior parte degli analisti con un filo di ironia come logica arcaica da non prendere in considerazione.
Dopo molto tempo è ritornato sul campo Mjaft, il movimento più significativo della società civile albanese caduto in sordina negli ultimi anni. Gli attivisti di Mjaft hanno coperto di rotoli di carta igienica gli alberi davanti alla sede del Consiglio dei ministri. Sui rotoli era stampato il ritratto del premier Berisha. Mentre le manifestazioni dell’opposizione hanno avuto una tregua nei giorni clou del summit di Bucarest, dove maggioranza e opposizione si sono trovate unite nell’accogliere l’invito di adesione alla NATO.
Subito dopo il summit, però, di nuovo una folla di migliaia di persone, arrivate da tutta l’Albania è scesa in piazza Skanderbeg e nel boulevard principale di Tirana, con il motto "NATO Sì – Berisha No". Tra la folla si vedevano striscioni con scritto "Berisha, sei la nostra vergogna nazionale", "Berisha va … in pace", oppure "Vattene che te lo paghiamo noi il biglietto" e "Passerai alla storia come un assassino".
Negli ultimi giorni era giunto anche più di un messaggio positivo per il leader del PS da parte dell’ambasciatore americano John Withers, che nel paese viene considerato come un barometro degli umori internazionali sulla politica interna albanese. Withers ha apprezzato il ruolo dell’opposizione nei fatti di Gerdec, e si è congratulato con Rama per l’ottenimento dell’invito di adesione alla NATO, che secondo l’ambasciatore "è stato anche merito dell’opposizione". In molti hanno interpretato ciò come una perdita di fiducia nel premier albanese.
Ma Berisha ha più volte ribadito che non ha alcuna intenzione di dimettersi. Mentre negli Stati Uniti sono iniziate le indagini sul caso Diveroli e della sua EAY, la giustizia albanese non sembra aver notato il coinvolgimento del premier albanese nella questione di Gerdec. Non è la prima volta infatti che si parla di corruzione e della famiglia Berisha. Nel 2007 per mesi, mentre il governo sventolava lo slogan "Tolleranza zero" e trasparenza totale nella dichiarazione dei redditi, in diverse investigazioni giornalistiche si è parlato anche della milionaria figlia del premier, Argita Berisha, che però ha affermato di aver accumulato il suo immane patrimonio lavorando per l’UNMIK in Kosovo. Qualche analista continua a chiedersi perché la giustizia albanese abbia chiuso e continui a chiudere un occhio.
Da un mese a questa parte in Albania vige un clima politico da campagna elettorale. Il leader del PS, Edi Rama, ha intrapreso un lungo tour in tutto il paese, definito "Dialogo con l’Albania". Gli incontri assomigliano a dei veri e propri comizi elettorali con la differenza che non si scorge alcun tipo di programma politico, ma si cerca di parlare dei problemi dell’Albania, e del fallimento delle politiche finora attuate. Lo stesso tipo di tour ha intrapreso anche Ilir Meta, leader del LSI (Movimento Socialista per l’Integrazione) scissosi dal PS nel 2005, che con lo stesso linguaggio di Rama, denuncia sia le politiche e la personalità di Berisha sia quella di Rama.
La sinistra albanese si trova di nuovo divisa dopo la solidarietà dimostratasi dopo Gerdec. La semi campagna elettorale di questi giorni sembra un preambolo alle elezioni del 2009 che troveranno il PD di Berisha con scarsissime probabilità di buona riuscita. Nello stesso PD diversi deputati si sono pronunciati pubblicamente sulla necessità di attuare cambiamenti radicali nel partito per riuscire ad ottenere buoni risultati alle elezione del 2009. La sinistra invece molto probabilmente sarà divisa dalle rivalità tra i due maggiori leader, proprio come nel 2005.
Ma la campagna di manifestazioni e proteste di Rama ha subito un cambiamento dopo il summit della NATO. La necessità di riforme urgenti sembra trovi Berisha e Rama sulla stessa lunghezza d’onda. Il premier continua però a essere al centro delle critiche dell’opposizione e non manca all’attenzione dei media stranieri. Solo il 19 aprile il "New York Times" pubblicava un altro articolo sull’Albania, questa volta un reportage dai crateri di Gerdec dove si ponevano le stesse domande che molti albanesi si sono posti in questi giorni.
Berisha è stato invitato anche nella trasmissione della BBC, "Hard Talk" per parlare di Gerdec, corruzione, e sfiducia degli albanesi che secondo Transparency International raggiunge livelli record addirittura più alti che in Kosovo. Nelle tv albanesi invece il premier lo si vede molto più di rado rispetto a prima.
Gerdec, nonostante le irregolarità, i problemi irrisolti delle vittime si vede passare di giorno in giorno sempre più in secondo piano. Mentre la vera urgenza della politica albanese per ora sembra siano le riforme finora estremamente neglette.