Oluja, più vittime civili che militari

L’organizzazione non governativa Documenta lo scorso 28 luglio ha presentato l’elenco più completo finora redatto delle vittime dell’operazione Oluja (Tempesta), condotta dall’esercito croato nell’agosto del 1995 con l’intento di riprendere il controllo della Krajina

05/08/2025, Igor Lasić -

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Vesna Teršelič, direttrice del centro Documenta (foto Medija Centar Beograd )

(Originariamente pubblicato da Novosti , il 29 luglio 2025)

In vista della parata militare e di altre celebrazioni per il trentesimo anniversario dell’operazione “Oluja” [Tempesta] l’organizzazione non governativa Documenta lo scorso 28 luglio ha presentato alcuni dei risultati emersi da una ricerca più ampia, intitolata “Perdite umane 1991-1995 in Croazia – l’operazione militare Oluja e dopo”.

Il progetto è ancora in corso, quindi i dati presentati – relativi all’ultima fase della guerra degli anni ’90 in Croazia – non sono definitivi ed è molto probabile che col tempo vengano aggiornati. Ad ogni modo, si tratta del primo elenco completo delle vittime con dati personali verificabili. Per ogni vittima confermata si dispone di almeno tre fonti indipendenti.

Ci troviamo quindi di fronte ad una lista di 2.654 nomi di vittime – sia serbe che croate, ma anche di quelle non appartenenti a nessuna delle due parti coinvolte nel conflitto – suddivise in quattro categorie. Di tutte le persone incluse nell’elenco 2.353 sono vittime di guerra confermate o parzialmente confermate. Seguono le persone (126) che, pur essendo state inizialmente registrate come vittime di guerra, non possono essere considerate tali. Dagli accertamenti è infatti emerso che queste morti non sono legate all’operazione Oluja, bensì a malattie e incidenti. Ci sono poi 113 vittime di guerra non confermate (in questi casi non si dispone di fonti sufficienti per confermare l’identità e la dinamica della morte della vittima) e 62 persone che all’epoca dei fatti erano cittadini della Repubblica Federale di Jugoslavia o della Bosnia Erzegovina, e sono già state incluse in altri elenchi analoghi in questi paesi.

Oltre per la completezza, la ricerca di Documenta si contraddistingue per il fatto di aver ricostruito il destino di ogni singola vittima, a prescindere da status (militare o civile), appartenenza etnica, residenza, luogo e dinamica della morte.

“Oggi ‘Oluja’ viene celebrata come una vittoria da molte famiglie croate, soprattutto tra le persone alle quali quest’operazione aveva permesso di tornare nelle proprie case nei territori precedentemente occupati. C’è però anche il rovescio della medaglia, legato all’esodo, all’uccisione di civili e ai dispersi. Viene quindi da chiedersi in che modo, come società, ci siamo confrontati con il passato e se siamo pronti ad un riconoscimento reciproco della sofferenza”, ha affermato Vesna Teršelič, direttrice di Documenta.

Alla presentazione dei risultati della ricerca a Zagabria hanno partecipato anche il coordinatore Nikola Mokrović, la ricercatrice Božica Ciboci e Veselinka Kastratović, che segue i processi legati ai crimini di guerra.

Il nuovo elenco delle vittime comprende i dati – confrontati e verificati – provenienti da fonti ufficiali croate, tra cui i pubblici ministeri delle singole regioni, come anche quelli emersi da diverse perizie, compresa una nota di chiarimento della procura sull’identità e le dinamiche della morte delle vittime, inclusa tra gli atti del processo contro i generali croati Ante Gotovina, Ivan Čermak e Mladen Markač presso il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia all’Aja.

Tra le altre fonti a cui hanno attinto i ricercatori di Documenta ci sono i resoconti dettagliati del Comitato di Helsinki per i diritti umani in Croazia, tratti dal rapporto “L’operazione militare Oluja e dopo”, pubblicato nel 2001, nonché i dati raccolti dal Fondo per il diritto umanitario di Belgrado, dall’associazione “Suza” e dagli autori del "Libro bosniaco dei morti" .

Il processo di raccolta dei dati, oltre che sull’analisi della documentazione di diverse istituzioni, si è basato principalmente su una lunga esperienza di lavoro sul campo, comprese le numerose interviste con testimoni e familiari delle vittime, ma anche sulla collaborazione con altre associazioni impegnate nel documentare i crimini di guerra.

Tuttavia, come più volte ribadito da Documenta, il nuovo elenco delle vittime è incompleto, e quindi soggetto a modifiche. La presentazione pubblica dei risultati della ricerca è stata organizzata per incoraggiare ulteriori testimonianze in modo da contribuire a fare chiarezza sull’identità e sulla sorte di tutte le persone che hanno perso la vita durante l’operazione Oluja e nel periodo immediatamente successivo.

Partendo da quest’idea, i ricercatori di Documenta invitano chiunque disponga di informazioni utili a contattarli, garantendo la protezione dei dati personali.

Gli autori della ricerca sottolineano di apprezzare ogni tipo di aiuto che possa contribuire ad aggiornare l’elenco delle vittime, aggiungendo dettagli o correggendo eventuali errori. La qualità dei dati finora inclusi nell’elenco varia in modo significativo proprio a causa della mancanza e dell’inaffidabilità delle fonti.

Nonostante tutte le lacune, quello presentato da Documenta lo scorso 28 luglio è l’elenco più completo finora stilato, dove per ogni vittima vengono citati tutti i dati personali che è stato possibile verificare. Quindi, oltre al nome e al cognome, per la maggior parte delle vittime sono indicati anche il sesso, i nomi dei genitori, la data e il luogo di nascita, la regione e il luogo di residenza, la cittadinanza, la nazionalità, ma anche il luogo, le circostanze e la data di morte.

Delle 2.353 persone incluse nella prima categoria, 1.747 sono di nazionalità serba, 466 di nazionalità croata e 11 di un’altra nazionalità. Per le restanti 128 persone non è stato possibile reperire dati affidabili sull’appartenenza nazionale.

Le vittime della prima categoria sono poi suddivise tra quelle confermate e quelle parzialmente confermate: la conferma completa riguarda il 96% delle vittime di nazionalità croata e il 64% di quelle registrate come serbe. I ricercatori di Documenta hanno dovuto fare i conti con la mancanza di fonti e testimoni affidabili, ma anche con l’impossibilità di accertare l’identità delle vittime, difficoltà legata anche ai cosiddetti doppi registri.

In alcuni casi invece non si è riusciti a ricostruire con certezza le circostanze e la causa di morte per via delle informazioni alternative o contraddittorie e narrazioni divergenti.

La ricerca copre un arco temporale piuttosto esteso – prima, durante e dopo l’operazione “Oluja”. Nello specifico, il periodo dal 25 luglio al 3 agosto 1995, compresa l’operazione “Ljeto 95” [Estate 95], condotta dal 25 luglio al primo agosto, poi l’operazione “Oluja” e infine il periodo successivo al 9 agosto con la battaglia di Bosansko Grahovo dal 12 al 17 agosto, l’operazione “Maestral” dal 23 agosto al 16 settembre, l’operazione “Una” dal 18 al 19 settembre e l’operazione “Južni potez” [Linea meridionale] dal 9 all’11 ottobre 1995.

Le operazioni militari successive a “Oluja” – condotte principalmente in Bosnia Erzegovina, coinvolgendo però sia l’esercito croato che una parte dei ribelli serbi della Croazia – hanno trovato posto nella ricerca di Documenta proprio perché sono parte integrante di un unico contesto che ha caratterizzato gli ultimi mesi di guerra in entrambi i paesi.

Il periodo coperto dalla ricerca si estende al 14 gennaio 2001, il giorno della morte dell’ultimo soldato delle forze ribelli serbe in Croazia, nella regione della Banija, che fino a quel momento aveva rifiutato di arrendersi all’esercito e alla polizia croata.

Quanto alla classificazione delle vittime per luogo di residenza, la maggior parte proviene dalla contea di Sisak-Moslavina (639), seguita dalla contea di Sebenico-Knin (476), la contea di Zara (340), la contea di Lika-Senj (285) e quella di Karlovac (279). Tra i comuni di residenza delle vittime spicca Knin (359), ricordata anche come la città con il maggior numero di vittime (398). In base all’età al momento del decesso, la maggior parte delle vittime (43%) rientra nella fascia dai 36 ai 64 anni, il 33% aveva 65 anni o più e il 24% aveva un’età compresa tra i 13 e i 35 anni. Sono state registrate anche sette vittime di età inferiore ai 13 anni.

Stando ai dati di Documenta, si contano 1.170 vittime civili, 918 militari, 228 con status misto, 22 appartenenti alle forze di polizia e 15 con status indeterminato. Di tutte le vittime civili, 1.055 erano di nazionalità serba. Nel rapporto sono state incluse anche alcune statistiche particolari che rivelano una ventina di cause di morte che non elencheremo qui nel dettaglio.

Tutti i dati sono disponibili sul sito di Documenta, con un invito a collaborare rivolto a tutti quelli che dispongono di ulteriori informazioni che possano contribuire alla ricerca e a completare il registro delle vittime.

La presentazione dei risultati a Zagabria si è conclusa constatando che le speranze dei familiari delle vittime sono ben lungi dall’essere soddisfatte. Molti dei casi e dei dati disponibili non sono mai stati nemmeno registrati dagli organismi giudiziari, per non parlare della quasi totale assenza di una chiara condanna, da parte della magistratura croata e del Tribunale dell’Aja, dei crimini commessi durante e dopo “Oluja”.