Oluja, dieci anni dopo

Dieci anni fa, il 4 agosto 1995, prendeva avvio l’operazione Tempesta. L’esercito croato riconquistava le Krajne e metteva in fuga centinaia di migliaia di civili serbi. Sia in Croazia che in Serbia si ricorda quanto avvenuto, ma la memoria rimane divisa

04/08/2005, Luka Zanoni -

Oluja-dieci-anni-dopo

L'allora presidente croato Franjo Tudjman a Knin nel 1995

Oluja, la Tempesta. L’operazione dell’esercito croato che il 4 agosto di dieci anni fa iniziò con le granate sulla Krajna di Knin. L’intento quello di "liberare" il territorio occupato dalle forze serbe che non opposero grande resistenza. Nell’arco di qualche giorno i 250.000 serbi della Krajna furono obbligati alla fuga dall’esercito croato che effettuò una delle operazioni di pulizia etnica più rilevanti dei conflitti seguiti al disgregarsi della Jugoslavia.

Dei crimini commessi contro i civili serbi durante quell’operazione sono stati chiamati a rispondere presso il Tribunale penale internazionale dell’Aja alcuni generali croati, compreso uno dei latitanti eccellenti dei Balcani: Ante Gotovina. Quest’ultimo in patria è considerato però tutt’altro che un criminale e piuttosto l’eroe della liberazione croata.

E se la Croazia in questi giorni d’estate sembra essere pronta ad affrontare il confronto con un passato scomodo e criminale, messo a nudo dall’emersione di gravi crimini commessi nei confronti di civili serbi a Osijek, Slavonia orientale, non lo sembra altrettanto – né la popolazione né tanto meno i vertici politici – ad affrontare quelli commessi durante l’operazione Oluja.

La stampa croata, con rare eccezioni, ricorda l’anniversario del 4 agosto facendo ampio riferimento alla vittoria dell’operazione Oluja, senza far cenno alle brutalità che durante e dopo quell’operazione sono accadute e sulle quali indaga pure il Tribunale internazionale dell’Aja. In Croazia, che domani festeggerà il giorno della liberazione, le alte cariche dello Stato si stanno già affrettando a prepararsi per le celebrazioni e per ricordare che l’operazione Oluja è stata un atto di liberazione, e niente affatto un’azione durante la quale si sarebbero commessi gravi crimini come tempo fa affermato anche dalla procura del Tribunale dell’Aja, sollevando una bufera di critiche da parte dell’opinione pubblica croata.

Sul versante opposto invece, ossia sulla stampa serba, le pagine dei quotidiani si riempiono di fotografie e articoli su ciò che viene definita "un’operazione sanguinosa e criminale". La Serbia ricorda oggi quel giorno con il lutto nazionale. A più riprese emerge inoltre il tentativo di paragonare mettendo sullo stesso piano l’operazione Tempesta con quanto avvenuto a Srebrenica.

Profughi serbi in fuga

Coglie nel segno quindi Heni Erceg, direttrice del settimanale di Spalato "Feral Tribune", quando scrive: "Così come gli schermi e le pagine dei media croati sono piene di ‘generali’ e delle loro falsità su quanto è accaduto durante o subito dopo l’operazione Oluja, quando è stato veramente liberato il loro territorio ma sono state veramente bruciate in massa le case serbe e sono stati uccisi vecchi inermi di nazionalità serba, così ‘là lontano’ (in Serbia, ndr) gli schermi e i quotidiani sono pieni di tipi simili che da giorni insistono sul fatto che l’intera Oluja è stata un’azione criminale né più né meno del massacro di Srebrenica".

Sulla comparazione di Oluja con Srebrenica, in Serbia si è aperto nei giorni scorsi un dibattito. Tra le varie dichiarazioni, volte a decostruire questo parallelo, assume un grande valore quella del rappresentante al parlamento croato della minoranza serba, Milorad Pupovac quando afferma: "Srebrenica e Oluja non sono la stessa cosa, per quanto sia ampio e comune il contesto. Per Srebrenica è responsabile la politica dei Serbi della BiH e di tutte le altre forze della Serbia che le stavano dietro, così come del destino dei Serbi prima di Oluja e durante Oluja è responsabile la politica di Belgrado e i politici della Krajna mentre per tutto ciò che è accaduto ai Serbi dopo Oluja è responsabile il governo di Zagabria".

A nostro avviso vi è un unico parallelo forte tra questi due tragici episodi della storia europea recente.. Sia per Srebrenica come per l’operazione Oluja le parti in causa vivono una memoria profondamente divisa. Ed in pochi si stanno attivando per cercare di trovare e far emergere una memoria che almeno in parte possa essere condivisa. Il presidente serbo Boris Tadic ha insistito pubblicamente affinché la controparte croata riconoscesse i crimini legato all’operazione Oluja, facendosi forte del fatto di aver partecipato alla commemorazione di Potocari del decennale di Srebrenica. Ma lo stesso Tadic, dimentica che il parlamento serbo non è stato in grado di approvare una dichiarazione di condanna del crimine di Srebrenica.

Sicché, come sempre, è facile additare i crimini e le responsabilità degli altri, ma non è per niente facile o scontato assumersi quelli di casa. Oltre le possibilità e i gesti più o meno ufficiali dei politici locali, fortunatamente nelle ex repubbliche jugoslave esistono individui e organizzazioni che si battono per la verità dei crimini commessi dai propri connazionali. Se in Serbia c’è Natasa Kandic che da un decennio lotta per l’affermazione della responsabilità della politica serba nei crimini delle guerre degli anni novanta, il suo omologo croato è Zarko Puhovski, impegnato da anni nel mettere a nudo i crimini commessi contro la popolazione serba. È con una punta di tagliente ironia che Miljenko Dereta scrive nell’edizione odierna del quotidiano belgradese "Danas" la seguente frase, riferendosi a tutti coloro che faticano ad accettare il prezioso lavoro di queste persone, per non parlare di coloro i quali non fanno altro che cercare di impedirlo. "Forse questa ‘spiacevole situazione’ può essere risolta con il metodo del trasferimento: la Kandic a Zagabria e Puhovski a Belgrado".

Commenta e condividi

La newsletter di OBCT

Ogni venerdì nella tua casella di posta