Olli Rehn: una road map per i Balcani

Dopo l’annuncio del parere positivo della Commissione Europea all’apertura di negoziati per un Accordo con la Bosnia Erzegovina, il Commissario all’Allargamento Olli Rehn illustra la road map per i Balcani occidentali, e le possibili conseguenze di mutamenti istituzionali in Kosovo e Montenegro. Nostra intervista

23/10/2005, Andrea Oskari Rossini, Luka Zanoni - Ginevra

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Olli Rehn

Trascrizione e traduzione: Carlo Dall’Asta

Osservatorio sui Balcani – Commissario Rehn, lei ha lavorato e sta lavorando all’allargamento in un contesto mutato rispetto all’esperienza della Commissione Prodi, soprattutto a seguito dei referendum in Francia e Olanda sulla Costituzione Europea. Il cambiamento di clima politico in Europa ha influenzato il suo lavoro?

Olli Rehn – È certamente vero che si avverte un certo affaticamento nel processo di allargamento, o un certo ripensamento, ma io credo che all’origine dei problemi ci siano il malcontento sociale e un diffuso senso di insicurezza tra i cittadini europei, che derivano da un alto livello di disoccupazione e in generale da problematiche di tipo sociale.

Dobbiamo prima di tutto affrontare questi problemi con politiche appropriate centrate sulla crescita economica e sulla creazione di posti di lavoro, e non fare dell’allargamento un capro espiatorio di problemi interni. E’ certamente importante tenere nella giusta considerazione il consenso dei cittadini, affrontando i problemi economici con misure di politica economica, ma per quanto riguarda ad esempio i Balcani occidentali ottemperare ai nostri impegni, il che significa lavorare per la stabilità e la sicurezza nell’interesse dell’Europa.

Il 3 ottobre e i giorni successivi hanno segnato una data storica per il percorso europeo dei Paesi balcanici, in particolare Croazia e Serbia-Montenegro. Con Gotovina e Mladic ancora latitanti, non c’è tuttavia il rischio che l’Unione Europea abbia annacquato i criteri di adesione, in particolare sul tema dei crimini di guerra?

La piena cooperazione col Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia è sempre stata e rimarrà una condizione fondamentale per procedere nel percorso di integrazione europea. Per quanto riguarda la Croazia, la sua piena cooperazione è stata riconosciuta in ottobre, e questo ha permesso l’apertura dei negoziati. È necessario che questa piena cooperazione sia mantenuta, finché i latitanti rimasti, in particolare Ante Gotovina per quanto riguarda la Croazia, Ratko Mladic e Radovan Karadzic per quanto riguarda Serbia-Montenegro e Bosnia Erzegovina, siano catturati e consegnati alla giustizia. Ma il criterio cruciale è che il Paese deve fare la sua parte al meglio, fare tutto ciò che è nelle sue possibilità per cooperare col Tribunale al fine di localizzare e consegnare tutti i criminali. E questo è stato il caso della Croazia.

Lei ha fatto riferimento ad una sorta di ‘affaticamento’ sul tema dell’allargamento. Al termine di una eventuale nuova tornata di accessi, l’Europa non rischia di diventare un soggetto politicamente più debole, anche se economicamente più forte?

Abbiamo bisogno tanto di un’Europa politicamente forte quanto di un’Europa economicamente dominante. Ed entrambi questi fattori sono legati a quanto sta avvenendo sotto il profilo dello sviluppo economico nell’Unione Europea. In altre parole, attualmente noi abbiamo problemi così grandi, in termini di disoccupazione e di cittadini insicuri su ogni aspetto del proprio futuro, che dobbiamo focalizzarci sulla crescita economica e sulla creazione di posti di lavoro, sia negli Stati membri che a livello dell’Unione. Una volta che avremo fatto progressi nella crescita economica e nella creazione di posti di lavoro, sono sicuro che il pubblico in Europa avrà più fiducia nei suoi leader, il che faciliterà questi ultimi a prendere decisioni in un clima migliore, in condizioni migliori, anche sul piano dell’allargamento.

Tre anni fa l’Unione Europea era fortemente a favore dell’unione tra Serbia e Montenegro. È ancora così? Quanto un referendum in Montenegro influirebbe sui colloqui per l’Accordo di Stabilizzazione e Associazione tra Bruxelles e l’Unione S-M?

Io sono molto felice del fatto che siamo recentemente riusciti ad aprire i negoziati sull’Accordo di Stabilizzazione e Associazione con la Serbia e Montenegro. Questo è il risultato delle riforme nel Paese, riforme coraggiose, e della cooperazione significativamente migliorata col Tribunale dell’Aja. Ora ci sono altre questioni aperte, e certamente la questione del referendum in Montenegro è una di queste. Noi ci auguriamo che tutti considerino molto attentamente l’opportunità e i tempi di un possibile referendum, nella prospettiva di avere i migliori risultati possibili nei negoziati con l’Unione Europea.

Noi stiamo procedendo con un doppio binario, negoziamo con l’Unione sui temi che ricadono nelle sue competenze – come ad esempio la politica estera – mentre discutiamo con le due Repubbliche, di Serbia e di Montenegro, i temi che ricadono nelle loro competenze, ad esempio le politiche commerciali, che sono una parte molto importante di questo Accordo. Possiamo fare progressi in ogni caso, ma certo una eventuale separazione tra le due Repubbliche ci obbligherebbe come Commissione a chiedere al Consiglio un nuovo mandato per i negoziati, il che avrebbe come effetto quello di ritardare l’intero processo.

La definizione dello status del Kosovo faciliterebbe il procedere dei negoziati sull’Accordo di Stabilizzazione e Associazione con Serbia-Montenegro?

Il processo di definizione degli standard sta progredendo. Per supportarlo ulteriormente, e in generale per sostenere lo sviluppo economico in Kosovo, è importante che ci sia chiarezza sul futuro status. In altre parole, dobbiamo sia lavorare per migliorare gli standard, in particolare di protezione delle minoranze, che procedere nei colloqui sul futuro status del Kosovo. La mia opinione è che sia nell’interesse di tutti una chiarezza sul futuro status, da conseguire attraverso un dialogo costruttivo tra Pristina e Belgrado, come anche all’interno della comunità internazionale.

Quindi la soluzione della questione del Kosovo potrebbe essere d’aiuto anche per l’Accordo di Stabilizzazione e Associazione tra Unione di Serbia and Montenegro e Unione Europea?

È importante raggiungere una soluzione alla questione del Kosovo, lavorare sugli standard e risolvere la questione dello status, e noi ci aspettiamo che la Serbia e Montenegro contribuirà in modo costruttivo a questo processo. Da parte nostra, siamo pronti a fornire una credibile e concreta prospettiva europea per la Serbia-Montenegro. Una delle condizioni è che questo Paese abbia un approccio costruttivo sui colloqui per il Kosovo, come anche in generale dei buoni rapporti di vicinato nel contesto regionale.

Possiamo fare una previsione sulla possibile data di ingresso di Serbia-Montenegro e Bosnia e Erzegovina nell’Unione Europea?

Non credo sia molto utile indicare date se non ci sono risultati concreti, senza solide basi. Ora è più importante concentrare tutta l’energia sui negoziati e sulle riforme economiche e legislative di cui c’è bisogno, e seguire la road map che già abbiamo per arrivare alla firma degli Accordi di Stabilizzazione e Associazione. Dopo questo, speriamo, iniziare i negoziati per l’accesso e infine, una volta che tutti gli impegni saranno stati soddisfatti, ci sarà l’ingresso a pieno titolo nell’Unione.

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