Oleksandra Matviichuk: giustizia, resilienza e ripresa dell’Ucraina
Giustizia, ruolo dell’UE, vita sotto occupazione russa, centralità della persona nei piani di ricostruzione in Ucraina: ne abbiamo parlato con Oleksandra Matviichuk, avvocata per i diritti umani e direttrice del Center for Civil Liberties, organizzazione insignita del Premio Nobel per la Pace 2022

Oleksandra-Matviichuk-giustizia-resilienza-e-ripresa-dell-Ucraina
Oleksandra Matviichuk al forum Yalta European Strategy (YES) a Kyiv - © Shutterstock
Oleksandra Matviichuk è un’avvocata ucraina per i diritti umani e direttrice del Center for Civil Liberties, insignita del Premio Nobel per la Pace 2022 per il suo lavoro di documentazione dei crimini di guerra e di difesa della democrazia durante l’invasione russa dell’Ucraina. Sotto la sua guida, l’organizzazione ha svolto un ruolo chiave nella difesa della giustizia, nel sostegno ai prigionieri politici e nel monitoraggio delle violazioni dei diritti umani, affermandosi come una voce di spicco negli sforzi internazionali per la difesa delle libertà civili nella regione.
Alla Conferenza sulla ripresa dell’Ucraina tenutasi a Roma qualche settimana fa, lei ha sottolineato l’importanza di prestare la dovuta attenzione agli aspetti umani e culturali, non solo a quelli militari o economici, poiché sono vitali per preservare non solo l’identità, ma anche la sicurezza nazionale. A suo avviso, come si possono garantire una ripresa significativa e una pace giusta e duratura?
Noi vogliamo semplicemente vivere e costruire un paese come vogliamo. La Russia sta cercando di vincere la guerra e spezzare la resistenza della gente attraverso il dolore e occupare il paese. In tutti questi tre anni, nonostante l’enorme peso, nonostante milioni di persone soffrano, continuano a resistere, ognuno al suo posto.
Alla conferenza di Roma ho trasmesso due messaggi principali. In primo luogo, la ripresa dell’Ucraina non può essere rinviata a dopo la guerra perché non sappiamo quando accadrà. La Russia sta deliberatamente distruggendo il potenziale economico dell’Ucraina, quindi gli sforzi di ripresa devono iniziare ora per garantirne la sopravvivenza. In secondo luogo, quando le persone vedono la devastazione in luoghi come Bucha o Mariupol, spesso pensano solo alla ricostruzione di infrastrutture civili come abitazioni e strade. Ma al centro della ripresa devono esserci le persone.
Dobbiamo parlare di programmi di sostegno per le persone che tornano nelle aree distrutte, di assistenza alle imprese ucraine che hanno perso risorse a causa degli attacchi, e non dobbiamo dimenticare l’ambiente, che ha subito danni devastanti. E naturalmente, dobbiamo rispondere ai bisogni di coloro che sono sopravvissuti ai crimini di guerra: hanno bisogno di assistenza materiale, medica e psichiatrica. Solo una ripresa incentrata sulla persona può essere veramente sostenibile e non può aspettare.
Perché sostiene che abbiamo bisogno di un Tribunale speciale per il crimine di aggressione contro l’Ucraina? Non bastano le istituzioni internazionali esistenti?
Non esistono istituzioni in grado di perseguire Putin, i vertici politici e il comando militare della Federazione russa per il crimine di aggressione; persino la Corte penale internazionale non ha giurisdizione in tal senso. Tutti i crimini che documentiamo sono il risultato della decisione di iniziare una guerra, rendendo l’istituzione di un Tribunale speciale per le aggressioni essenziale per colmare questa lacuna di responsabilità. È molto importante che il 25 giugno sia stato firmato un accordo storico tra l’Ucraina e il Consiglio d’Europa, che ha segnato l’inizio della sua istituzione.
Perché è importante istituire un Tribunale del genere ora?
Perché nel XXI secolo il nostro compito è garantire che la giustizia non dipenda da come e quando finirà la guerra. Questa è un’idea rivoluzionaria: se vogliamo prevenire guerre in futuro, dobbiamo punire gli stati e i leader che le scatenano ora.
I Tribunali di Norimberga e di Tokyo dopo la Seconda guerra mondiale costituiscono in un certo senso un precedente, ma in realtà erano tribunali dei vincitori della guerra. Si è stabilita una norma tacita secondo cui la giustizia è privilegio dei vincitori. Ma la giustizia non può essere un privilegio, è un diritto umano fondamentale.
Molto è cambiato da Norimberga, ma l’Ucraina ha dovuto compiere enormi sforzi per convincere la comunità internazionale che non si doveva aspettare e far dipendere la giustizia dall’esito della guerra. Se c’è un crimine, ed esiste, se ci sono persone che hanno commesso questo crimine, ed esistono, allora deve esserci una punizione.
I doppi standard stanno mettendo a dura prova il quadro giuridico internazionale. Come pensa che si evolverà la situazione quando si tratterà di garantire giustizia all’Ucraina?
A mio parere, dobbiamo smettere di chiamarli doppi standard. Dobbiamo parlare del fatto che paesi in diverse parti del mondo violano il diritto internazionale e, a seconda delle loro simpatie politiche, scelgono una strategia piuttosto che un’altra.
Questo non riguarda solo i paesi occidentali. Guardiamo quanti paesi africani e latinoamericani votano all’Assemblea generale delle Nazioni unite sull’aggressione russa contro l’Ucraina. Oppure ricordiamo che, anche dopo che la CPI ha annunciato un mandato di arresto per Putin, il Presidente del Sudafrica lo ha invitato al vertice dei BRICS. Il Sudafrica è un paese che ha presentato un reclamo alla Corte internazionale di giustizia per il genocidio a Gaza, ma allo stesso tempo chiude un occhio sull’invasione russa, dichiarandosi neutrale.
Pensa che l’Unione europea potrebbe fare di più per fermare le atrocità?
C’è sempre molto da fare, ma prima di tutto, iniziamo con parole di gratitudine per il sostegno ricevuto dall’Ucraina, cruciale per la sua sopravvivenza nei primi anni di questa guerra.
Rimangono ancora molti compiti urgenti. Una questione critica riguarda i 300 miliardi di euro di beni statali russi detenuti dai paesi del G7, attualmente congelati in base al regime di sanzioni: un importo di gran lunga superiore a tutti gli aiuti finora forniti all’Ucraina. È logico che l’aggressore debba pagare per i danni causati e che la Russia si rifiuterà di farlo. Questi fondi congelati potrebbero essere investiti in un fondo fiduciario speciale per sostenere la ricostruzione dell’Ucraina, risarcire le vittime e acquistare armi: ciò per cui i nostri partner europei attualmente non hanno fondi. Nonostante questa urgenza, non è stato ancora fatto nulla per confiscare questi beni. Ma ci sono solo due opzioni: questi beni saranno trasferiti per scopi dell’Ucraina o alla fine torneranno alla Russia, che chiaramente li utilizzerà per aumentare ulteriormente le sue spese militari.
Cosa significa vivere nei territori occupati? Gran parte dell’opinione pubblica occidentale non sembra averne un’idea chiara.
È vero, la gente non capisce cosa sia l’occupazione e non vuole approfondire, nonostante ci siano moltissime informazioni. Ci sono i rapporti periodici delle Nazioni unite, per cominciare. Potrebbero sembrare aridi e burocratici, ma in realtà ti fanno capire immediatamente che l’occupazione non significa semplicemente cambiare una bandiera con un’altra. L’occupazione è fatta di sparizioni forzate, stupri, prigionia illegale, cancellazione dell’identità, adozione forzata dei figli, campi di filtraggio e fosse comuni.
L’occupazione non riduce la sofferenza umana, la rende semplicemente invisibile, perché le persone non hanno modo di proteggersi. E l’occupazione è comunque guerra secondo il diritto internazionale umanitario, solo in una forma diversa.
Da undici anni documentiamo i crimini commessi dalla Russia nei territori occupati dell’Ucraina. Posso illustrare l’essenza dell’occupazione con un esempio specifico. Questa è la storia dello scrittore per bambini Volodymyr Vakulenko. Ha scritto opere meravigliose per i bambini ucraini e un’intera generazione è cresciuta con il suo "Libro di papà". Durante l’occupazione russa, è scomparso. Conosco la sua famiglia. La famiglia ha creduto fino alla fine che lui, come migliaia di altri civili ucraini, fosse illegalmente tenuto prigioniero dai russi. Ma quando l’esercito ucraino ha cacciato i russi dalla regione di Kharkiv, abbiamo trovato fosse comuni nella foresta vicino alla città di Izyum. Lì giacevano centinaia di corpi di uomini, donne e bambini. Alcuni di loro avevano le mani legate dietro la schiena. E nella fossa numero 319 c’era il corpo di Vakulenko. Era stato torturato e picchiato. Ci si può chiedere: perché i russi avrebbero dovuto uccidere uno scrittore per bambini? Perché potevano. Questa è l’essenza dell’occupazione.
Cosa può dire degli ucraini che, nei territori temporaneamente occupati, "collaborano" con le forze russe?
È una domanda molto difficile. Da un lato, dev’essere la legislazione ucraina a decidere. Una cosa è vivere nei territori occupati ed eseguire determinati ordini delle autorità occupanti per sopravvivere. Questo deve essere trattato con comprensione. Ad esempio, le persone accettano l’imposizione forzata della cittadinanza russa, perché altrimenti rischierebbero semplicemente di essere deportate. D’altro canto, chi contribuisce all’occupazione in un modo definito dal Codice penale ucraino, come ad esempio commettere reati, deve comprendere chiaramente che ne sarà ritenuto responsabile.
Le modifiche al Codice penale sono state apportate nel maggio 2022, introducendo articoli sul collaborazionismo. Gli attivisti ucraini per i diritti umani, tuttavia, hanno criticato queste modifiche perché non rispettavano pienamente gli standard internazionali.
La pratica si è sviluppata in modo piuttosto contraddittorio. Da un lato, ci sono persone che dovrebbero essere perseguite, ma non lo sono. Dall’altro, vediamo persone che non hanno fatto nulla che potesse essere considerato un rafforzamento del regime di occupazione attraverso crimini, ma per qualche motivo sono finite sotto processo.
Come riesce a rimanere resiliente e motivata di fronte a sfide così immense e ad un carico emotivo così gravoso quando documenti atrocità?
Penso che ci siano diverse cose che mi spingono ad andare avanti. Innanzitutto, il senso di responsabilità. Questa è la guerra più documentata nella storia dell’umanità. Nel nostro database, che stiamo realizzando insieme ai nostri partner, abbiamo più di 88.000 episodi di crimini di guerra. Questi non sono solo numeri. Dietro questi numeri ci sono vite umane. È davvero molto importante per me che queste storie non rimangano registrate solo negli archivi nazionali, ma diventino la base per la giustizia e perché alle persone siano restituiti i loro nomi, i diritti violati e la dignità umana.
In secondo luogo, so che tutti i nostri sforzi hanno un significato, nonostante la sfida che ci troviamo ad affrontare sia enorme. Se non facciamo nulla, non realizzeremo il futuro a cui aspiriamo. Pertanto, lottare per questo futuro è sempre la strategia migliore.
Hanno contribuito a questo articolo Francesca Barca (Voxeurop) e Florian Niederndorfer (Der Standard)
Questo articolo è stato prodotto nell’ambito di PULSE, un’iniziativa europea coordinata da OBCT che sostiene le collaborazioni giornalistiche transnazionali.
Tag: Pulse












