Nuovi ministri, vecchi problemi
Quattro mesi fa il primo annuncio e poi, ad inizio aprile, la conferma: in Kosovo il premier Hashim Thaci ha effettuato un rimpasto di governo. Dietro l’iniziativa, però, non sembra esserci alcuna chiara strategia politica se non quella di confondere l’opinione pubblica
Alla fine è successo. Il rimpasto di governo annunciato quattro mesi fa in Kosovo è stato messo in atto il primo aprile scorso, anche se i mass media hanno dovuto prima accertarsi che non si trattasse di un pesce d’aprile.
Sei i ministri sostituiti: tre del Partito Democratico del Kosovo (PDK), di cui fa parte il premier Hashim Thaci, e tre della Lega Democratica del Kosovo (LDK), il principale alleato del PDK nella coalizione governativa. Thaci ha poi istituito il nuovo ministero per l’Integrazione, creato per rafforzare i legami con l’Unione Europea e la Nato.
Le prime ipotesi di mutamento dell’esecutivo erano state ventilate già nel novembre scorso, durante la campagna elettorale per le elezioni amministrative, le prime tenute in Kosovo dopo la dichiarazione d’indipendenza del 2008.
Nonostante siano alleati di governo, il PDK e l’LDK si sono confermati agguerriti rivali in campagna elettorale: i due partiti si sono lanciati pesanti accuse, tacciandosi l’un l’altro di cattiva gestione della cosa pubblica. Il PDK e l’LDK hanno anche accennato a un possibile “divorzio politico” , dopo due anni di convivenza al governo.
E subito dopo le elezioni, il vice-premier Hajredin Kuci (PDK) ha affermato che la coalizione PDK-LDK doveva essere rivista, salvo poi moderare i toni toni con il più blando “il governo ha bisogno di un ‘tagliando’, per offrire un servizio migliore ai cittadini”. Da queste prese di posizioni si poteva intuire la volontà di PDK ed LDK, i due principali attori politici del Kosovo, di operare alcuni cambiamenti nella compagine governativa per assicurarsi altri 18 mesi al governo. I due partiti avevano dato vita all’inizio del 2008, poco prima che il Kosovo dichiarasse l’indipendenza, ad una coalizione che a molti apparse “innaturale”, viste le notevoli differenze politiche tra le due formazioni.
Questo “tagliando”, però, tardava a concretizzarsi. In compenso, ogni giorno, sugli organi di stampa e in TV apparivano dichiarazioni di rappresentanti del governo e dell’opposizione che pontificavano sull’importanza di un rimpasto di governo mentre commentatori e politologi scommettevano su chi sarebbe rimasto in carica e chi avrebbe dovuto lasciare la poltrona.
Le istituzioni internazionali presenti in Kosovo, dal canto loro, hanno ricondotto la necessità di un rimpasto ad un cambio di passo necessario nella lotta alla corruzione. La missione europea Eulex, attraverso i principali organi di stampa e la TV, si è spinta sino ad invitare il governo di Thaci a sostituire i ministri sospettati di essersi indebitamente appropriati di milioni di euro.
A rimpasto avvenuto, tuttavia, sembra che i “consigli” internazionali siano stati poco ascoltati. Non vi è stata nessuna bocciatura di ministri o altri alti ufficiali coinvolti in recenti scandali e nessuno è stato punito per aver gestito le risorse a sua disposizione in maniera inappropriata nel corso del mandato. Thaci, al contrario, ha lodato l’operato dei ministri uscenti e non ha accennato minimamente ai motivi per cui questi ministri sono stati sostituiti, alimentando la frustrazione di alcuni dei “trombati”. E in molti si chiedono: se i ministri uscenti hanno davvero “fatto un buon lavoro”, perché prendersi il disturbo di rimescolare le carte?
Secondo i leader del partito d’opposizione “Alleanza per il futuro del Kosovo” (AAK), l’iniziativa del governo rappresenta sostanzialmente una strategia per nascondere la propria incapacità politica e la corruzione dilagante tra i ministri, gettando fumo negli occhi dei media e degli stessi cittadini.
Di fatto, individuare un chiara strategia politica e i criteri utilizzati per effettuare il rimpasto di governo è piuttosto difficile. Ad esempio, Idriz Vehapi, ministro dell’Agricoltura, un fedelissimo del PDK, è stato sostituito dal portavoce dello stesso partito Blerand Stavileci. Secondo i critici, Stavileci viene premiato per aver promosso il PDK sui principali organi di stampa e in TV negli ultimi due anni.
Un altro dicastero che ha visto un cambiamento ai vertici è quello della Cultura dove, inspiegabilmente, un artista come Valton Beqiri è stato sostituito dal dottor Lutfi Haziri, un biologo.
Come se la professione di Haziri non costituisse già in sé un elemento di perplessità, si aggiunge il fatto che il nuovo ministro è stato fino a poco fa un fedelissimo dell’LDK nonché uno dei più feroci critici di Thaci e del suo governo nel corso dell’ultima campagna elettorale.
Haziri e altri due ministri (il nuovo ministro degli Interni, Bajram Rexhepi, e il ministro della Sanità, Bujar Bukoshi) non sono nuovi al loro compito, visto che hanno già fatto parte di altri governi in passato. Chiaramente, Thaci è venuto meno al suo impegno di escludere “la vecchia guardia” dall’esecutivo e di dare spazio a nuovi volti della politica. L’opposizione, perplessa dalle decisioni di Thaci, ha già annunciato che, come previsto dalla costituzione, promuoverà interpellanze parlamentari su un rimpasto che definisce “di facciata”.
Nonostante la posizione ufficiale del governo, diversi settori della società civile sembrano convenire sul fatto che il criterio in base al quale sono state operate le varie espulsioni è stato, di fatto, proprio la corruzione dei ministri coinvolti. Ma sempre da questi ambienti non emergono comunque grandi speranze. Secondo Avni Zogiani, direttore della ONG anti-corruzione “Cohu”, è stata applicata la formula “più sei corrotto, più sei al sicuro”, altrimenti, ha commentato Myzejene Selmani, membro dell’AAK, “ Thaci avrebbe dovuto essere il primo ad auto-estromettersi”.
Dopo che l’epopea del rimpasto di governo si è conclusa, pur senza avere portato reali speranze di cambiamento nella vita politica del Kosovo, pare che l’élite politica di Pristina (nonchè la maggior parte dei media) abbia trovato un altro modo per distrarre l’opinione pubblica: la costruzione della prima autostrada del Kosovo.
Lanciato alla fine di aprile, questo importante progetto infrastrutturale costituisce il prolungamento dell’autostrada in costruzione nella vicina Albania, destinata a collegare il Kosovo al Mare Adriatico. L’arteria stradale dovrebbe raggiungere la Serbia passando attraverso Pristina. L’inizio dei lavori di costruzione di quella che è stata già battezzata “la Strada Nazionale degli Albanesi” è stato annunciato a più riprese per intere settimane, in TV, via radio, sui giornali, su cartelloni stradali: i kosovari hanno avuto così l’occasione di vivere l’ennesimo “momento storico”.
Tuttavia, gli slogan nazionalisti sembrano, per ora, prevalere sui fatti, e molti interrogativi sul progetto rimangono senza risposta. Ad esempio, non è ancora stato individuato con precisione il tracciato dell’autostrada, mentre il costo stimato dell’arteria, lunga 118 km, ha ormai raggiunto i 700 milioni di euro ( il budget statale del Kosovo per il 2010 ammonta ad appena 1, 46 miliardi di euro).
L’esperto di economia Muhamet Mustafa sostiene che il costo del progetto costringerebbe il governo a contenere gli investimenti in altri settori. Inoltre, non è da escludere che il costo lieviti ulteriormente, a causa dell’assenza di un progetto dettagliato. L’autostrada potrebbe diventare un macigno enorme per l’economia kosovara.
Tuttavia, facendo una semplice operazione matematica, la strategia del governo prevede di bilanciare il costo dell’autostrada privatizzando l’Ente Poste e Telecomunicazioni, l’aeroporto di Pristina e l’Ente Nazionale Energia del Kosovo (KEK), facendo poi confluire i proventi della privatizzazione nella costruzione dell’autostrada.
In attesa che l’autostrada diventi realtà, i nuovi ministri dell’Amministrazione, della Sanità, della Cultura e dell’Agricoltura, si uniranno alla danza di un governo che sembra stretto tra due vicoli ciechi. Sul piano interno, infatti, alla coalizione risulta sempre più difficile migliorare la gestione dell’amministrazione e sviluppare politiche sociali ed economiche efficaci, mentre a livello internazionale l’esecutivo Thaci non sembra avere alcuna strategia a lungo termine per ottenere il riconoscimento da parte di altri paesi. La cosa peggiore, comunque, è che il Kosovo sembra arrancare nel processo di integrazione nella UE .
Mentre le vicine Albania e Bosnia Erzegovina procedono verso l’abolizione dei visti, che potrebbe arrivare per la fine dell’anno, i kosovari potrebbero essere gli unici a rimanere tagliati fuori dal processo di liberalizzazione degli accessi. A quel punto, anche l’idea di una nuova autostrada per Tirana potrebbe perdere in gran parte il suo fascino.