Nucleare romeno: via Enel, arrivano i cinesi
I sei grandi investitori che avrebbero dovuto rilanciare la centrale nucleare di Cernavoda si sono ad uno ad uno ritirati. Per ultimi AcelorMittal e Enel. A sostituirli entra in gioco la Cina con la forza dei suoi capitali
A uno a uno si sono defilati tutti. I sei grandi investitori stranieri che avevano creduto nel progetto di potenziamento della centrale nucleare romena di Cernavoda hanno ceduto le proprie partecipazioni nella società EnergoNuclear che è diventata di fatto una controllata statale. Le ultime due a mollare gli ormeggi sono state Enel e ArcelorMittal.
Tra le motivazioni dell’uscita dei sei player (di altissimo livello) che avevano creduto nel piano romeno ci sono le lungaggini, la mancanza di scadenze certe, la crisi che ha investito la Romania e – soprattutto – l’arrembaggio della Cina che è piombata sul progetto con la forza dei suoi capitali.
Adesso il governo romeno dovrà riuscire a portare a casa l’accordo con i cinesi, ma nel frattempo dovrà liquidare entro la fine di gennaio le quote di Enel e ArcelorMittal.
Pechino
Bucarest ha quindi visto nell’offerta di Pechino l’unica vera possibilità per portare avanti il piano di costruzione di due reattori nucleari, ma ha di fatto rinunciato all’iniziale strategia che prevedeva la partecipazione di grandi azionisti internazionali e gare d’appalto pubbliche a livello internazionale per la costruzione delle due nuove unità da 600-700 megawatt l’una di potenza.
A questo punto Bucarest dovrebbe passare il testimone di azionista di maggioranza del consorzio EnergoNuclear (detiene attualmente l’84.6% attraverso Nuclearelectrica) alla Cina o altrimenti il piano di ampliamento da sei miliardi di euro di investimenti potrebbe arrivare a una prematura chiusura.
I primi passi verso i cinesi sono stati già fatti e questo è uno dei motivi che hanno spinto Enel a tirarsi indietro. L’esecutivo romeno, infatti, si è detto pronto a cedere parte della sua quota di EnergoNuclear, alla cinese China General Nuclear Power Corporation, che si è detta interessata a partecipare all’investimento nella costruzione di due reattori con tecnologia Candu, in collaborazione con la canadese SNC-Lavalin.
Prova del fatto che l’understanding tra Bucarest e Pechino è già ad alti livelli è il memorandum d’intesa firmato già nel novembre scorso nel quale però Pechino ha posto come condizione che il governo romeno resti coinvolto nel progetto. Attualmente la società statale Nuclearelectrica gestisce i due reattori operativi a Cernavoda che hanno una capacità produttiva di 1.400 MW, il 18% del fabbisogno annuo della Romania.
L’ambizioso progetto di raddoppio (era previsto anche un terzo reattore aggiuntivo ma non nell’attuale fase di elaborazione) porterebbe la quota parte di energia prodotta da nucleare a quasi la metà del fabbisogno del Paese.
Il fallimento di un consorzio
Ma anche se la Romania dovesse portare a casa il risultato finale, di certo la storia del consorzio EnergoNuclear non può essere archiviata come un successo, soprattutto in termini di rapporti con le principali società del settore utility europeo.
Ormai sette anni fa il governo romeno scelse, dopo lunghe consultazioni e la presentazione delle offerte, sei partner strategici: ArcelorMittal Romania (6,2%), Cez (9,15%), Enel (9,15%), Gdf Suez (9,15%), Iberdrola Spain (6,2%) e Rwe (9,15%). Nel 2008 vennero firmati i documenti per la creazione di EnergoNuclear, il consorzio pubblico-privato che avrebbe dovuto gestire la creazione dei due reattori.
Due anni dopo, a novembre del 2010, il progetto ottenne l’ok della Commissione europea ma a quel punto di investitori stranieri erano rimasti solo Enel e ArcelorMittal, con lo stato, azionista di maggioranza, incapace di rispettare gli impegni finanziari per portare avanti il piano.
Poi è stato concluso lo studio di fattibilità, che ha visto la luce a settembre del 2012, ma il progetto è rimasto ancora nel cassetto fino all’arrivo decisivo, in un senso o nell’altro, della Cina.
In liquidazione
A questo punto il governo romeno dovrà, però, liquidare le quote in EnergoNuclear di Enel 9,15% e ArcelorMittal 6,2%, entro 30 giorni dall’annuncio del ritiro, avvenuto il 23 dicembre. "Enel è entrata nel progetto per i reattori 3 e 4 di Cernavoda nel 2007, come parte di una cordata di aziende interessate a investire nel piano – ha spiegato il gruppo italiano dopo l’annuncio del ritiro – nel frattempo la maggior parte delle compagnie energetiche si sono ritirate e l’iniziale struttura dell’azionariato è cambiata in modo significativo. Inoltre il recente annuncio da parte del governo di un possibile ingresso nel progetto di un costruttore che abbia anche il ruolo di azionista di maggioranza ha ulteriormente impattato sulla struttura della proprietà del consorzio, al punto da renderla incompatibile con le nostre valutazioni iniziali".