Novi Val
La New Wave in ex Jugoslavia: coordinate sociali, culturali e politiche di un fenomeno underground trasversale alle diverse repubbliche. Intervista a Dragica Vukadinović, curatrice della mostra "New Wave al Skc 1977-1989". La scena di Belgrado
Il Skc (Centro culturale studentesco) di Belgrado ha organizzato nel dicembre 2009 la mostra "Tre decenni di Novi Talas (New Wave)", destinata ora ad essere esposta in varie città della Serbia. Attraverso una serie di fotografie, manifesti e filmati dell’epoca si torna a parlare di uno dei fenomeni più vivaci e creativi che hanno attraversato la scena culturale jugoslava negli anni ’80. Dragica Vukadinović è la curatrice della mostra e del centro archivistico-bibliotecario del Skc.
Che cosa fu il fenomeno della Novi Val (New Wave) nella ex Jugoslavia?
Io posso parlare della Novi Val soprattutto a Belgrado ed in particolare al Skc (Centro culturale studentesco), perché ci lavoravo. Secondo me la Novi Val, che inizia tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, rappresenta l’invasione sulla scena di una nuova generazione e di un nuovo milieu culturale molto creativo. Si tratta di giovani consumatori di musica e arte, i quali finalmente capiscono di poter vivere come i loro coetanei in altri paesi, comprendono che molte cose sono diventate più accessibili e rivendicano il loro diritto a proprie forme di espressione. Credo che noi che lavoravamo al Skc, istituzione che negli anni ’70 era legata all’arte concettuale, abbiamo colto il potenziale insito nella Novi Val, senza preoccuparci troppo della qualità e delle categorie, ma attenendoci al principio che tutti debbano avere un’occasione per mostrare cosa possono fare. Dopo un certo periodo questo potenziale è emerso anche con dei lavori seri, a livello musicale e artistico. Già nel 1978 sono apparsi Koja e Milan Mladenović, che hanno prima formato i "Limunovo drvo", poi "Šarlo akrobata", e infine gli "Ekaterina Velika" e i "Disciplina Kičme"; inoltre c’erano gli "Električni Orgazam", gli "Idoli", che forse sono la band più rappresentativa del fenomeno, e molti altri. Intendiamo la Novi Val come un fenomeno per indicare quel periodo, gli anni ’80.
In un articolo apparso sul quotidiano "Politika" Kosta Bunuševac, noto per le sue opere d’arte d’avanguardia, ha definito la Novi Val una "rivoluzione artistica ed estetica"…
In un certo senso sì. Non erano più solo i professionisti del settore ad occuparsi di musica, arte, teatro ma si faceva avanti una nuova generazione urbana di liceali, e in quel senso l’accesso alla produzione di cultura diventò molto più democratico e gli eventi si iniziarono a organizzare con facilità. Per me la Novi Val è stata più un fenomeno sociale e culturale, un modo di vita, che una categoria nel senso artistico. Ad esempio si sapeva che il punk non era la Novi Val, ma spesso i due termini venivano mischiati. Le performance si trasformavano in qualcosa che oggi si potrebbe chiamare eventing. I concerti spesso diventavano session e poi party, e questi party avevano un’importanza fondamentale come luogo di incontro, dove venivano gettate le fondamenta per gli eventi successivi. E anche all’interno delle memorie di quel periodo, come in quelle di Isidora Bjelica, i party giocano un ruolo fondamentale. Erano anni di ottimismo, in cui si credeva che la situazione sarebbe continuamente migliorata. Poi sono arrivati gli anni ’90 a mostrare che le cose non erano così semplici. I giovani di allora ad un certo punto hanno preso la situazione nelle loro mani, hanno formato band, registrato demo. Uno degli eventi chiave fu il primo grande concerto della Novi Val, durato due giorni senza interruzione al Skc, nei quali le band si alternavano sul palco, la gente arrivava dalla provincia e si metteva in lista per suonare. Inoltre ci fu un concorso sulle fotografie rock, al quale venne dedicata una striscia televisiva. Quasi ogni band aveva la sua fanzine, in genere fatta con macchina da scrivere e fotocopiatrice. Tutto era diventato più accessibile, compresi i prodotti culturali, e gli standard di vita erano cambiati. Il Skc è emerso come un grande produttore di questo materiale artistico, nonché come luogo cult, in cui sono cresciuti alcuni dei personaggi che avrebbero ricoperto un ruolo chiave nella scena culturale, come il fotografo Dragan Papić, Nebojsa Pajkić, animatore dei programmi culturali e critico cinematografico, e Miomir Grujić, creatore del club Akademija. Purtroppo poco si è conservato del materiale prodotto perché non si pensava che un giorno avrebbe potuto avere un qualche valore.
Quante influenze arrivavano dall’esterno?
Le relazioni erano fortissime con altre città della Jugoslavia, e soprattutto con Zagabria, Lubiana, Sarajevo, Skoplje, Novi Sad e i relativi centri studenteschi. La gioventù della Novi Val sviluppò delle relazioni forti ed equilibrate anche con l’ambiente underground europeo, in special modo quello londinese, ed americano. I materiali circolavano, si facevano dei business con la vendita delle cassette e delle registrazioni. Alcune persone viaggiavano, altre si trasferivano all’estero. Al Skc suonavano band europee. Questo tipo di relazioni esistevano anche nel campo delle arti figurative, in cui la comunicazione era molto sviluppata, specialmente con la scena tedesca e con quella italiana. Poi con gli anni ’90 sono arrivate le guerre in Jugoslavia, l’embargo culturale in Serbia, non si è più potuto viaggiare senza visti e queste relazioni sono state troncate. Prima, invece, il passaporto jugoslavo era famoso per le possibilità di viaggiare che offriva.
C’erano dei legami tra la Novi Val e la politica?
Quella degli anni ’80 era la prima generazione non impegnata e che pensava al divertimento. La Novi Val, con la sua leggerezza, in un certo senso è stata una reazione agli anni ’70, che erano molto seri e severi e vivevano ancora sul 1968. A Belgrado ad essere coinvolti nel fenomeno della Novi Val erano molto spesso i rampolli dell’alta società del regime socialista, che amavano l’arte e la musica ma anche i party e il glamour. Questo spiega anche perché le autorità erano più arrendevoli, rispetto ad esempio agli anni ’70, quando le critiche erano più frequenti. Il governo iniziava a comprendere l’ampiezza del fenomeno e a utilizzarlo in senso politico. Nel 1984-85 la New Wave era già pienamente accettata e venivano organizzati moltissimi concerti in cui a suonare erano delle band fino a poco tempo prima considerate impresentabili.
Quali sono le coordinate temporali della Novi Val?
Nella nostra mostra al Skc prendiamo come inizio il concerto del 1977 dell’"arty band" Kosmetika, nell’ambito degli "aprilski susreti", noto festival a cui prendevano parte artisti di avanguardia da tutta Europa e da tutto il mondo. Per "arty band" intendo un gruppo rock i cui membri erano artisti, avevano una formazione musicale, ma la musica non era la loro principale vocazione. Diciamo che la musica era parte di un fenomeno collettivo più ampio. Noi al Skc come coordinata temporale finale abbiamo preso il 1989, quando la maggior parte delle band dell’epoca ha suonato nell’ambito di un grande progetto e di una grande mostra per il 25 maggio, compleanno di Tito e "Giornata della gioventù", per il quale era stato possibile ottenere un grosso finanziamento. Quella fu l’ultima volta che il 25 maggio venne celebrato.