“Non dimentichiamo Srebrenica”
Per dare giustizia, riconoscimento e rispetto ai sopravvissuti e alle famiglie delle vittime del genocidio di Srebrenica occorre ripartire dalla scuola: sia in Bosnia Erzegovina che nell’intera regione si deve educare al passato, sfatare miti, educare alla giustizia e all’uguaglianza per tutti
Ogni 11 luglio dal 1995, migliaia di persone si riuniscono a Potočari per commemorare il genocidio di Srebrenica, il crimine più orribile commesso in Europa dalla Seconda guerra mondiale. I sopravvissuti e le famiglie delle vittime chiedono giustizia, riconoscimento e rispetto.
In pochi giorni di quel luglio di ventitré anni fa, più di 8.000 ragazzi e uomini sono stati giustiziati in modo sistematico e brutale e 30.000 persone sono state sfollate con la violenza. D’allora, i parenti delle vittime – e in particolare le madri che hanno perso mariti, figli, fratelli – hanno iniziato un lungo, coraggioso cammino per la giustizia e il riconoscimento.
Lungo questo cammino, hanno trovato una certa misura di entrambi. Il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia ha stabilito che a Srebrenica c’è stato genocidio e ha condannato alcuni dei criminali di guerra che l’hanno orchestrato o che vi hanno partecipato. E le organizzazioni di base stanno superando grandi ostacoli per iniziare il difficile processo di riconciliazione. Tutto ciò ha un forte significato, ma rimane poca consolazione per i sopravvissuti del genocidio e le famiglie delle vittime.
Esigono che i loro cari siano trovati, ma il lento processo d’identificazione infligge loro altra sofferenza. Chiedono assistenza sanitaria per curare il loro trauma e ottengono cure inferiori alle norme. Chiedono di trovare i responsabili del genocidio, ma molti criminali di guerra sono ancora liberi e impuniti. Chiedono riconoscimento, ma la loro sofferenza è ignorata, denigrata o negata.
Quest’ultimo è certamente una delle offese più oltraggiose che i sopravvissuti e le famiglie delle vittime sono stati costretti a sopportare dopo il genocidio. Eppure, hanno trovato la forza di continuare la loro lotta per la verità e la giustizia, nonostante la negazione e la minimizzazione del genocidio, che avviene anche nell’istruzione. Le scuole mono-etniche e il sistema "due scuole sotto un tetto", così come l’ignoranza del passato e la manipolazione dei fatti sulla recente guerra, ancora caratterizzano l’istruzione in Bosnia ed Erzegovina.
Una tale situazione perpetua le divisioni etniche che hanno reso possibili tensioni attuali e passate e ostacolano la riconciliazione e la pace. Dobbiamo cambiarla.
I sopravvissuti al genocidio di Srebrenica devono ricevere un’adeguata protezione sociale e una migliore assistenza legale per far valere i loro diritti e ottenere riparazione.
Le autorità politiche e giudiziarie in Bosnia ed Erzegovina e in Serbia devono migliorare la loro cooperazione per porre fine all’impunità, identificando e punendo i criminali di guerra. Devono anche investire di più nell’identificare tutte le vittime del genocidio e chiarire il destino dei dispersi. Devono intensificare la ricerca di fosse comuni e assicurare che i testimoni che possono rivelare le informazioni necessarie per identificare tutti gli altri luoghi in cui sono stati sepolti i cadaveri si sentano sicuri di farlo.
I governi e tutti coloro che prendono decisioni devono adottare politiche lungimiranti che stabiliscano le varie responsabilità. Devono anche concentrarsi sull’istruzione. Questa deve diventare una responsabilità condivisa, principalmente per la Bosnia ed Erzegovina e la Serbia, ma anche per altri paesi europei, non solo nell’ex Jugoslavia.
I sistemi educativi nella regione devono diventare più inclusivi. Devono condurre le giovani generazioni fuori dalle caverne del pregiudizio in cui la manipolazione della realtà offusca la verità e diffonde il seme dell’odio. I libri scolastici, non solo in Serbia e Bosnia-Erzegovina, ma in tutta Europa, devono includere una testimonianza obiettiva delle atrocità passate, incluso il genocidio di Srebrenica, ritraendolo senza connotazioni politiche o etniche. Devono educare al passato, educare per sfatare miti, educare alla giustizia e all’uguaglianza per tutti.
I paesi europei dovrebbero fornire maggiore sostegno alle iniziative di base per la riconciliazione. Dovrebbero inoltre esercitare maggiore pressione sui politici e altri personaggi pubblici in Serbia e Bosnia-Erzegovina affinché smettano di negare il passato e di costruire una società e un’istruzione più inclusive.
Come l’Olocausto e il genocidio in Ruanda, il genocidio di Srebrenica non è stato un incidente. È iniziato ben prima che accadesse. È iniziato quando degli esseri umani sono stati additati a causa della loro appartenenza etnica. È cresciuto con un discorso pubblico, fomentato da alcuni media, che li ha disumanizzati e ha emarginato voci critiche. Ha preso forma nello sterminio sistematico e industriale di un grande gruppo di persone, sotto gli occhi di una comunità internazionale passiva. E continua oggi, con la negazione e l’impunità.
Il genocidio di Srebrenica ha segnato una delle pagine più oscure della storia europea. Se vogliamo scrivere un futuro più luminoso, dobbiamo ricordare cosa è successo e trattare tutte le vittime come nostre vittime, senza connotazioni politiche o etniche. Dobbiamo riconoscere la sofferenza dei sopravvissuti e delle famiglie delle vittime. Dobbiamo fare della loro lotta per la giustizia il nostro obiettivo.
Come Commissaria per i diritti umani continuerò a chiedere giustizia per tutte le vittime dei crimini avvenuti durante le guerre nei Balcani. Servire la giustizia è l’unico modo in cui tutti possiamo confrontarci con il passato e impedire che si ripeta.
* Dunja Mijatović, Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa