Nella giornata di sabato centinaia di cittadini albanesi e kosovari si sono dati appuntamento a Kukës per manifestare contro il nuovo pedaggio autostradale entrato in vigore tra i due paesi da domenica 25 marzo. Decisa unilateralmente da Tirana, la nuova tassa per l’utilizzo della “Strada della Nazione” prevede un pedaggio di 2.5 euro per le moto, 5 euro per le automobili e fino a un massimo di 22 euro per i camion.
La protesta si è svolta su entrambi i lati dell’autostrada. Inizialmente respinti dalle forze dell’ordine, i manifestanti hanno risposto con un fitto lancio di pietre e di oggetti contundenti, riuscendo infine a bloccare la circolazione e a incendiare i nuovi caselli adibiti al pagamento del pedaggio. La circolazione è ripresa nel pomeriggio, dopo diverse ore di scontri e di negoziati. Il bilancio è di circa tredici feriti tra gli agenti e di almeno tre feriti tra i manifestanti.
La protesta è stata sostenuta da tutti gli schieramenti politici locali, mentre il Sindaco di Kukës ha fatto appello ai governi dei due paesi per concordare una soluzione che sia nell’interesse dei cittadini e delle imprese. In giornata, il premier albanese Edi Rama è rientrato d’urgenza da Valona e ha definito l’accaduto “una violenza barbara su un bene comune, che avrà la risposta che merita, con tutta la forza della legge”. Solidale ai manifestanti invece l’opposizione del Partito Democratico, mentre il presidente della Repubblica Ilir Meta ha diramato un appello alla ragionevolezza. Per volontà del governo, da sabato la città di Kukës è sotto lo stretto controllo delle forze dell’ordine arrivate da Tirana, e nella notte sono stati effettuati numerosi controlli e arresti.
Nei giorni scorsi, l’iniziativa imposta dal governo albanese era stata oggetto di un lungo dibattito anche in Parlamento. Secondo il partito socialista del premier Rama il governo non riuscirebbe a farsi carico dei costi di manutenzione dell’autostrada, che in questi anni ha subito gravi danni, mentre per il leader dell’opposizione Lulzim Basha una doppia tassazione è da escludere, perché il governo raccoglie già la tassa di circolazione per l’adempimento della stessa funzione.
Mentre l’aula discuteva, circa 150 camion provenienti dal Kosovo attraversavano simbolicamente il confine senza carico, esponendo dei cartelli che chiedevano al governo albanese di rivedere l’ammontare del pedaggio. Sempre in segno di protesta, molti cittadini kosovari hanno deciso di passare il fine settimana a Skopje e non in Albania, causando lunghe file al confine con la Macedonia. Almeno 20 autobus di linea diretti in Albania sono passati sempre dal confine macedone.
Nelle ultime ore la manifestazione ha raggiunto anche Tirana. Qualche centinaio di persone si è radunato davanti alla Direzione della Polizia della capitale, dove sono stati trasferiti i manifestanti arrestati. Secondo diversi rappresentanti della società civile, gli arresti sarebbero avvenuti in un clima di t[]e, gli arrestati non avrebbero avuto da mangiare per dodici ore ed alcuni di loro non avrebbero ricevuto i trattamenti medici richiesti dalle condizioni di salute.
Due rapporti dell’Ombudswoman Erinda Ballanca pubblicati negli ultimi giorni sottolineano diverse irregolarità nella documentazione e nelle procedure di arresto. Nei verbali fino ad ora messi a disposizione da parte delle autorità albanesi manca l’ordine di arresto emanato dalla Procura e non è indicata l’ora in cui si sono svolte le operazioni di polizia.
Inaugurata dal governo Berisha nel novembre del 2012, la cosiddetta “Strada della Nazione” è al centro della bufera da ben prima dell’annunciato pedaggio. Realizzata senza alcuno studio di fattibilità e con l’ausilio di procedure abbreviate, questa arteria dall’alto valore simbolico ha in realtà avuto un impatto del tutto trascurabile in termini di scambi commerciali tra due paesi, e negli anni è divenuta il simbolo proverbiale della corruzione e dell’inefficienza dello Stato e della politica.
Quello che tutti gli automobilisti albanesi sanno, è che per un percorso di 137 km i costi di costruzione ammontarono a 1.4 miliardi di euro: stando alla Corte dei Conti il danno erariale toccherebbe i 230 milioni di euro, una cifra a cui vanno aggiunte le spese di manutenzione (dal 2016 non più a carico dello Stato ma affidate ad una ditta privata), calcolate intorno a decine di milioni di euro l’anno. Insomma, dopo anni di inefficienze, il governo albanese ha presentato il passivo ai cittadini, chiedendogli di contribuire ad appianare il buco.