Negoziati in Transnistria, le due facce della medaglia

Si riaprono i negoziati tra la Repubblica di Moldavia e la regione separatista della Transnistria, malgrado le posizioni delle parti rimangano distanti. A complicare ulteriormente la situazione l’ambigua posizione tenuta dalla Russia

29/09/2011, Natalia Ghilaşcu -

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Tiraspol, Palazzo Presidenziale (sugarmelon.com/flickr)

Chişinău, capitale della Repubblica moldava, e Tiraspol, capitale de facto della regione separatista della Transnistria, rilanceranno i negoziati ufficiali entro fine anno. La decisione è stata adottata congiuntamente dalle parti in occasione di colloqui svoltisi a Mosca il 21 settembre scorso. I negoziati formali per la risoluzione del conflitto territoriale erano sospesi dal 2006, ma ora le parti sembrano guardare con ottimismo alla possibilità di un nuovo accordo.

Piccoli passi

Secondo Eugen Carpov, vice-primo ministro ed ex ambasciatore moldavo a Bruxelles, i negoziati non saranno facili, vista la necessità di ratificare nuove decisioni e documenti. “Il nostro governo ha la propria agenda e una visione complessa dei negoziati a venire. Spero che un altro incontro si possa tenere durante la presidenza lituana dell’OSCE”. La presidenza lituana ha infatti invitato le parti ad avviare i negoziati ufficiali a Vilnius in novembre. Carpov ha annunciato che ogni parte dovrà arrivare preparata all’incontro e che altri incontri tecnici si terranno sia a Tiraspol che a Chişinău.

Il compito più difficile sarà trovare un compromesso fra posizioni opposte. Chişinău offre alla Transnistria l’autonomia all’interno della Repubblica, mentre Tiraspol punta all’indipendenza e forse all’annessione alla Federazione russa. Secondo il politologo Sergey Sirokov, solo il dialogo può avvicinare le controparti. “Trovare modelli di risoluzione non è facile, entrambe le regioni hanno bisogno di stabilità politica ed entrambe sono in periodo elettorale”.

In attesa del voto

Molti esperti sono scettici sull’effettivo rilancio dei negoziati per fine anno. La campagna elettorale non è il periodo migliore per avviare i negoziati ufficiali. In Transnistria in 500.000 andranno al voto per le presidenziali l’11 dicembre prossimo, mentre in Moldavia continua la crisi di governo: nessun presidente è riuscito ad ottenere la maggioranza in Parlamento nelle ultime due elezioni. L’assenza di un governo è fra le ragioni che hanno finora portato Tiraspol a rifiutare i negoziati.

Il ruolo della Russia

Si profila incerta la rielezione di Igor Smirnov, presidente de facto della Transnistria, visto l’appoggio ufficialmente dichiarato dal partito russo di governo “Edinaja Rossija” al contendente Anatol Kaminski. Dopo la visita a Mosca di quest’estate, Kaminski ha dichiarato che la Federazione russa aveva stanziato per la Transnistria due milioni di dollari, a titolo di aiuti umanitari per l’integrazione delle pensioni di anzianità.

La posizione ufficiale russa ha sempre sostenuto la necessità di rispettare l’integrità territoriale della Repubblica moldava, ma più recentemente Vladimir Putin ha mandato messaggi di sostegno al candidato Kaminski. Secondo il politologo Petru Bogatu, il contenuto della lettera è più controverso del gesto stesso: si parlerebbe di un’ambiziosa strategia di sviluppo per la Transnistria entro il 2015, con garanzie di sostegno da parte della Federazione russa. La lettera ha sollevato le reazioni del mondo diplomatico: le autorità moldave hanno messo in guardia la Russia sulle implicazioni delle mire separatiste sui negoziati.

In seguito a colloqui informali fra Filat e Smirnov tenutisi in Germania il 9 settembre scorso, il presidente della Commissione elettorale della Transnistria ha chiesto all’ambasciata russa a Chişinău di controllare le visite dei politici russi che appoggiano apertamente Anatol Kaminski, dato che la legge proibisce ai rappresentanti di altri Paesi di fare campagna elettorale.

Smirnov e Filat

Durante i colloqui in Germania, il leader di Tiraspol Igor Smirnov ha dichiarato che, a prescindere dai futuri risultati elettorali, i negoziati ufficiali saranno avviati solo su un piano di equità giuridica: "Non abbiamo mai fatto parte della Repubblica moldava e non siamo disposti a discutere l’integrazione territoriale. Non è questo il nostro problema, se non per i cittadini moldavi. Ogni tentativo di mettere questo in agenda equivale a far fallire i negoziati”.

Vlad Filat, primo ministro moldavo, ha presenziato ai colloqui in Germania. Una novità dato che in precedenza era noto per il suo approccio a base di “football diplomatico” verso il leader separatista mentre si trovava a disagio nei faccia a faccia: “Non è facile andare nel tuo stesso Paese attraversando il confine su macchine blindate, ma andrei anche sulla Luna se servisse a risolvere il conflitto e reintegrare il Paese”, ha dichiarato in un’intervista a Hotnews.

La comunità internazionale

Secondo Iurie Leanca, ministro degli Esteri moldavo, il conflitto congelato non è più un problema di Mosca, ma di tutta la comunità internazionale: “Il problema non è solo nelle mani di Chişinău e Tiraspol, ma trascende i confini nazionali. Abbiamo chiesto alla Russia di agire in qualità di donatore e sostenere interventi sociali in Transnistria. Il 15% dei fondi europei che riceviamo va alla parte orientale del Paese. Non è colpa nostra se loro li rifiutano con motivazioni strumentali, come presunti rischi per la sicurezza nazionale della Transnistria”, ha dichiarato a Radio Free Europe.

La Federazione russa offra alla Transnistria sconti del 30% sul gas e finanzia il 15% delle pensioni. A prescindere dalle varie influenze esterne sulla regione, l’alto rappresentante UE Catherine Ashton ha incoraggiato lo svolgersi dei prossimi negoziati in formato 5+2, con UE e USA nel ruolo di osservatori. Questo, insieme alla mediazione di Ucraina, Federazione russa e OSCE, dovrebbe portare a misure pacifiche e a lungo termine per la risoluzione del conflitto. Eugen Carpov ha dichiarato a Radio Moldova che UE e USA potrebbero passare da osservatori a mediatori: “Visto il ruolo e l’importanza di questi due attori, sarebbe giustificabile portare il loro status alla pari con il resto dei partecipanti al negoziato”.

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