Negoziati e compromessi
Ferve l’attività diplomatica in Kosovo in vista dei negoziati sullo status. UE, USA E Russia stanno lavorando alle nomine dei propri inviati. A Pristina è sempre più chiaro che la strada dell’indipendenza incondizionata non è percorribile. La paura di un compromesso
Lunedì scorso la maggior parte dei quotidiani del Kosovo riportavano dell’incontro dei Ministri degli esteri UE a Bruxelles durante il quale la questione del Kosovo è stata ai primi posti dell’agenda.
Dall’incontro di lunedì è emersa una chiara intenzione da parte UE di giocare un ruolo importante nella determinazione del futuro del Kosovo. All’incontro l’ex presidente della Finlandia Martti Ahtissari, ufficiosamente rappresentante di Kofi Annan per il dialogo sullo status finale (la sua designazione non è però ancora stata ufficialmente formalizzata) ha parlato ai Ministri degli esteri UE mostrando ed auspicando una volontà di maggior coordinamento tra la politica estera europea e quanto avviene ed avverà in Kosovo.
Dall’incontro è emerso inoltre non solo il sostegno UE all’attività futura di Ahtissari ma anche l’esplicita richiesta rivolta a Javier Solana, plenipotenziario della politica estrea UE, di definire chiaramente quale potrebbe essere il ruolo dell’Unione in questo momento storico per questa regione dei Balcani.
L’Unione europea stava aspettando già da tempo la nomina ufficiale di Athissari per indicare a sua volta un proprio rappresentante per i negoziati sullo status finale. Dato che questa formalizzazione non è ancora arrivata l’UE non ha più atteso ed ha nominato la settimana scorsa l’austriaco Stephan Lehne come proprio rappresentante.
Positivo il commento di Solana: "Conoscete già da molto tempo Lehne. Ha lavorato con me per anni in merito ai Balcani". Forse il commento può sembrare troppo sintetico. L’unica cosa che si afferma è che Lehne conosce bene i Balcani. La verità è che tutt’oggi l’Unione non ha una chiara visione in merito alla propria politica nella regione e di conseguenza sul ruolo del suo rappresentante. Si preferisce allora un basso profilo.
Il Kosovo è comunque in Europa. Molti paesi dei Balcani si stanno incamminando verso la soglia dell’Unione e preoccupa molti funzionari europei cosa potrebbe accadere se il Kosovo rimanesse in disparte in questo processo.
Martedì scorso Stephan Lehne ha dichiarato che sarebbe un []e se nelle negoziazioni in Kosovo si affrontasse esclusivamente la questione istituzionale dello status. Non si è inoltre voluto esprimere in merito al possibile esito dei negoziati affermando che la posizione europea è quella che una soluzione arrivi da un compromesso tra le parti.
"Se non si riesce e se sarà necessario intervenire lo faremo solo quando sarà necessario". L’impressione è che quest’atteggiamento "sulla difensiva" certo non favorisce il buon esito dei negoziati che si prospettano particolarmente complessi, ed è meglio che l’UE li affronti con le idee più chiare possibili.
Oltre all’UE si sta aspettando che anche Stati Uniti e Russia nominino un proprio inviato speciale per i negoziati ed entrambe le "superpotenze" con l’attività diplomatica dell’ultima settimana hanno dimostrato di avere ben presente la questione del Kosovo.
La scorsa settimana è stato infatti reso pubblico in Kosovo il nome di Jim Sweigert, possibile inviato speciale USA. La Casa Bianca ha invece escluso la possibilità che sia il sottosegretario del Dipartimento di Stato Nicholas Burns a ricoprire quell’incarico. Intanto quest’ultimo ha mandato un chiaro messaggio al Presidente del Kosovo Rugova, per conto del Gruppo di Contatto: lo ha informato della definizione di 10 principi che dovranno guidare le negoziazioni e dell’importanza di una partecipazione costruttiva di Belgrado e Pristina ai negoziati evitando pericolosi passi unilaterali.
Burns ha inoltre espresso la preoccupazione del Gruppo di Contatto nel vedere che la rappresentanza politica kosovara non è ancora in grado di lasciare da una parte divergenze politiche e personali. "E’ importante che gli Stati Uniti ed i loro alleati rimangano neutrali durante i negoziati sullo status del Kosovo" ha dichiarato Burns davanti al Senato USA "definire il futuro del Kosovo è responsabilità dei serbi e degli albanesi. Se gli albanesi desiderano l’indipendenza questa è l’occasione giusta per dimostrare al mondo che se saranno indipendenti riusciranno a governare il Kosovo in maniera efficiente portando stabilità nella regione". Ha poi aggiunto: "Come avviene in tutte le negoziazioni ciascuna delle parti non ottiene tutto quello che desidererebbe. Ma per ottenere un risultato sostenibile, tutti devono fare dei compromessi".
E la parola "compromesso" ha disturbato parecchie orecchie in Kosovo … ma torneremo su questo alla fine dell’articolo.
La Russia ancora non ha rivelato il nome del proprio inviato speciale ma la posizione russa sta emergendo in modo sempre più netto. La scorsa settimana il Ministro degli esteri Sergej Lavrov ha visitato il Kosovo dichiarando che è interesse di Mosca che si avviino negoziati diretti tra le due parti. Ha anche dichiarato che Mosca sostiene in particolare due dei dieci punti definiti dal Gruppo di Contatto: che non vi sarà alcuna divisione territoriale del Kosovo e nessun cambiamento di confini con gli Stati confinanti. Non ha fatto alcuna dichiarazione in merito ad un possibile ritorno ad una situazione simile a quella precedente al 1999. Questo ha fatto affermare a molti analisti che Mosca tenga ancora alcune carte nascoste: "Nessuno può imporre una propria soluzione sul Kosovo che prescinda dalle due parti coinvolte nei negoziati".
La Russia ha chiaramente fatto capire che il ruolo di parti "terze" deve essere ridotto al minimo. La comunità internazionale ha comunque già sottolineato che qualsiasi soluzione emerga dai negoziati verrà mantenuta una presenza militare e d’amministrazione /monitoraggio.
Lavrov, arrivato in Kosovo dopo una due giorni a Belgrado, ha inaugurato un ufficio diplomatico russo a Pristina, dove già molti altri stati dal 1999 hanno aperto proprie rappresentanze. Questo ha fatto affermare ad alcuni analisti di Belgrado che "la Russia tradirà i serbi di nuovo, come non evitò che la NATO bombardasse la Serbia. L’apertura di un ufficio diplomatico a Pristina mostra chiaramente come la Russia è convinta che in futuro il Kosovo diverrà indipendente".
Anche il direttore politico del Ministero degli esteri tedesco Michael Schaeffer la scorsa settimana era in Kosovo ed ha incontrato molti rappresentanti delle istituzioni kosovare. Ha dichiarato che si augura i negoziati partano già in novembre o all’inizio di dicembre e che la Germania non si stancherà di insistere sui temi della multietnicità, del rispetto dei diritti delle minoranze e della responsabilità dei leader politici. Shaeffer ha inoltre dichiarato che la Germania non è a favore di una piuttosto che di un’altra soluzione, ma solo di quella che è accettata dalla gente del Kosovo e che garantirà stabilità regionale.
Al fianco di tutte queste attività diplomatiche svoltesi al di fuori ed all’interno del Kosovo, si è tenuto a Pristina anche il terzo incontro della squadra negoziale kosovara. A porte chiuse.
Secondo quanto affermato in un comunicato stampa reso pubblico alla fine della riunione si sarebbe definito un "gruppo politico" per accelerare la preparazione del processo negoziale. Secondo i media kosovari la squadra di negoziazione sarebbe riuscita a superare un momento di crisi anche se la piattaforma negoziale preparata dal coordinatore sarebbe stata bocciata. E’ però evidente come si sia ancora lontani da una posizione univoca e condivisa, in particolare dal principale partito di opposizione, il PDK.
Dopo l’annuncio di Rugova della nomina di un team negoziale kosovaro si sono aperte subito le polemiche in particolare da parte di chi è rimasto escluso: i rappresentanti delle minoranze non-serbe presenti in Kosovo. Poi vi sono stati pochi incontri durante i quali sono stati scarsi i risultati raggiunti.
Ma ora la comunità internazionale richiede unità. Se i rappresentanti albanesi non riescono ad accordarsi su di una piattaforma negoziale come saranno in grado di gestire il processo negoziale?
Non è ancora chiaro inoltre cosa avverrà con la proposta (il cui maggiore sostenitore è Oliver Ivanovic, a capo della Lista serba per il Kosovo e la Metohija) di creare una terza squadra negoziale costituita dai serbi del Kosovo. Intanto anche la squadra negoziale serba non è stata ancora costituita. Secondo i media di Belgrado è probabile vi faranno parte anche due esperti internazionali, con molta esperienza in Kosovo: Ian Oberg e Tomas Flajner.
Sui media kosovari si da invece poca attenzione alle dinamiche interne di Belgrado in merito al Kosovo. Molta più preoccupazione è rivolta al proprio team negoziale ed alla percezione di un ritardo di preparazione rispetto ai negoziati.
Si discute inoltre dei dieci principi definiti dal Gruppo di Contatto. Per alcuni analisti rappresentano già dei forti limiti alla libertà negoziale delle parti.
La paura è che il sogno dell’indipendenza rimarrà mezzo insoddisfatto perché la parola compromesso sta emergendo in modo sempre più netto. Lo temono i politici e , lo sottolineano gli analisti politici kosovari. Dopo un periodo di forte intransigenza in merito ad una "indipendenza senza condizioni" ci si sta rendendo sempre più conto che quest’ultimo rimarrà un sogno non esaudito. E che troppo si insisterà si rischia di perdere il treno …