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Nato in URSS

Vasile Ernu, nato nella Moldavia sovietica, attualmente vive e lavora in Romania. Il suo libro d’esordio Nato in URSS è divenuto ben presto un caso editoriale, ottenendo successo di mercato e riscontri positivi anche fuori dalla Romania. Un viaggio tra luoghi e situazioni alla scoperta degli aspetti meno noti della vita dell’homo sovieticus. Nostra recensione

29/03/2011, Giorgio Comai -

Nato-in-URSS

Nato in URSS, di Vasile Ernu- dalla copertina

Vasile Ernu accompagna il lettore in un viaggio nella vita quotidiana di un popolo che non esiste più e che in effetti non è mai esistito: il popolo sovietico, un popolo che faceva collettivamente “tutto, sempre e ovunque”. Nel libro si individua ben presto un protagonista, “noi, il popolo sovietico”, e un antagonista, “loro, i capitalisti”, ed è chiaro che Ernu è a questi ultimi che si rivolge per raccontare nei dettagli i più svariati aspetti della vita di un cittadino sovietico. Oggetti, personaggi, situazioni, memorie comuni, aneddoti, riti di passaggio sono al centro di una narrazione spezzata in brevi capitoli che consente di passare quasi senza intoppi da un capitolo all’altro rendendo questo libro una sorta di enciclopedia della vita sovietica, ricca di spunti da approfondire anche su internet, magari a partire proprio dal sito dedicato al libro e realizzato dallo stesso Ernu, www.NascutInUrss.ro.

“Il sesso in URSS”, “Cosa beve il cittadino sovietico”, “Ode alla tualet sovietica” e “La barzelletta sovietica, la migliore al mondo” sono i titoli di alcuni delle decine di capitoli che compongono Nato in URSS, un libro che, come emerge fin dalle prime pagine, concede molto alla nostalgia e al ricordo affettuoso per un mondo che non esiste più, e quasi niente a chi si aspetta una riflessione critica su ciò che è stata l’Unione Sovietica.

Costruire il comunismo senza alcool

è come fare il capitalismo senza pubblicità

Vasile Ernu

“Ma lasciate che sia sincero fino alla fine. Ho amato e ammirato anche Vladimir Il’ič Lenin. Era vivace, dinamico, aveva principi e disegni grandiosi. […] Tanto di cappello. Peccato che sia scomparso e sia arrivato quell’insopportabile di Stalin, dal quale ho tenuto le distanze. Né odio, né amore. E che colleghi erano quelli di Lenin! […] Se non vi arreca disturbo, proporrei di osservare un minuto di raccoglimento in loro onore. Non vi spazientite, ne vale la pena… Grazie”.

In altri passaggi, Lenin è presentato come “l’amico, il padre, il nonno, il compagno, il maestro”, “un demiurgo”, un “dio laico”, una figura trasfigurata e presentata negli stessi termini in cui lo dipingeva il sistema educativo sovietico. Non un personaggio storico, quindi, ma una figura mitica, entrata a far parte dell’immaginario collettivo come tante altre meno note in Occidente: Štirlitz, “il James Bond sovietico”, Buratino, il pinocchio made in USSR protagonista di barzellette sconce, o Ostap Bender, immortale eroe del romanzo “Le 12 sedie” di Il’f e Petrov, continuamente citato nel libro.

È proprio questo l’aspetto più meritevole del testo di Ernu: la capacità di presentare modi di fare tipici di chi è nato e ha vissuto nell’Unione Sovietica, la minuziosa e affettuosa descrizione degli aspetti più vari che caratterizzavano la vita di chi ha vissuto quegli anni e che in seguito sono rimasti parte imprescindibile del capitale culturale a cui anche i giovani nati dopo il crollo dell’URSS fanno riferimento.

Si tratta però della memoria trasfigurata di elementi concreti estrapolati dalla loro esistenza reale. Ernu racconta del “preservativo sovietico”, dello “champagne sovietico”, della festa del Primo maggio, di scuola, di bagni pubblici, di appartamenti collettivi, dell’amante di Lenin ma non ci dice quasi niente della sua esperienza personale, del suo quartiere, del suo cortile, della sua città o della Moldavia sovietica della sua adolescenza.

Ernu descrive “la tualet sovietica” nei minimi dettagli, raccontando come l’“uomo sovietico” vi si approcciava, specificando la disposizione degli oggetti che vi si trovavano e la forma dei sanitari, parlando della funzione sociale e culturale di questo luogo che rimane comunque inevitabilmente un luogo idealizzato, privo di riferimenti autobiografici espliciti: non viene descritto il bagno pubblico vicino ai giardinetti dove l’autore passeggiava da bambino o il gabinetto della casa dove è cresciuto, ma piuttosto “la tualet sovietica” in quanto tale.

Niente o quasi ci ricorda che abbiamo di fronte un libro scritto in romeno da un uomo cresciuto nella Moldavia sovietica e pubblicato per la prima volta nel 2006 a Iaşi, nella Romania orientale. La Seconda guerra mondiale è presentata non certo per le tragiche vicende che hanno portato la Bessarabia a diventare parte dell’URSS, ma, seguendo l’ortodossia sovietica, come “Grande Guerra per la Difesa della Patria, […] un avvenimento affascinante, fonte di grande orgoglio”.

Tante storie, tanti spunti

Nato in URSS è quindi qualcosa di ben diverso dal libro di memorie di un uomo che ha trascorso la propria infanzia e adolescenza nella Moldavia sovietica. È piuttosto un almanacco che raccoglie quei frammenti di un’epoca passata che accomunano tutti coloro che sono cresciuti in URSS. Aspetti della vita quotidiana che non emergono né dai libri di storia, né dalla letteratura di epoca sovietica diffusa in Occidente.

In questo senso, il libro di Vasile Ernu può quindi essere guida narrativa in grado di arricchire, aggiungendovi note di colore e di viva umanità, un immaginario collettivo dell’URSS spesso appiattito sullo stereotipo del freddo siberiano e del grigiore trascurato dei condomini che caratterizzavano le periferie delle grandi città del blocco socialista.

Nelle pagine di Ernu si trova, ad esempio, una selezione significativa di alcuni dei cartoni animati e delle commedie sovietiche più amate in ex-URSS, film che, quantomeno in Russia, continuano ad essere programmati e instancabilmente citati anche dai giovani nati dopo il crollo dell’Unione. Si leggono i testi di alcuni dei grandi classici del rock sovietico. Si ritrova la passione per aneddoti, barzellette e citazioni letterarie e cinematografiche che spesso si incontra viaggiando per le repubbliche dell’ex-URSS.

Nato in URSS può essere quindi una lettura interessante non solo per chi desidera svagarsi per ore in un paradiso socialista surreale dove tutto sembra avere un significato più alto, dove persino una delle disfunzioni sovietiche più note, la necessità di aspettare per ore in coda per ottenere beni o servizi, viene elevata a bene superiore dalle qualità e dai meriti incomprensibili agli Occidentali (“Loro, con tutta quella libertà e la loro società civile, non sono riusciti a creare tanta ricchezza quanta ne abbiamo creata noi con questo istituto sociale”).

Il libro di Vasile Ernu, infatti, può essere anche un’introduzione narrativa ad un mondo su cui la caduta del Muro ha gettato poca o nessuna luce. Se negli anni Novanta l’Est europeo è stato inondato di cultura pop “Occidentale” (soprattutto americana), certo non si può dire il contrario: ad oltre vent’anni dalla caduta del muro di Berlino la cultura popolare sovietica e post-comunista in generale rimane del tutto ignota al grande pubblico dei Paesi che si trovavano dall’altra parte della “cortina di ferro”.

Nato in URSS sembra spesso essere l’autoritratto stereotipato di un homo sovieticus che non è mai esistito. Cionondimeno, è un testo appassionato e a tratti divertente, che racconta innumerevoli aspetti che inevitabilmente fanno parte del DNA culturale di chi in Unione Sovietica è cresciuto. Barzellette, storie o citazioni da film che immancabilmente emergono quando ci si ritrova a chiacchierare, magari di fronte a una tazza di tè o a una bottiglia di vodka, con chi quel mondo l’ha vissuto davvero.

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