Nagorno Karabakh: meno fondi per gli sminatori

La guerra tra Armenia e Azerbaijan per il Nagorno Karabakh ha causato circa 25.000 morti e quasi un milione di rifugiati da entrambe le parti. Nonostante il cessate il fuoco del 1994, continuano gli incidenti sul confine e le mine minacciano la vita degli abitanti. Il lavoro di HALO Trust

01/02/2011, Onnik James Krikorian - Yerevan

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Esplosione controllata di mine e ordingni inesplosi operata da HALO Trust in Nagorno Karabakh (Foto Onnik Krikorian)

Quando il tredicenne Artur Khudatyan trovò un oggetto metallico vicino al suo villaggio (Hin Taghlar, nella regione di Hadrut, parte della repubblica auto-dichiarata e non riconosciuta del Nagorno Karabakh), non era consapevole del pericolo. Nonostante a scuola facesse educazione sul rischio delle mine, non capì che l’oggetto era una bomba a grappolo e cercò di aprirlo con un’accetta nel cortile di casa. La bomba esplose, ma fortunatamente il suo carico non detonò, altrimenti Khudatyan sarebbe probabilmente morto.

Nei quasi 17 anni trascorsi da quando il cessate il fuoco ha portato una relativa quiete in Nagorno Karabakh, un’area di appena 4.400 chilometri quadrati, ben 328 civili sono stati uccisi, feriti o mutilati da mine e ordigni inesplosi. Nel 2010 sono stati registrati almeno sei incidenti come quello che ha coinvolto Khudatyan. Secondo la British HALO Trust Charity , l’unica organizzazione che si occupa dello sminamento della zona, i campi minati coprono 5.093 ettari e le bombe a grappolo oltre 30.000. HALO ha cominciato ad operare in Nagorno Karabakh nel 2000, e da allora ha bonificato la gran parte di queste aree: oltre l’80% dei campi minati e il 70% delle aree infestate da ordigni inesplosi, secondo i dati forniti dall’organizzazione stessa. In totale, sono state localizzate e distrutte oltre 10.000 mine e oltre 50.000 ordigni inesplosi.

Aree verdi

Le operazioni non si limitano al Nagorno Karabakh, ma coinvolgono anche le aree intorno Lachin e altre località nella zona circostante sotto il controllo armeno. Note come “aree verdi”, prima della guerra queste località erano abitate da popolazione azera, e verranno probabilmente ripopolate in caso di progresso nei negoziati. "Un giorno verrà firmato un trattato di pace", mi disse nel 2001 Simon Porter, ex program manager per HALO in Nagorno-Karabakh, "e siamo nella condizione perfetta per affrontare il problema, meglio prima che poi. In caso contrario, ci saranno grossi problemi quando gli abitanti dei villaggi [armeni] cercheranno di coltivare la terra o quando i rifugiati [azeri] torneranno alle proprie case".

"Non ci sono mine dappertutto, ma ovviamente è probabile che ce ne siano nelle aree dove si è combattuto", aggiunse l’anno successivo Shane Pritchard, che succedette a Porter, durante una bonifica a Fizuli, una città azera situata fuori dall’area del Nagorno Karabakh e ora rasa al suolo. "Ci sono mine in una serie di ‘aree verdi’, ex villaggi azeri tra il fronte e il Karabakh, ora reinsediati [da armeni]. Possiamo rimuoverle prima che le persone rischino di farsi male". A riprova di questo, secondo quanto riportato la settimana scorsa dalla stampa armena citando fonti del ministro della Difesa, due soldati armeni sono rimasti feriti il 31 dicembre 2010 dopo aver inavvertitamente messo piede in un campo minato a Kelbajar, una regione fra Armenia e Nagorno Karabakh.

Tagli di bilancio

Tuttavia, anche se quello che rimane potrebbe essere bonificato nel giro di 4-5 anni, i tagli al budget di HALO per il 2011 lo rendono meno probabile. Secondo Roly Clarke, attuale program manager in Nagorno Karabakh, un accordo stipulato nel 2007 con il governo britannico è terminato lo scorso anno, e il budget subirà un taglio di 400.000 dollari. Gran parte del resto dei finanziamenti consisterà di oltre un milione di dollari dalla sola Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID)  e, in misura minore, dalla Julia Burke Foundation .

“Il taglio dei fondi da parte del governo britannico è stato causato da un cambiamento nel piano di sminamento”, dice Clarke. “Hanno stilato un elenco di paesi che riceveranno fondi per lo sminamento e il Nagorno Karabakh non era uno di quelli. La perdita di 60 sminatori determinerà di conseguenza una riduzione delle aree bonificate nel 2011. Sfortunatamente, questo significa [che le nostre operazioni] si protrarranno per diversi anni. HALO ha provato a raccogliere fondi da altri governi, ma lo status politico del Nagorno Karabakh e le dinamiche politiche della regione l’hanno reso impossibile”.

La ricerca di finanziamenti

Tuttavia, nonostante il taglio dei fondi da parte del Dipartimento britannico per lo sviluppo internazionale (DFID) , l’Ambasciata britannica a Yerevan ha ospitato un evento per HALO all’inizio del mese scorso. Ironicamente, l’incontro si è tenuto proprio il giorno dell’incidente di Artur Khudatyan. In occasione dei 10 anni di lavoro in Nagorno Karabakh, i media locali sono stati invitati nella speranza di attirare maggiore attenzione sul problema e forse l’interesse di potenziali donatori. Ulteriore sostegno potrebbe provenire dalla consistente diaspora armena, ma secondo Clarke non è facile come potrebbe sembrare.

“Abbiamo fatto grandi sforzi per raccogliere fondi dalla diaspora in America nel 2007, e poi lo scorso anno, ma con scarso successo”, spiega. “L’anno scorso HALO USA, che ha due uffici a Washington e San Francisco, ha contattato tutte le principali organizzazioni armene. Un appello firmato dall’attuale presidente del Nagorno Karabakh e dal suo predecessore è stato distribuito tramite una mailing list fornita dal rappresentante a Washington e i media sono stati contattati, ma è stato raccolto molto poco denaro, forse poche migliaia di dollari. Anche l’Hayastan All Armenia Fund  è stato contattato nel 2007, ma sempre senza risultati”.

“Date le questioni politiche che impediscono a molti governi donatori di destinare fondi per il Nagorno Karabakh, abbiamo dovuto rivolgerci alla diaspora per aiutare direttamente alcune delle persone più povere dell’area”, spiega Clarke. “Lo sminamento dei campi permetterebbe la coltivazione dei terreni per la prima volta dopo la guerra, e la rimozione delle bombe a grappolo dai villaggi salverebbe letteralmente la vita di molte persone”.

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