Musica in Transilvania: il blues
Un genere musicale che in Romania può suonare fuori luogo, ma rappresenta molto bene una parte della sua geografia: il "blues della Transilvania". Una rassegna dei gruppi più famosi che mescolano abilmente tradizione e blue notes
Parlare di blues, è risaputo, significa riferirsi a un genere nato in America con la fine della schiavitù, nella seconda metà dell’Ottocento. E considerare, dunque, particolari note (le cosiddette blue notes) che rimandano a sentimenti come la nostalgia, la malinconia, lo spleen baudelairiano; per gli afroamericani fu evidentemente il frutto di secoli di patimenti trascorsi nelle piantagioni di cotone, dopo essere stati sradicati dalla terra natia.
Ma il termine è utilizzato anche per raccontare il substrato musicale multietnico dell’Europa dell’est. Anche in questi territori, infatti, il cammino dell’uomo è stato contrassegnato da gravi vicissitudini e storie di popolazioni che non hanno mai avuto pace. Del resto l’Europa orientale è da sempre crocevia delle più diverse culture, partendo dalla prima grande migrazione dell’Homo sapiens sapiens dal Medio Oriente, avvenuta poco più di 40mila anni fa. Ecco perché è possibile introdurre un genere musicale che in Romania può suonare fuori luogo, ma rappresenta molto bene una parte della sua geografia: il "blues della Transilvania".
I Muzsikas
Indispensabili per una corretta analisi del tema, sono due dischi dei Muzsikas, storico gruppo di origine ungherese che ha dedicato alla musica del nord della Romania gran parte della sua attività. Il primo disco si intitola emblematicamente Blues for Transylvania. E’ uscito nel 1991 ed è un piccolo capolavoro. Sandor Csoori, suonatore di viola, cornamusa e violino, è il principale artefice dell’opera.
Nato nel 1956, da sempre lavora con i musicisti di piccoli villaggi che, lontani dai riflettori, sono gli unici a poter offrire una lettura chiara e onesta della musica tradizionale. Ha anche studiato a lungo la musica tradizionale ungherese, che le stime indicano fra le più ricche in assoluto di canzoni, con un bagaglio di circa 100mila brani.
Con Sandor ci sono Peter Eri, chitarra, viola, kaval (flauto tipico delle regioni dell’est); Daniel Hamar, basso e gardon; Mihaly Sipos, violino. In questo lavoro, inoltre, compare in qualità di special guest una leggenda della musica ungherese, Marta Sebestyén, alla voce.
Ecco i titoli di alcune canzoni: "Old wedding song", "Istenem, Istenem", "Szapora". I brani sono tutti interessanti, ma se si volesse segnalarne uno che al meglio rappresenti la musica della Transilvania il riferimento è a "Legényes from Kalotaszeg", un’incalzante ballata, sostenuta da un violino febbricitante e da scale musicali perfettamente in grado di evocare le atmosfere dello storico Principato.
Blues for Transylvania prende spunto dalla volontà del gruppo di interfacciarsi con l’eterogeneità culturale degli abitanti della Transilvania, romeni, ungheresi e rom. Ma anche con i tedeschi della Transilvania, i sassoni, gli ucraini e i siculi (storici discendenti degli Unni che nulla hanno a che vedere con gli italiani), presenti in minor numero, ma altrettanto importanti nel definire il linguaggio musicale della regione.
Il bagaglio di questa terra di frontiera è straordinario, benché abbia passato dei momenti molto difficili. Soprattutto durante la dittatura di Ceaușescu. La cultura ungherese da sempre radicata in Transilvania venne, infatti, boicottata dal regime comunista che cercò di eliminare dalla regione tutto ciò che non riguardava l’identità nazionale. Non ci riuscì anche grazie al lavoro dei Muzsikas, qui per un assaggio sbrigativo.
Altra perla dei Muzsikas in grado di valorizzare la tradizione musicale transilvana è Maramaros, Lost Jewish Music of Transylvania, dato alle stampe nel 1993. "Se amate la vera musica e i musicisti di talento e sostanza, non potete non amare questo disco", si legge sulla pagina di iTunes dedicata all’opera. Anche in questo caso i titoli delle canzoni sono molto evocativi: "Khosid Wedding Dances", "Farewell to Shabbat", "Jewish Casardas series from Szek". Non è un saggio yiddish, come il titolo potrebbe suggerire, ma il risultato originale dell’incontro di numerose realtà pentagrammate, fra cui, certo, quella di origine askenazita: un attento ascolto rimanda tanto alle melodie ungheresi quanto a quelle yiddish, ma l’intreccio di culture in Transilvania è così spiccato che ascoltando un brano è impossibile dire se sia più figlio di una o dell’altra "scuola" musicale.
Il termine Maramaros nel titolo dell’album non compare a caso, rifacendosi all’omonimo distretto della Romania, abitato perlopiù da romeni, ma in buona percentuale anche da ungheresi e ucraini; un’area geografica occupata da individui che hanno saputo mantenere uno stretto legame con la terra e la natura che li circonda, dove in molti villaggi le attività agricole pesanti come la falciatura vengono ancora effettuate a mano. "Un bellissimo album", ribadisce klezmershack.com, con canzoni che addirittura rimandano al bluegrass americano. E’ il caso di "Jewish Csardas" o di "Jewish Dance from Szaszregen".
Alle registrazioni partecipa anche Csabo Ökrös, altra figura imprescindibile della musica transilvana. E’ il leader della Okros Orchestra, gruppo risalente al 1987. Con il violinista Sandor "Neti" Fodor e Marta Sebestyen ha dato vita a un bellissimo lavoro dedicato alle canzoni della Transilvania, Transylvanian village music from Gypsy, Hungarian and Romanian tradition. E’ uscito nel 1999 e qui si possono ascoltare alcune tracce.
Le note di Cluj-Napoca
La città principale della Transilvania è Cluj-Napoca. Per forza di cose: è il centro più popoloso della regione, con quasi 400mila abitanti e senz’altro un centro culturale fra i più importanti della Romania, dove funzionano molto bene anche l’università e il turismo. E naturalmente non può mancare la musica.
Fra le più interessanti realtà della zona si può citare la Palatka Gypsy Band, il cui nome deriva dal comune di origine del gruppo, Palatka, appunto, a ridosso di Cluj; la somma di cinque piccoli villaggi vicini fra loro, fra cui Bagaciu, Muresenii de Campie e Petea. Qui la storia musicale della Transilvania ha radici molto antiche, e rimanda al seicento, e all’incontro costante e costruttivo fra romeni, ungheresi e rom. In particolare è in questo contesto che ha preso vita l’epopea dei cosiddetti zingari transilvano-ungheresi, musicisti di grande talento che tramandano il loro sapere di generazione in generazione.
Florin Codoba (il cui vero nome è Martin), violinista, è il trentottenne leader della band. La sua storia è emozionante. Il padre gli offre l’opportunità di studiare in conservatorio, spiegandogli l’importanza dell’emancipazione sociale che grazie a un traguardo del genere è assicurata, ma lui rifiuta proponendosi di studiare con lui e uno zio. Si affida a essi e diviene uno dei più abili musicisti folk della regione. Il secondo violino è Laurentiu Codoba, altro zio di Florin, nato nel 1947. Stefan Modovan (1943) suona la viola, e così Mihai Radac (1977). Ultimo membro della band è Ioan Boldi, il bassista che ha sostituito lo storico membro, Mircea Covaci, che ha lasciato la musica per dedicarsi all’allevamento di tacchini (!), molto più remunerativo.
La band ha avuto una discreta risonanza grazie al contributo di Lorand Boros, della facoltà di lettere dell’Università di Babes-Bolyai, e Raoul Weiss, manager dello spettacolo. Interessanti esibizioni sono avvenute presso uno dei luoghi più caratteristici per la musica dal vivo della città, il Café Aux Anges; un posto dove si respira un’aria cosmopolita e ogni domenica sera è possibile sedersi a un tavolino e ascoltare qualcuno suonare. Non tutti i generi sono graditi. Si va dal klezmer al gypsy, dal folk al flamenco, ma niente di moderno come la techno music, il rock o la chalga.
Altri suoni
Nulla hanno a che vedere con la tradizione i Luna Amara , ma il loro sound, un misto fra rock e grunge, ha raggiunto dalla Transilvania ogni angolo della Romania. Ospiti fissi dello Sziget Festival di Budapest, sono in attività dal 2000. Cantano in inglese e romeno e hanno prodotto quattro dischi; l’ultimo Pietre in alb è dell’ottobre 2011.
Intriganti anche i Grimus , fra elettronica e alternative rock, formatesi a Cluj-Napoca nel 2005. Tre dischi in carriera e la finale al Global Battle of the Bands, competizione musicale che ogni anno coinvolge una trentina di paesi diversi.
Bogdan Curta è un cantautore, folksinger e poeta della capitale transilvana. Debutta nel 2003 con un disco contente brani natalizi; l’ultimo lavoro è Angels’ Wings del 2009.
Il Lute Trio, una mini band di origine ungherese, che utilizza strumenti antichi e propone un repertorio tratto dalle musiche di Bakfark Balint , compositore rinascimentale di Brasov. Il loro disco più importante risale al 1981: Music in Renaissance Transylvania.
Dalla capitale, infine, vengono anche i jazzisti della Gaio Big-Band, che qui possiamo ascoltare nel leggendario brano "Take Five " dello statunitense Dave Brubeck.
La tradizione di Ana Hossu
Esiste anche un capitolo dedicato alla musica transilvana più commerciale slegata tanto dai contesti etnomusicologi, quanto dal music business. L’esempio più esplicito è quello fornito da Ana Hossu, cantante e interprete del repertorio folk transilvano più spiccio, senza grosse pretese artistiche e culturali.
Nasce nel 1953 a Valea Chioarului, minuscolo centro del distretto di Maramures, in Transilvania. Si appassiona alla musica fin da piccina. Debutta in tv e in radio nel 1972 e di lì a poco inizia a incidere. I dischi (una trentina in tutto) vengono puntualmente trasmessi dai media transilvani, coinvolgendo anche le giovani promesse. Il suo disco più rappresentativo è Traditional Music from Transylvania uscito nel 2006 per la Arc Music. Sono venticinque canzoni tradizionali accompagnate da un booklet in inglese, tedesco e francese. Il disco può essere integralmente ascoltato su Youtube .