Mostar, la quadratura del cerchio

Soluzione in vista per Mostar? Per la prima volta dopo tre anni qualcosa sembra muoversi nella città erzegovese. I negoziati sulla riforma dello statuto elettorale del comune sono ripresi, e ci sono concrete ipotesi di soluzione

07/10/2015, Rodolfo Toè - Sarajevo

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Mostar (foto oranges and lemons, Flickr )

Qualcosa si muove all’ombra dello Stari Most? Dopo anni di stallo politico, sette dalle ultime elezioni locali, i colloqui sono finalmente ripresi per superare la grave impasse istituzionale che aveva impedito di svolgere regolarmente le consultazioni per il rinnovo dell’Assemblea municipale nell’ottobre 2012.

I negoziati sono stati anticipati da alcune indiscrezioni non confermate, delle quali ha dato notizia a inizio settimana il giornale di Mostar Dnevni List, citando fonti vicine all’Unione Democratica Croata (HDZBiH), il principale partito identitario croato in Bosnia Erzegovina. Secondo il quotidiano, ci sarebbe finalmente un accordo tra l’HDZBiH e l’SDA (il primo partito bosgnacco del Paese) per riformare lo statuto elettorale della città di Mostar.

La proposta sarebbe, nei fatti, piuttosto semplice: creare una carica di vicesindaco che dovrebbe andare ad affiancare il primo cittadino e il presidente del consiglio municipale, tutelando gli interessi dei bosgnacchi.

Le tre cariche dovrebbero essere ripartite tra i tre popoli costitutivi (nella fattispecie, l’opzione più probabile sarebbe – sempre secondo il Dnevni List – un sindaco croato, un vicesindaco bosgnacco e un presidente dell’assemblea serbo oppure appartenente agli ostali, i "rimanenti" che dichiarano di non riconoscersi in alcuna delle tre nazionalità costituenti della Bosnia Erzegovina). Ciascuna risoluzione da parte dell’amministrazione comunale, prima di diventare esecutiva, dovrebbe essere approvata con una "triplice firma" da parte del triumvirato così costituito.

Riprende il negoziato?

Realtà o fantasia? Della proposta, per ora, si conoscono solamente le indiscrezioni trapelate attraverso la stampa locale. Quanto meno, e questo è un segnale incoraggiante, l’opinione pubblica ricomincia a interessarsi del "paziente Mostar": un deciso passo in avanti rispetto allo stallo in cui versavano i colloqui tra le principali parti politiche, dopo che nel 2012 la Corte Costituzionale della Bosnia Erzegovina aveva dichiarato incostituzionale la legge elettorale nei suoi articoli riguardanti la città, con la motivazione che essa violerebbe il principio democratico universale di "una testa, un voto", come Osservatorio scrisse allora .

Nell’attesa di una riforma della legge, la città aveva mancato le elezioni amministrative nel 2012. Una nuova tornata di colloqui aveva avuto luogo l’anno scorso, con il pretesto di riuscire eventualmente a far coincidere le nuove elezioni locali con quelle parlamentari dell’ottobre 2014. I negoziati, comunque, non erano mai ripresi seriamente e si erano conclusi con un buco nell’acqua. Così, negli ultimi tre anni, la città è stata costretta a sopravvivere senza un’Assemblea municipale, con il solo sindaco uscente Ljubo Bešlić (HDZBiH) chiamato a garantire una continuità istituzionale molto precaria, attraverso un mandato prorogatosi ben oltre la scadenza legale.

"Difficile sapere quando Mostar riuscirà a organizzare le prossime elezioni amministrative", aveva glissato Bešlić in un’intervista concessa recentemente al croato Večernji List. "C’è molta incertezza e, in ogni caso, il processo dipenderà da una moltitudine di fattori. Occorrerà anche una modifica della Legge elettorale della Bosnia Erzegovina, che deve essere approvata dall’Assemblea nazionale. Oltre alla volontà politica e all’esistenza di un accordo di massima, servirà quindi anche il supporto dei parlamentari a Sarajevo. Spero", concludeva ottimista Bešlić, "che questa sia la volta buona".

Le speculazioni su questo accordo, raggiunto peraltro nel momento politico più favorevole per l’HDZBiH e l’SDA, partner principali (e ineluttabili) di ogni maggioranza sia a livello statale che federale, garantirebbero il rispetto degli interessi di entrambi i partiti: l’Unione democratica croata otterrebbe che Mostar venga considerata un’unica circoscrizione elettorale, in cui i croati potrebbero finalmente far valere il proprio soverchiante peso demografico; il Partito d’Azione Democratica, dal canto suo, incasserebbe l’assicurazione che tale preponderanza non si traduca de facto nell’esclusione dei bosgnacchi da qualsiasi decisione politica rilevante nell’amministrazione cittadina.

Non sarebbe il migliore dei mondi possibili, ma nemmeno il peggiore, soprattutto considerando che finora l’opzione ritenuta più plausibile dalle parti in causa era stata l’idea di dividere il centro in due municipalità distinte lungo la vecchia linea di fuoco del bulevar, tra una Mostar Ovest croata e una Mostar Est musulmana , mentre l’opzione caldeggiata dall’Alto Rappresentante Internazionale (che aveva imposto il vecchio statuto giudicato incostituzionale, e che sta al momento offrendo i propri buoni uffici per trovare un compromesso), ovvero la creazione di tre circoscrizioni elettorali "etnicamente miste", non aveva mai davvero incontrato l’approvazione dei diretti interessati.

Un campo minato

Occorre sottolineare il fatto che ottenere delle conferme delle indiscrezioni pubblicate da Dnevni List è un’impresa piuttosto ardua. Non si sbottonano i rappresentanti dell’HDZBiH, trinceratisi entrambi dietro un unanime "no comment" ai nostri microfoni (ma rifiutando, altrettanto significativamente, di smentire l’esistenza di un simile accordo). Anche partiti minori, come l’HDZ1990, che quest’estate avevano indirizzato un appello al Parlamento della Bosnia Erzegovina per urgere "l’adozione di un nuovo statuto elettorale per la città di Mostar", e che sarebbero più vicini alle posizioni dell’OHR, hanno rifiutato di commentare in alcun modo l’informazione.

L’SDA ha, dal canto suo, negato recisamente che un tale accordo esista. A prendersi la briga di smentire le voci in questo senso è stato addirittura il leader del partito, Bakir Izetbegović, il quale ha bollato come "poco serie e prive di fondamento" le informazioni pubblicate dal Dnevni List. Sulla stessa linea si schiera anche l’OHR, che attraverso le parole del proprio portavoce Mario Brkić ci fa sapere di non essere a conoscenza "di alcun accordo concluso tra i partiti politici", e invita le fazioni a "proseguire sulla via del dialogo, ammorbidendo le proprie posizioni e a continuare i negoziati in buona fede, nell’interesse di tutti i cittadini di Mostar".

Più possibilisti si sono dimostrati invece i membri della sezione locale dell’SDP, il partito socialdemocratico, i quali in una conversazione con Osservatorio Balcani e Caucaso si sono detti indignati per "il modo in cui l’HDZBiH e l’SDA hanno stretto un accordo sottobanco, in modo antidemocratico e senza alcun rispetto per i reali bisogni dei cittadini di Mostar", di cui bisogna difendere "il futuro come città unita e funzionante".

Al di là delle strategie politiche, quello che sembra evidente è che nessuna delle parti in causa è disposta a scoprire troppo il fianco a proposito di una questione complicata come quella del riassetto istituzionale di Mostar, "città Frankenstein " della Bosnia Erzegovina. Il dossier è, ancora, un campo minato. E però forse la notizia dell’accordo tra HDZBiH e SDA è segnale che qualcosa si sta smuovendo. Se non altro, sembra che da tutte le parti si sia seriamente intenzionati a trovare un modo per far sì che le prossime elezioni amministrative, previste in tutto il Paese per l’autunno 2016, si tengano regolarmente anche a Mostar. La partita è ancora lunga: sarà la volta buona?

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