Mosca, attentato all’aeroporto
Un attentato t[]istico ha colpito ieri pomeriggio il più trafficato aeroporto di Mosca, il Domodedovo. 35 le vittime, oltre 100 i feriti. Nessuna rivendicazione, ma per il momento non esistono piste alternative a quella caucasica. Una nostra analisi pubblicata su Il Riformista
Un attentato ha colpito ieri pomeriggio uno dei più trafficati aeroporti moscoviti. Secondo le prime stime, oltre trenta le vittime, più di cento i feriti. I media russi parlano di uno o più attentatori suicidi, le autorità informano che si sta già dando la caccia a tre sospetti, ma non vi è ancora notizia di rivendicazioni. La presenza di attentatori suicidi e la scelta di un luogo affollato per l’esplosione però porta subito alla memoria l’attentato t[]istico avvenuto nella metropolitana di Mosca il 29 marzo del 2010. In quell’occasione, erano state 39 le vittime e decine i feriti. L’attentato era stato rivendicato da Doku Umarov, contestato leader del movimento estremista islamico che ha per obiettivo l’introduzione della Sharia in un Caucaso del nord indipendente, trasformandolo così in un “Emirato Caucasico”.
“Se i russi pensano che la guerra succeda solo in televisione, da qualche parte lontano, e che non li riguarda, noi gli dimostreremo come la guerra può entrare nelle loro città, nelle loro case” aveva dichiarato lo scorso febbraio Umarov, poche settimane prima dell’attentato alla metropolitana. Ed ora, a quasi un anno di distanza, un nuovo attentato ad una delle infrastrutture più in vista della capitale, il modernissimo aeroporto Domodedovo, luogo di ingresso in Russia di uomini d’affari provenienti da tutto il mondo ma anche punto di transito per la classe media moscovita che sempre più frequentemente viaggia all’estero.
Nel corso di quest’anno, sono cambiate molte cose all’interno del movimento ribelle in Caucaso. Umarov è stato criticato apertamente da altri capi combattenti che gli hanno conteso la leadership di un movimento in difficoltà, che sempre più stava perdendo contatto con la propria base sociale. La rottura definitiva si è consumata ad ottobre con la nascita di un nuovo fronte guidato da Hussein Gakayev, un leader ribelle che si richiama al movimento indipendentista ceceno degli anni ’90, rifiutando di posizionarsi come ala cecena di una jihad globale.
Gakayev ha presto dimostrato la sua capacità offensiva attaccando il villaggio natale del presidente ceceno Kadyrov, e poi lo stesso parlamento della capitale cecena Grozny. Nel frattempo non si sono invece più avute notizie di Umarov, tanto che una settimana fa si era diffusa notizia sui media russi che il leader dell’”Emirato Caucasico” sarebbe stato ucciso durante il bombardamento di una zona di montagna avvenuto a inizio 2011. L’attentato all’aeroporto di Mosca potrebbe essere proprio una risposta secca di cellule vicine ad Umarov in reazione alla notizia della presunta morte del loro leader, peraltro mai confermata ufficialmente dalle autorità moscovite.
Nelle prime ore dopo l’attentato però i principali media russi si sono astenuti dall’indicare esplicitamente la pista caucasica, benché la presenza di un attentatore suicida la rilanci con forza.
Nonostante la comprensibile cautela delle autorità a riguardo, non vi sono per il momento piste alternative a quella caucasica. Anche nel 2010 il Caucaso è stato di gran lunga la regione più instabile della Russia. Secondo dati recentemente pubblicati dall’agenzia russa Kavkazskij Uzel, nel corso del solo 2010 in seguito ad attentati t[]istici ed esplosioni vi sarebbero state almeno 178 vittime confermate e quasi 900 feriti tra Mosca e Caucaso del Nord. Ancora più impressionanti i dati che riguardano gli scontri tra ribelli e forze dell’ordine: 639 persone sono infatti morte in simili circostanze in Cecenia e nelle due repubbliche caucasiche confinanti, Daghestan e Inguscezia.
Gli imponenti sussidi di Mosca mirati a sostenere lo sviluppo della regione non hanno portato fino ad ora risultati concreti, né sul piano della rinascita economica della regione né, tanto meno, nella lotta al t[]ismo.
Ad ogni modo, la cautela è d’obbligo in queste circostanze anche perché il mese scorso Mosca era stata teatro di imponenti manifestazioni anti-caucasiche, scattate dopo l’uccisione di un tifoso dello Spartak da parte di un giovane proveniente dal Caucaso del nord. La polizia aveva deciso di frenare quella che si stava rivelando come una vera e propria ondata di proteste che aveva coinvolto diverse città russe, trattenendo preventivamente migliaia di giovani sia russi sia caucasici nei luoghi dove si temevano scontri.
Fonti ufficiali non si sono ancora sbilanciate su chi possa stare dietro all’attentato dell’aeroporto, forse proprio per evitare una nuova incontrollabile ondata di proteste ancora più intensa di quella che l’11 dicembre scorso aveva portato a scontri tra migliaia di nazionalisti e forze dell’ordine in pieno centro di Mosca, a pochi metri dalle mura del Cremlino.
Di certo le tensioni non mancano: sulla principale piattaforma di blog russa, livejournal.com, si trovano già messaggi che parlano dell’organizzazione di una “marcia contro l’etno-t[]ismo e l’inazione delle autorità”.