Montenegro: scheletri nell’armadio

Oltre un decennio è trascorso dalla guerra in Bosnia Erzegovina, e proprio in questi giorni sulla stampa montenegrina riaffiora il caso delle deportazioni illegali di profughi bosniaci, condotte dalla polizia montenegrina su ordine dell’allora ministro dell’interno. Le famiglie chiedono la verità sugli scomparsi e vogliono essere risarcite. Sembra che il Montenegro stia per ammettere le sue responsabilità nella guerra degli anni ’90

26/01/2005, Jadranka Gilić - Podgorica

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Pianto dei rifugiati - Mauricio Palacio

A distanza di quasi 13 anni in Montenegro si apre il caso delle deportazioni illegali di profughi della Bosnia Erzegovina (BiH). Nella primavera del 1992 la polizia montenegrina arrestò e deportò più di 100 profughi bosniaci, poi consegnati alle forze di Karadzic, l’ex presidente della Republika Srpska e uno dei principali ricercati dal Tribunale Internazionale de L’Aja per i crimini di guerra commessi in Bosnia. Il motivo di tali deportazioni era lo scambio con gli ostaggi serbi in BiH.

Fino ad ora sono state consegnate 7 denunce contro il Ministero dell’Interno del Montenegro (MUP) per gli arresti e le deportazioni illegali, in cui le vittime sono scomparse, con una richiesta di risarcimento del valore di 8.882.200 euro, inoltrata da parte delle famiglie degli scomparsi. L’avvocato di queste 7 famiglie, Dragan Prelevic, rappresenta anche decine di altre famiglie i cui cari sono scomparsi nell’azione del MUP montenegrino. Prelevic spiega, per il settimanale montenegrino "Monitor" – il quale dedica molto spazio a questa questione – che quel modo di privare le persone della libertà non è previsto dalla legge ed è anche un crimine prescritto dalla legislazione locale ed internazionale.

I primi ad alzare la voce, a proposito delle deportazioni illegali, sono stati i deputati del SDP (Partito socialdemocratico, all’epoca all’opposizione) nel marzo del 1993. I deputati chiesero al Ministro della Polizia di fornire informazioni sul numero e sui nomi delle persone deportate. L’allora ministro, Nikola Pejakovic, rispose e consegnò la lista contenente 87 nomi di persone deportate.

Al caso delle deportazioni illegali lavorò, anche, la Commissione del Parlamento montenegrino, formatasi il 5 giugno del 1992. Secondo quanto riporta il settimanale "Monitor" uno dei membri della Commissione, Asim Dizdarevic, all’epoca vicepresidente del Parlamento, ha dichiarato per Monitor che "La Commissione fece visita e contattò il MUP del Montenegro, il quale consegnò i rapporti richiesti. Mi ricordo che ricevemmo i rapporti del MUP in cui si diceva che più di 110 persone erano state deportate dal territorio del Montenegro, delle quali, mi sembra, che 76 fossero Musulmani. La nostra polizia seguì l’accordo allora in vigore della ex Jugoslavia, secondo il quale il MUP della repubblica doveva deportare automaticamente le persone richieste dal MUP dell’altra repubblica." Per quanto riguarda la collaborazione del Governo, Dizdarevic dice che sia l’allora Presidente del Montenegro, Momir Bulatovic, sia il Premier del Governo, Milo Djukanovic, appena seppero delle deportazioni diedero l’ordine al MUP di interrompere l’azione e aiutarono la Commissione ad ottenere tutti i documenti inerenti al caso in questione.

Momir Bulatovic aveva pure affermato ufficialmente, nella conferenza stampa del luglio 1994, che si trattava di un crimine, annunciando le indagini sul caso, le quali, purtroppo, ancora non sono state avviate. Di conseguenza, le famiglie delle vittime hanno deciso di avviare un procedimento legale contro il MUP montenegrino.

L’avvocato Prelevic ha emesso la denuncia contro il MUP del Montenegro ed ha anche chiesto al Parlamento la consegna dei documenti sul caso, cioè il rapporto della Commissione del Parlamento, le domande dei deputati dell’SDP e le risposte ottenute dal Ministro della Polizia.

Secondo quanto riporta il settimanale "Monitor", la prima risposta ufficiale, avuta dal rappresentante della segretaria del Parlamento, Milan Radovic, è stata scioccante: "Il Parlamento del Montenegro non è in grado di consegnarvi i documenti richiesti, cioè le domande ufficiali dei deputati e le risposte ufficiali, perché i documenti sono del 1993, dunque di 11 anni fa, e l’archivio non c’è più, perché secondo la Legge sui documenti d’archivio, tali documenti non si conservano per più di 3 anni." Per quanto riguarda il rapporto della Commissione parlamentare, Radovic dichiara che la Commissione non ha mai lavorato sul caso, perché non è mai esistita!

Dopo essere stato smentito da uno dei membri della Commissione parlamentare, Asim Dizdarevic, sull’ esistenza o meno della Commissione, e dopo l’intervento dell’avvocato Prelevic, che ha chiesto il numero dell’articolo di Legge secondo il quale si distruggono i documenti dell’archivio dopo 3 anni senza neanche emettere un verbale, Radovic ha dichiarato finalmente, a 65 giorni dalla richiesta, di aver consegnato i documenti richiesti all’avvocato Prelevic, al Procuratore della Repubblica, Vesna Medenica ed al Presidente del Parlamento, Ranko Krivokapic.

Ma, a quanto pare i documenti consegnati non hanno molta importanza. L’avvocato Prelevic spiega perché è rimasto insoddisfatto dei documenti consegnati: "Purtroppo, abbiamo ricevuto dei documenti irrilevanti, che o non hanno nessun legame col caso o non contengono dei dati rilevanti che ci possano aiutare a scoprire la verità sul destino degli scomparsi. L’unico documento autentico con i nomi delle vittime e con gli altri dati rilevanti – la risposta ufficiale del MUP alle domande dei deputati – è stato distrutto nel 2004, con la scusa che era di scarsa importanza. Per fortuna, "Monitor" aveva pubblicato quel documento già nel 1993. Sul lavoro della commissione parlamentare del 1992 non abbiamo ancora ottenuto nessun documento."

Allora, perché si nasconde al pubblico il rapporto della Commissione parlamentare?
Il giornalista di "Monitor", Seki Radoncic, nell’edizione del 20 gennaio, scrive che così si nasconde il numero delle vittime scomparse durante l’azione della polizia montenegrina. Bisogna soltanto vedere i fatti: da una parte, nella risposta ufficiale del Ministro della Polizia, Pejakovic, si parla di 83 vittime, mentre dall’altra parte abbiamo 110 vittime che compaiono nel rapporto della Commissione parlamentare di Dizdarevic. La differenza fa 27 persone. "Monitor" ha pubblicato altri 6 nomi delle persone scomparse durante l’azione del MUP, i cui nomi non compaiono nella lista del Ministro della Polizia, Pejakovic. I loro nomi, assieme agli altri 21 nomi dei profughi della BiH, si trovano probabilmente nel rapporto mancante della Commissione parlamentare.

L’ex presidente del Montenegro, Momir Bulatovic, ha dichiarato, una settimana fa, per la televisione Hajat di Sarajevo che "Gli arresti di 60 Musulmani nel 1992 e la loro deportazione nella Republika Srpska, dove sono stati uccisi, fu un tragico []e della polizia montenegrina". Bulatovic ha accusato la polizia locale di aver condotto l’azione senza che di ciò ne fosse a conoscenza il MUP e i vertici statali. "L’operazione è durata 1 giorno ed è stata interrota appena ne siamo giunti al corrente." Questa dichiarazione ha provocato forti reazioni da parte dei poliziotti coinvolti nell’azione, i quali sostengono di aver soltanto eseguito l’ordine dell’allora Ministro della Polizia, Pavle Bulatovic.

Ad ogni modo, sembra che il Montenegro stia per ammettere la colpevolezza per i crimini di guerra. Secondo Natasa Kandic, la direttrice del Fondo per il diritto umanitario, non si tratta di incidenti provocati dalle stazioni della polizia locale, ma di un’azione della polizia di cui il Governo doveva essere al corrente. Di conseguenza, lo Stato deve fare i conti con le richieste delle famiglie delle vittime, che chiedono risarcimenti di milioni di euro, anche se niente ormai potrà compensare la vita dei loro cari.

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