Montenegro, più potere alle minoranze

Dopo le parlamentari della scorsa settimana il futuro politico del Montenegro dipende dai partiti delle minoranze. Probabile, ma non certa, la collaborazione con la maggioranza uscente, guidata dal DPS di Đukanović. Il nostro inviato ha intervistato Genci Nimanbegu, eletto nelle fila del partito albanese "Forca"

22/10/2012, Francesco Martino - Ulcinj

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Genci Nimanbegu, cartelli elettorali - fmartino/obc

Qual è il suo giudizio generale sui risultati di queste elezioni politiche? Che tipo di messaggio gli elettori hanno inviato all’élite politica del Montenegro?

Il primo segnale forte, tenendo presente gli sviluppi degli ultimi due decenni, è che c’è bisogno di cambiamento. I progressi del Montenegro, nel processo di avvicinamento e integrazione all’Unione europea ed alla Nato, non sono stati sufficienti a nascondere i problemi del paese, innanzitutto nella sfera economica, nel caso delle privatizzazioni o della mancata politica di riequilibrio del divario tra le diverse aree geografiche, ma anche per quanto riguarda i diritti delle minoranze.

Come spesso accade, tutti o quasi sostengono di aver vinto le elezioni. Dal suo punto di vista, chi sono i vincitori e i perdenti di queste consultazioni politiche?

Credo che i principali perdenti siamo noi, la comunità albanese di Montenegro. Nelle elezioni del 2009, tenute col vecchio sistema elettorale, avevamo quattro seggi in parlamento. Ora, dopo la riforma approvata nel 2011, ne abbiamo appena due. Tra i vincitori metterei sicuramente il partito dei bosgnacchi, ma anche la novità di Pozitivna Crna Gora (Montenegro positivo). Riguardo alle altre formazioni politiche, direi che hanno ottenuto più o meno quanto era lecito aspettarsi. Per definire vincitori e perdenti, però, bisogna prima aspettare la formazione definitiva della prossima coalizione di governo.

Quando sarà pronta la nuova coalizione di governo?

Difficile fare un pronostico adesso. Credo però che entro la settimana prossima dovrebbe esserci maggiore chiarezza.

C’è ora molta attesa sulle decisioni dei partiti di minoranza che, coi risultati attuali, sono indispensabili per la nuova maggioranza. Cosa farete?

I partiti di minoranza hanno già collaborato in passato con i partiti che fino ad oggi sono stati al governo, il Partito democratico dei socialisti (DPS) di Milo Đukanović è quello socialdemocratico (SDP) di Ranko Krivokapić. Considerata anche l’eterogeneità delle forze di opposizione su questioni fondamentali, come la Nato, credo sia scontato che il confronto inizierà con le forze dell’esecutivo uscente. Se non si dovesse giungere ad un accordo, allora saranno prese in considerazione anche altre opzioni.

Pozitivna Crna Gora ha proposta ai partiti delle minoranze di creare un governo di transizione, che in 18 mesi dovrebbe portare alle prime “elezioni davvero corrette” in Montenegro… Cosa ne pensa?

Su alcune proposte di Pozitivna Crna Gora, come la de-politicizzazione di numerose istituzioni, siamo in sintonia. Resta il fatto che, anche con il supporto delle minoranze, questa opzione avrebbe appena 12 deputati in parlamento su 81. Una strada difficilmente sostenibile dal punto di vista politico.

I partiti di minoranza hanno deciso di presentarsi con una piattaforma comune ai negoziati. Un buon segno?

Siamo ancora in fase di definizione della piattaforma, che spero prenderà forma in questi giorni. Per il Montenegro si tratta di un’iniziativa politica inedita, senza precedenti. Aspettiamo di vedere come evolve la situazione. Io voglio essere ottimista sul risultato finale.

Quali sono le principali richieste su cui i partiti di opposizione insisteranno per partecipare alla coalizione di governo?

Innanzitutto vogliamo essere considerati partner reali, e non solo una decorazione ad uso dei rapporti con la comunità internazionale. In passato molte promesse fatte alle minoranze sono state disattese, quasi sempre portando a giustificazione i delicati equilibri internazionali nei Balcani, soprattutto nel rapporto con la Serbia. Sul tavolo c’è la questione della decentralizzazione, a più livelli: decentralizzazione fiscale, sviluppo e investimenti nelle regioni meno sviluppate, possibile creazione di nuove municipalità. Per quanto riguarda il mio partito, chiediamo anche pieno rispetto e protezione dei nostri simboli nazionali, della nostra storia, della nostra cultura.

I partiti che rappresentano la comunità bosgnacca si sono presentati uniti. Perché la comunità albanese ha invece una rappresentanza politica molto variegata?

La ragione principale deriva dalle conseguenze della vecchia legge elettorale del 1997, che permetteva ai partiti albanesi di ottenere un seggio con solo tremila preferenze. Questo sistema ha incoraggiato la formazione di molti gruppi politici diversi. Oggi però queste divisioni si stanno rivelando un serio problema, e al momento la comunità albanese, che rappresenta circa il 5% della popolazione montenegrina, si trova ad essere sotto-rappresentata al parlamento di Podgorica. Credo che l’esempio della comunità bosgnacca dovrebbe essere seguito anche da noi albanesi.

Quali sono oggi i principali problemi della comunità albanese del Montenegro?

Assistiamo ad un forte spopolamento delle aree a maggioranza albanese, e purtroppo a partire sono soprattutto i giovani. Le municipalità albanesi, soprattutto quelle rurali, restano povere e meno sviluppate del resto del paese. Rimangono poi aperte la questione della restituzione delle terre confiscate ai privati dallo stato al tempo della Jugoslavia, e quella della mancata creazione di una nuova municipalità a maggioranza albanese nell’area di Malesija e Tuzi, nei pressi di Podgorica. Rispetto alle altre minoranze, noi albanesi soffriamo poi di una posizione di particolare debolezza a causa della lingua, che non condividiamo con la maggioranza montenegrina. Abbiamo bisogno di più mezzi di comunicazione, oggi scarsi, e di più opportunità di istruzione nella nostra lingua.

Come ritiene l’attuale livello dei rapporti con Albania e Kosovo?

I rappresentati di questi paesi, così come del Montenegro, sostengono che vada tutto bene. Credo però che si possa fare molto di più nei rapporti bilaterali, innanzitutto per quanto riguarda la realizzazione e il miglioramento di infrastrutture stradali e di collegamento. Vorrei poi che Montenegro e Kosovo possano finalmente scambiarsi ambasciatori. Oggi, col raffreddarsi delle tensioni politiche regionali, credo sia una prospettiva sempre più realistica.

In parlamento lei si è occupato del percorso di integrazione europea del Montenegro. E’ ottimista rispetto al percorso del paese per diventare membro a tutti gli effetti dell’Unione Europea?

Uno dei punti di forza del Montenegro, dal mio punto di vista, sta proprio nel consenso di tutte le forze politiche rispetto alla futura membership europea. D’altro canto, anche a causa delle dimensioni ridotte del paese e della sua popolazione, soffriamo per la mancanza di competenze e la carenza di risorse umane. Sono convinto però che il fatto che il Montenegro abbia recentemente aperto ufficialmente i negoziati sia un ottimo segnale, non solo per noi, ma per tutta la regione balcanica.

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