Montenegro: la chiusura del kombinat

Ora è davvero finita: il complesso industriale più grande del Montenegro, la KAP, chiude. Ed evita così di trascinare con sé nel baratro l’intera economia montenegrina. La storia di una cattiva privatizzazione

02/07/2013, Mustafa Canka -

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Ingresso della KAP, Podgorica

Il governo del Montenegro ha da poco avviato la procedura di fallimento per l’"Impianto di Alluminio di Podgorica" (KAP), il kombinat ex gigante dell’economia montenegrina. La più grossa fabbrica del Montenegro amministrata negli ultimi anni congiuntamente dal governo e dalla società del magnate russo Oleg Deripaska, ha trascinato sull’orlo della bancarotta l’intera economia di questo piccolo paese dei Balcani.

Ma ora la festa è finita: il paese ha fatto una delle sue peggiori figuracce a livello internazionale e il governo del primo ministro Milo Đukanović è costretto a dichiarare il fallimento della KAP. Di cosa di tratta? L’azienda si sta rifornendo abusivamente di corrente elettrica dalla rete energetica europea fin dal primo febbraio scorso. Quando i debiti sono diventati milionari, Bruxelles ha comunicato al Montenegro che questo verrà escluso dal circuito energetico se non restituirà l’energia consumata.

A rischio l’economia montenegrina

Il furto di energia è solo l’ultimo di una serie di problemi accumulatisi negli anni e riguardanti questo impianto, i cui debiti mettono a rischio l’economia del paese.

Nel 2005 il magnate russo Deripaska era stato presentato come un salvatore, ma dal suo arrivo alla KAP ha amministrato l’impianto secondo un principio molto semplice: investire il meno possibile e guadagnare il più possibile. Nel portare avanti questa politica ha goduto dell’appoggio magnanimo del governo, che gli ha fatto da garante per il credito, e adesso i cittadini del Montenegro devono restituire ben 170 milioni di euro, calcolando anche gli interessi, dal momento che i russi certo non lo faranno.

Solo i debiti per l’elettricità ammontano a circa 70 milioni, e la direzione della società energetica del Montenegro, la Elektroprivreda Crne Gore, controllata dalla italiana A2A, ha rifiutato di continuare a fornire energia alla KAP.

Si chiude, non si chiude

Secondo il governo, la procedura fallimentare non comporta necessariamente anche la chiusura della fabbrica. L’analista Jadranka Rabrenović non concorda: “L’impianto non è mai stato così vicino alla chiusura. Con la bancarotta ci si ripulisce dai debiti, che si stimano attorno ai 350 milioni di euro, cioè l’equivalente del 10% del prodotto nazionale lordo del Montenegro. La KAP sopravviverà solo se si troverà il denaro necessario a farne andare avanti la gestione, denaro che al momento non c’è”.

I lavoratori della KAP annunciano intanto resistenza ad oltranza. “Se la fabbrica verrà chiusa, i dipendenti scenderanno in piazza e allora la coalizione di governo avrà più di un problema”, afferma la sindacalista Rada Krivokapić, che poi aggiunge: “Non ce ne andremo da soli, se ne andranno assieme a noi anche coloro che hanno preso determinate decisioni riguardanti il Kombinat dell’alluminio”.

La KAP un tempo dava lavoro ad oltre cinquemila persone, oggi la cifra è quattro volte inferiore.

Privatizzazione dubbia

Il controverso accordo di privatizzazione con Deripaska per la vendita della KAP è stato negoziato direttamente dal primo ministro Milo Đukanović. Cosa che gli ha procurato grossi problemi nei rapporti con il suo principale partner al governo, il leader del partito socialdemocratico Rako Krivokapić, il quale ha affermato in più occasioni che la questione della KAP è frutto “o di ignoranza o di corruzione”.

L’opposizione è più dura e ritiene che Đukanović debba pagare un prezzo politico molto alto per i danni che ha causato a tutto il paese. “Si è infilato in un gioco d’azzardo con le grandi potenze, promettendo a Washington e a Bruxelles che avrebbe portato il Montenegro nella NATO mentre, allo stesso tempo, diceva a Mosca che in realtà non voleva la NATO. Tutto ciò costerà molto caro a lui e al suo partito, ma purtroppo anche al Montenegro come paese. Credo che questa volta Đukanović abbia oltrepassato il limite. Nella situazione in cui ci troviamo ora non riceveremo l’invito per entrare nella NATO al summit 2014, e il summit successivo si terrà nel 2016. D’altro canto, è evidente che il comportamento della direzione della KAP è di fatto un messaggio forte alla Russia. Io affermo ormai da tempo che Deripaska è in realtà un rappresentante della politica nazionale russa ed è evidente che Đukanović ha compiuto molti []i gravi: ha tentato di ingannare l’establishment russo”, ha affermato uno dei principali esponenti dello schieramento democratico, Nebojša Medojević.

I comproprietari russi della KAP affermano che il Montenegro deve loro ancora 92 milioni di euro, sebbene il governo del Montenegro, solo negli ultimi 3 anni, abbia finanziato quell’impianto per 300 milioni di euro. Solo per fare un esempio l’aumento dell’IVA dal 17% al 19% è conseguenza diretta della cattiva gestione della KAP.

Fuori controllo

L’esponente del partito Pozitivna Crna Gora (Montenegro positivo) Goran Djurović crede che Đukanović e il partito social-democratico abbiano già iniziato a pagare il prezzo della proprie politiche. “Semplicemente, si percepisce come Đukanović, con il suo modo di gestire le cose, sta perdendo il controllo sia del paese che del partito. E’ evidente che la forza e il potere del DPS, un tempo molto saldo, vadano sgretolandosi sia a livello locale che a livello statale”.

L’Unione europea non è contenta della situazione in cui si trova il Montenegro, e lo confermano le parole dell’europarlamentare sloveno Jelko Kacin, il quale è stato in passato molto bendisposto nei confronti dei leader di Podgorica. Kacin li ha invitati a lavorare seriamente alla creazione di uno stato di diritto e ha aggiunto che è possibile che la Serbia superi il Montenegro nella corsa all’adesione all’UE.

 

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Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell’Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l’Europa all’Europa

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