Montenegro, come non proteggere i whistleblower

Ottenere lo status di whistleblower in Montenegro è molto difficile e non garantisce effettiva protezione contro mobbing e licenziamento

19/12/2017, Tina Popović, Mila Radulović - Podgorica

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(Originariamente pubblicato dal quotidiano Vijesti , nostro media partner nel progetto ECPMF)

Dopo che per anni si è evitato di adottare una legge apposita sulla protezione delle persone che denunciano la corruzione e dopo le numerose giustificazioni sollevate secondo le quali la Legge sugli impiegati pubblici sarebbe stata sufficiente, il Montenegro tre anni fa ha adottato una legge in materia e lì è rimasto.

Dal dicembre 2014, quando il Parlamento ha approvato la Legge sulla lotta alla corruzione, la situazione nel paese per quanto riguarda la protezione dei whistleblower non è cambiata per niente. Gli impiegati che denunciano le malversazioni sono pubblicamente vessati, umiliati e non ricevono alcuna protezione da parte dell’Agenzia per la lotta alla corruzione (ASK) il cui scopo sarebbe proprio quello di proteggerli.

Le illusioni e le aspettative che l’Agenzia, guidata da Sreten Radonjić, potesse difendere qualcuno pronto ad affrontare la corruzione sono svanite dopo che quest’ultima ha deciso l’anno scorso di non assegnare lo status di whistleblower all’impiegata dell’albergo di Podgorica “Ramada”, Patricija Pobrić, la quale ha scoperto una sottrazione di fondi statali usati per gli scopi del Partito socialdemocratico. Una questione che è sempre di grande interesse per il pubblico, l’ASK però non l’ha ritenuta così importante.

La Pobrić, allora impiegata del “Ramada”, ha consegnato le prove al deputato dell’opposizione Mladen Bojanić. Le prove indicano che il Partito socialdemocratico (SDP), allora al governo, pagava le riunioni del partito all’albergo dove lei lavorava con denaro preso dalla cassa della Direzione per la Ferrovia il cui il direttore è un funzionario dei socialdemocratici.

La validità di queste prove è stata confermata di recente anche dall’Alta Corte con una sentenza di primo grado nei confronti del direttore delle Ferrovie Nebojša Obradović secondo la quale “sfruttando illegalmente la propria funzione ha aiutato il Partito Socialdemocratico e ha danneggiato il budget statale e la Direzione delle Ferrovie”.

Quando Bojanić ha reso pubblici i dati è stato subito accusato di voler minacciare politicamente l’SDP. Dopo che con il suo aiuto l’allora poco conosciuta Pobrić ha chiesto all’Agenzia lo status di whistleblower, è stata licenziata con la motivazione che il contratto di lavoro era giunto al termine.

La legge contro la corruzione prescrive che il whistleblower “ha il diritto di essere protetto nel caso in cui possa essere danneggiato, cioè se esiste la possibilità di danno nei suoi confronti nel momento della denuncia, e in modo particolare se gli è scaduto il rapporto di lavoro oppure gli è stato cambiato o tolto il posto di lavoro oppure è cambiata la mansione o le condizioni di lavoro dove lavorava, se è stata interrotta la sua collaborazione lavorativa ponendo fine ad una prestazione d’opera oppure ad un contratto di collaborazione”.

Nelle motivazioni che spiegano perchè la richiesta di protezione della Pobrić è stata rifiutata, si precisa che “la legge determina in modo dettagliato che le condizioni per la tutela dei whistleblower si riferiscono esclusivamente a chi sporge denuncia per danneggiamento degli interessi pubblici provando l’esistenza della corruzione, ma il caso specifico non rientra in questa fattispecie”.

Nel rapporto della ong "Rete per l’affermazione dello settore non governativo" (MANS), che segue l’operato dell’ASK, si legge che nei primi mesi del 2016 l’Agenzia ha ricevuto 46 denunce da parte di whistleblower e sette richieste di protezione.

“Questa istituzione ha ricevuto 21 denunce anonime, dalle quali non si può stabilire se si tratta di whistleblower o meno. L’Agenzia ha consegnato otto di queste denunce alla procura per avviare un procedimento. In tutto due whistleblower hanno ottenuto parere positivo dall’Agenzia, vale a dire la protezione. L’Agenzia ha interpretato in modo molto restrittivo le sue competenze riguardanti la protezione dei whistleblower e non ha offerto un adeguato aiuto legale a possibili whistleblower affinché sporgessero denuncia e ricevessero adeguata protezione”, sottolinea il documento di MANS.

La Pobrić, madre di due bambini, che dopo questa esperienza è rimasta senza lavoro, rammenta di aver solo rispettato la procedura prescritta dalla legge.

Nonostante tutto quello che ha passato, la Pobrić ha detto che “non le dispiace per quello che ha fatto, perché era la cosa giusta da fare”. “In caso contrario comunque non sarei riuscita a continuare la lotta contro questo sistema e contro la corruzione, se non fossi pronta a denunciare tutte le irregolarità di cui vengo a conoscenza”, ha detto la Pobrić.

Alla fine di agosto del 2016 lo status di whistleblower è stato riconosciuto a Dragomir Minić, operaio dei trasporti ferroviari, e un mese prima al suo collega Milisav Dragojević. MANS dice che uno di loro ha sporto denuncia per mobbing sul posto di lavoro, nel periodo in cui era sotto protezione. Di recente Minić ha scioperato davanti alla sede dell’amministrazione perché insoddisfatto dello status che possiede.

L’Agenzia ha invece rifiutato lo status di whistleblower all’allora capo-ispettrice veterinaria Mirjana Drašković, che da anni segnalava problemi sulla qualità della carne, in modo particolare quella importata.

Alla fine dell’anno scorso l’Agenzia ha rifiutato la richiesta della Drašković di ottenere una protezione adeguata, perché nel frattempo le era "Già stata negata la promozione a causa delle sue precedenti attività di whistleblowing”.

Questo articolo è parte di un dossier tematico realizzato dalla rete dei mediapartner di OBCT: 14 testate giornalistiche con sede in altrettanti paesi. Il dossier completo è disponibile qui.

Infatti, l’ispettrice, grazie alla quale l’opinione pubblica è stata messa a conoscenza del problema del pollame importato dal Brasile, aveva già consegnato i dati all’ASK sulle irregolarità del 2016 durante l’epidemia della “pelle nodosa” e della “lingua blu”, episodi dei quali era stata testimone negli ultimi anni nell’Amministrazione per la sicurezza alimentare.

L’ASK, sul caso Drašković, ha reso noto che “in questo caso non è confermata la fondatezza della richiesta di protezione del whistleblower”.

“Sono stata degradata senza alcuna base legale, sono stata vessata e ho subito mobbing proprio dopo il parere dell’Agenzia. Probabilmente si è trattato di una mano a favore di coloro che fanno discriminazione e mobbing. Dirò soltanto che dal 1 giugno 2017 ho ricevuto tre incarichi lavorativi. Uno per controllare il modo in cui vengono tenuti due maiali nei dintorni di Podgorica, a causa dell’odore sgradevole, e non è certo di nostra competenza. Il secondo è stato per il controllo del pollame nella vendita al dettaglio, nonostante il ministro dell’Agricoltura mi abbia affidato il lavoro da ispettore veterinario e non per quello di ispettore alimentare. Il terzo incarico mi è quasi costato la vita. Mi è stato chiesto di controllare la vendita di marmellate, succhi, miele sul tratto di strada Mojkovac – B. Polje, un’attività che di nuovo non è di nostra competenza ma spetta al comune. Mentre ero sul posto sono stata coinvolta in un incidente stradale che mi ha danneggiato la salute”, ha denunciato la veterinaria.

Il Consiglio regionale per la cooperazione quest’estate ha pubblicato alcune ricerche secondo le quali il Montenegro ha dei risultati pessimi nella protezione dei whistleblower.

Le ricerche sottolineano che “i whistleblower hanno bisogno di una protezione migliore, perché rischiano di essere oggetto di ritorsione, in molti hanno perso il lavoro oppure sono stati maltrattati in altri modi.

Il 24 ottobre scorso il Parlamento europeo ha lanciato “un forte segnale alla Commissione europea, chiedendo una legge per la protezione dei whistleblower in tutti i 27 paesi membri dell’UE”. Alla Commissione europea si chiede di scrivere velocemente la proposta di legge per la protezione dei whistleblower e di determinare una definizione inclusiva di questo termine per permettere ai whistleblower di esporre in modo sicuro le informazioni sull’evasione fiscale, sulla corruzione, messa a rischio della pubblica salute e dell’ambiente.

Dopo lo scandalo dei Panama Papers, il presidente della Commissione europea Jean Claud Junker ha promesso che avrebbe promosso la protezione dei whistleblower in tutta l’UE.

Vanja Čalović, direttrice di MANS e membro del Consiglio ASK, ribadisce che pur in presenza di un quadro legale soddisfacente ci sono comunque molti spazi di miglioramento. “Anche le leggi migliori sono inutili se non c’è la volontà politica per applicarle. L’agenzia per la lotta ai conflitti d’interesse, che dovrebbe proteggere i whistleblower, ha distorto tutto. L’Agenzia fa di tutto per rifiutare le richieste, in modo particolare quando i whistleblower svelano episodi di corruzione in politica o vogliono proteggere l’interesse pubblico”, dice la Čalović.

La ong montenegrina "Centro per lo sviluppo delle organizzazioni non governative" (CRNVO) è coinvolta insieme ad ASK in alcuni progetti comuni in questo settore, in particolare sul versante delle attività educative. La direttrice del CRNVO Ana Novaković, che ha aiutato Dragojević e Minić, crede che la Legge sulla lotta alla corruzione non sia una buona soluzione. “Le competenze dell’Agenzia si limitano al fornire un’opinione, anche quando viene affermato che il whistleblower ha avuto ragione. Ciò significa che coloro che violano le leggi e recano danno a questo paese rimangono impuniti”, dice lei.

Chi sono i whistleblower?

Chi sono i whistleblower? Perché un lavoratore può decidere di diventarlo? E se agisce nell’interesse pubblico chi lo protegge? Per un quadro esaustivo sul dibattito europeo in corso leggi il nostro dossier e naviga il nostro Resource Centre sulla libertà dei media.

Questa pubblicazione è stata prodotta nell’ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto

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